Alla
luce delle categorie definite nella lezione precedente, gli italiani come
risparmiatori possono venir visti come clienti di se stessi (fai da te) e
consumatori di quello che
c'è prevalentemente in casa loro (tutti i risparmi in
euro, immobili e reddito fisso).
Proviamo a fare un
confronto con gli americani.
Gli statunitensi mettono i
loro risparmi in diverse società che gestiscono il risparmio tramite fondi, ma
soprattutto in due grandi compagnie: Vanguard, che da sempre si dedica alle
economiche gestioni passive, e Fidelity, che propone il mitico Magellan Fund.
Come è noto, nel 2010, Vanguard ha superato in dimensioni le masse di Fidelity,
che fa da sempre gestioni attive. Questo non deve stupirci oggi perché possiamo
constatare che il trend è continuato dal 2012 fino alla fine del 2016.
Miliardi di dollari di flussi di risparmi che vengono
allocati nelle gestioni attive vs. le gestioni passive. Come si vede dalla
figura negli ultimi tre anni i flussi escono dalle gestioni attive per
riversarsi nelle passive.
Fonte: Bloomberg modificata.
Fonte: Bloomberg modificata.
Quello che oggi stupisce,
invece, è che, all’interno del gruppo Fidelity, il fondo gestito da William
Danoff, che per anni aveva battuto l’indice S&P500, non sia più il fondo
leader all’interno della compagine. E' stato battuto alla fine del 2016 dal
Fidelity 500 Index Fund, un fondo passivo, che ha un asset di 106 miliardi
mentre il rivale "attivo" si è fermato a 105. E’ bastato che Danoff a
fine novembre avesse prodotto solo il 2% di rendimento annuo mentre l’indice è
salito quasi del 10%. Una differenza che è divenuta considerevole, tutta in un
solo anno. Ci vorranno anni per riassorbirla, tenendo anche conto del
differenziale del costo di gestione. Che cosa ci dice tutto ciò in
relazione alle categorie della lezione precedente?
A me sembra che ai
consulenti italiani possa dire le seguenti cose:
- con la Mifid nuova, a fine 2017, i margini cominceranno a scendere, così come è capitato a Fidelity, che negli anni ha tagliato a metà le commissioni, pur non riuscendo a contrastare il passaggio di testimone nel primato sopra documentato (primato che, ovviamente, Fidelity ha subito, più che gradito);
- per contrastare il passaggio da "attivo" a "passivo" non si deve assolutamente concepire la funzione del consulente in modo riduttivo, ma riassorbendo la gestione dei risparmi in una consulenza totale al "valore" di una persona;
- se anche i clienti preferiscono i passivi, per o meno nella parte azionaria del portafoglio, questa preferenza diventa irrilevante se il consulente gestisce tutto il "valore" del cliente;
- in Italia ci sono ancora troppi risparmiatori che sono "clienti di se stessi" e consumano solo le informazioni raccolte da loro in modo informale (amici, parenti, bocca a bocca, etc.) con i noti effetti sub-ottimali;
- da un lato un ruolo rilevante delle gestioni passive dei risparmi è in Italia lontano, per i motivi che indicherò tra poco, dall’altro non consiglio ai consulenti di cullarsi sugli allori di un mercato in forte crescita e di una minaccia "passiva" lontano.
Perché il futuro delle
gestioni passive in Italia è lontano?
Oggi sembrerebbe il
contrario, almeno a guardare la stampa specializzata. Si fa un gran parlare
di robo-advisor e di gestioni passive, e cioè in pratica di gestione dei
risparmi che possono fare a meno di un consulente in carne e ossa, con mente,
animo e cuore.
Ora cercherò di spiegare
perché questo è un futuro molto lontano, almeno nel nostro paese.
Partiamo dai fatti. E’ vero che negli Stati Uniti è in corso da anni un passaggio da gestioni attive a passive, come mostra la figura.
Partiamo dai fatti. E’ vero che negli Stati Uniti è in corso da anni un passaggio da gestioni attive a passive, come mostra la figura.
Prendendo come punto di partenza e di riferimento il
decennio trascorso, le gestioni passive nel mondo hanno assunto molto più peso
nel complesso: 6 trilioni a 23 trilioni (migliaia di miliardi).
Fonte: Economist modificata.
Fonte: Economist modificata.
E tuttavia questo
incremento apparentemente forte dipende dal fatto che si partiva da valori
molto bassi, come mostra la figura. La sproporzione è ancora rilevante persino
negli USA, il paese dove le gestioni passive sono state inventate e dove si
sono per ora più affermate rispetto alle attive. Il rapporto nel mondo oggi è
circa di 24 a 6, le passive cioè sono meno di un quinto delle attive.
Via via che le gestioni
passive aumenteranno di peso relativo, si prosciugherà il bacino dei potenziali
clienti. Questo bacino è limitato per alcuni motivi precisi e, via via che le
passive cresceranno, il bacino si svuoterà fino a raggiungere un equilibrio
stabile tra attive e passive.
Ho già ricordato a suo
tempo il motivo principale di questo futuro equilibrio tra le due forme di
gestione del risparmio: "la prevalenza di gestione passiva aumenta i
rendimenti associati all’accumulazione dell’informazione e rinforza gli
operatori attivi". In altre parole sarà proprio il successo delle gestioni
passive a determinare il raggiungimento di questo equilibrio perché a un certo
punto tutto il bacino dei clienti potenziali si sarà trasformato in clienti "reali".
Come mai? Immaginate un mondo dove è prevalsa in modo massiccio la
gestione passiva. Coloro che praticano una gestione attiva spiccheranno di più
e, inevitabilmente, tra costoro vi sarà una quota di gestori che batteranno gli
indici. Questo è particolarmente vero nei momenti di svolta, di cui vi ho
parlato più volte.
Consideriamo, ad esempio,
la recente elezione di Trump e la dispersione conseguente di rendimento dei
fondi. Essa viene attribuita dai più a capacità diverse di approfittare dei
momenti di transizione.
Quando avviene qualcosa che sorprende i gestori, la
consueta correlazione tra i fondi diminuisce. Questa rilevante dispersione
induce a credere che ci siano gestori più bravi che riescono a battere
l'indice, come mostra la figura. Fonte: Bloomberg modificata.
Il secondo motivo ha a che
fare con la dotta ignoranza: è molto contro-intuitivo che un esperto che fa
gestione attiva non riesca a fare meglio delle gestioni passive corrispondenti.
Nella prossima lezione passeremo in rassegna altri motivi, tutti rilevanti in
funzione del contesto italiano.
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