domenica 22 gennaio 2017

MERCATI FINANZIARI: OSSERVATORIO DEL 20/01/2017


E ORA TOCCA A TRUMP

Barack Obama ha passato il testimone a Donald Trump e, non appena insediatosi, quest’ultimo ha fatto sentire la propria voce. “Compra e assumi americano” e “America First” sono i suoi slogan e, dopo l’euforia
scatenatasi sull’onda delle promesse, toccherà ai fatti confermare se la crescita dei mercati degli ultimi due mesi era giustificata oppure no.

Limitiamoci inizialmente a fare il punto della situazione relativamente all’andamento dei mercati: come si può ben vedere, in questo scorcio di inizio anno la crescita delle borse è sostanzialmente un fatto acquisito. Fatta eccezione per Mosca e Parigi, leggermente negative, tutti gli indici sotto osservazione sono in area positiva. Brasile, Hong Kong e il Nasdaq guidano la classifica dei migliori con performance rispettivamente del 7,13%, 4,02% e 3,20%. I rimanenti mercati, alla terza settimana di contrattazioni, si stabilizzano in un range  racchiuso fra il modesto +0,12% di Tokyo e l’1,53% dell’India.

Se spostiamo però il nostro osservatorio alla settimana appena trascorsa ci accorgiamo immediatamente che nell’aria c’è qualche tenue turbolenza. Solamente due borse chiudono con segno positivo, il solito Brasile in crescita del 1,37% e la borsa di Shangai  con un modesto incremento (+0,33%). Perfettamente in parità la Germania e tutti gli altri mercati in arretramento con le cui massime punte di negatività fanno capo alle borse della Svizzera (-2,09%) e della Gran Bretagna (-1,90%) alla quale le enunciazioni della Sig.ra Theresa May su Brexit  non hanno certo giovato. E’ evidente che – se non si può ovviamente parlare di mutamento di clima – si può almeno pensare ad una pausa di riflessione dato il condizionamento della predetta presa di posizione britannica (hard exit) e l’avvio dell’”era trumpiana”.

Passiamo ora ai tassi dei titoli governativi, in crescita da inizio anno senza eccezione alcuna, con una crescita piuttosto elevata per quanto riguarda Germania e Francia. Il rendimento del bund decennale tedesco, da inizio anno passa da 0,21 a 0,42%, il che significa un raddoppio dei rendimenti in meno di un mese, evento da tenere in assoluta considerazione e sotto monitoraggio. Per la Francia il corrispondente titolo di riferimento è cresciuto di un terzo dal primo gennaio, dunque un altro campanello d’allarme per questi titoli del debito pubblico dell’area euro.


Passando infine al mercato valutario, nell’ultimo mese è proseguito il rafforzamento dell’Euro sul Dollaro Usa, sulla Sterlina inglese e lo Yuan cinese. Resta in parità, a un mese, il rapporto di cambio sullo Yen giapponese. Ferma restando l’importanza della diversificazione valutaria del portafoglio, in questa fase i cambi limano le precedenti performance e aumentano – in misura marginale – anche le difficoltà per l’export verso queste aree.






IL  “PIANO TRUMP” SARA’ VERAMENTE EFFICACE?

Il cavallo di battaglia di Donald Trump si può sintetizzare nel motto “fare grande l’America” il che equivale a un giro di vite alla libera circolazione di merci e persone; i maggiori bersagli di queste restrizioni dovrebbero essere paesi come la Cina e l’intera comunità europea. Nuovi partner sono invece individuati nella Russia dell’amico Putin e nella Gran Bretagna, la vecchia madre-patria che ha trovato la forza di opporsi alle regole comunitarie affrontando un salto nel vuoto a cui Trump – a parole – ha offerto una rete di protezione.

Ciò che si aspettano però gli elettori nordamericani sono tagli di tasse e nuovi posti di lavoro, magari anche ben remunerati, che Trump ha individuato nelle attività produttive tradizionali ossia quelle che sino ad ora hanno delocalizzato per una questione di costi e nelle quali è presupponibile un massiccio processo di robotizzazione nei prossimi anni. Orbene i robot non percepiscono stipendi, dunque non spendono e, d’altro canto, non possono spendere stipendi che non guadagnano operai e impiegati sostituiti proprio dai robot. Per i non addetti ai lavori va rimarcato che Trump punta alla creazione di 25 milioni di nuovi posti di lavoro. Come ciò possa accadere per me resta un mistero.

Ora, ammesso e non concesso che questi buoni propositi possano essere realizzati, ne consegue che sul debito pubblico statunitense si eserciterebbe una certa pressione e la supposta crescita a sua volta innescherebbe un processo inflativo. Orbene, maggiore crescita provoca maggiore inflazione e maggiore inflazione maggior costo per un debito pubblico non certo in diminuzione ma in aumento. Ne consegue ancora che il dollaro si apprezzerebbe diventando un ostacolo per le esportazioni verso un mercato divenuto più ristretto ed ostile per la stessa volontà di Trump.
Qualcosa non quadra in questo piano e, passato l’entusiasmo iniziale, gli operatori d’ora in avanti saranno costretti, loro malgrado, a monitorare accuratamente il successo dell’ambizioso programma della presidenza USA spingendo o rilasciando il piede dell’acceleratore della macchina degli investimenti finanziari. Per ora qualche timido segnale di riflessione sembra essere giunto visto che, dopo aver raggiunto  i massimi storici, il flusso di denaro in entrata sugli indici americani si è interrotto e nelle ultime sedute i disinvestimenti sono stati pari a 2,5 miliardi di dollari (Fonte IlSole-24Ore del 21/1/2017).

Il dilemma, dal vago sapore amletico, che ronza nella testa degli operatori è per l’appunto il seguente: “incremento o riduco le posizioni azionarie”? Nella consapevolezza che un atteggiamento prudenziale potrebbe essere causa di mancati forti guadagni ma anche che un insuccesso delle predette politiche economiche potrebbe portare a pesanti perdite da registrare (nel caso di un atteggiamento aggressivo) gli operatori sono mediamente perplessi sul da farsi.

Purtroppo non è il copione di una tragedia, coinvolgente sotto il profilo emotivo ma nulla più; qui si tratta di incrementare o depauperare patrimoni faticosamente costruiti e lo scenario che abbiamo di fronte è fra i più incomprensibili e intricati da affrontare degli ultimi decenni.

Nessun commento:

Posta un commento