mercoledì 23 luglio 2014

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 92 – La relazione con il cliente è minacciata dalle analogie sbagliate


Molti dei vostri clienti non sono più giovani, e una parte, se non tutto, del portafoglio che vi è stato affidato in gestione proviene dal lavoro di una vita. Se uno è stato capace di fare i soldi, può anche pensare di essere in grado di gestirli. Questo ragionamento è basato su un’analogia: “Dato che è stato difficile metterli da parte, e ho dovuto superare molte difficoltà … a maggior ragione sarò capace di …”. Nella vostra relazione con loro dovete superare questa difficoltà, oltre a quella della diversificazione, di cui Vi ho già parlato più volte.
Il problema è che le capacità non si trasferiscono facilmente da un campo all’altro. Dedicherò le prossime due lezioni a quest’argomento.

Ricordate i due rompi-capo di cui vi ho parlato nelle lezioni precedenti? Sono una cartina di tornasole di questa difficoltà. A molte persone – spesso quelle importanti o che si considerano tali - non piacciono i rompi-capo, come le due prove di Wason. Non li prendono sul serio, e pensano che siano giochetti da Settimana Enigmistica. Non accettano che le persone possano essere intelligenti e di successo e, al contempo, avere dei limiti (le più grandi sciocchezze discendono proprio dal non rendersene conto, ma questa è un’altra storia che ho già raccontato).
Anche le persone più intelligenti hanno dei limiti, per il semplice fatto che alcuni modi di pensare sono comuni a tutti. Gli psicologi evoluzionisti sostengono che questi modi di pensare, oggi non molto funzionali, sono il risultato di adattamenti della specie umana ad ambienti di vita differenti, decine di migliaia di anni fa. Ed è per questo motivo che sono condivisi da tutti gli appartenenti a una data specie, per esempio quella umana. Non so se gli psicologi evoluzionisti abbiano ragione, ma qui non è molto rilevante.
Il punto centrale, al contrario, è che questi limiti si possono superare, con l’allenamento, ma bisogna prima prenderne atto. Nel corso dei decenni, ho così imparato a presentare i compiti di ragionamento non come dei test di intelligenza individuali, volti a misurare le prestazioni di una persona, ma come dei giochi da fare insieme, meglio se in gruppo. Altrimenti la situazione può diventare imbarazzante.
Ricordo una volta che, insieme a Vittorio Girotto e due professori inglesi, presentammo il compito di selezione nella versione tradizionale a dei fisici, tra cui il direttore della Sissa di Trieste. Loro puntualmente sbagliarono in cinque minuti, e ne impiegarono cinquanta per spiegarci perché in realtà non avevano sbagliato. Questo non è un atteggiamento costruttivo. E’ consigliabile, invece, prendere atto dei modi di funzionare della nostra mente, e allenarla per controbattere le sue tendenze naturali, quando queste potrebbero portarci guai.
I risultati con la versione astratta, e difficile, del compito di selezione, presentata alle stesse persone che avevano risolto la versione postale, prova che noi non siamo bravi a fare il transfer. Non riusciamo cioè a trasferire la soluzione di un problema a un problema analogo, neppure se è formalmente equivalente. Dal punto di vista dei problemi quotidiani, nel tempo libero e sul lavoro, il transfer è cruciale. In due sensi: possiamo farlo quando non dovremmo. E, viceversa, non farlo quando ci condurrebbe a idee nuove.
Un primo semplice esempio di transfer con effetti positivi: ponete di dover svitare qualcosa e d’essere senza un cacciavite. Nel cassetto di cucina non c’è forse un coltello spuntato in cima? Si tratta di uno strumento con un manico, quindi con una buona presa e a punta piatta, inseribile nella testa della vite. Potete immaginare di trasferire le proprietà di un cacciavite vero e proprio su quelle di un coltello spuntato in punta. Il gioco è fatto.
Quando vi mancano gli attrezzi adatti o le sostituzioni per un guasto potete domandarvi come funziona ciò di cui avete bisogno: vi manca una cinghia elastica? Non l’avete? In un noto film, una signora, ufficiale della marina statunitense, si toglie un indumento intimo elastico, e sostituisce il pezzo mancante del motore di un sottomarino (Operazione sottoveste, regista Blake Edwards, 1959). Le analogie sono un’ottima via per risolvere problemi trasferendo le proprietà di un sistema a un altro sistema. In altri casi il transfer è più creativo.
Alcuni decenni fa, quando incominciai a lavorare in una multinazionale della cosmesi, c’era il problema di inventare prodotti nuovi per gli uomini, un mercato ancora poco saturo. Invece di creare ex-novo un prodotto per i capelli – non facile, soprattutto per gli uomini - ci ispirammo alla brillantina, un prodotto storico che, sul piano industriale, si era iniziato a produrre nella Gran Bretagna degli anni Trenta. I giovani piloti della RAF, che salvarono i cieli d’Inghilterra dall’invasione nazista, erano stati affettuosamente chiamati con il nome del prodotto “Brylcreem Boys” (nel 1999 comparve un film con questo titolo che, in effetti, fu tradotto in italiano con “Brillantina Boys”).
Tutti quelli della mia generazione ricordano il Carosello in cui l’ispettore infallibile, ma completamente calvo, alla fine confessava: “Anch’io ho commesso un errore, non ho usato brillantina Linetti!” La figura di quel personaggio, insieme a altri ricordi “storici”, appiccicavano al concetto di brillantina una patina vecchiotta, legata agli anni Cinquanta. E allora noi riuscimmo a “trasferire” le proprietà funzionali della brillantina a un prodotto apparentemente del tutto nuovo, denominato “Gel”, inventando il marchio Studio Line (la grafica era super-giovane). Si riuscì così a rinnovare una storia di successo del passato, trasferendola sotto nuove spoglie, al punto tale che Studio Line finì per fare da ombrello coprendo un’articolata linea di prodotti (crema, spray, gel, mousse).
Potrei dilungarmi con tanti altri esempi. In fondo, in termini astratti e generali, tutto il lavoro consisteva nel fare trasferimenti riusciti, evitando quelli che avrebbero portato a insuccessi, e nel costruire grappoli di concetti-prodotti sfruttando analogie all’interno di rassomiglianze di famiglia. La rassomiglianza di famiglia – di cui per primo parlò il filosofo Wittgenstein - funziona per le caratteristiche comuni ai vari membri di una famiglia. Si tratta di somiglianze che non tutti condividono - modi di camminare, taglio del viso, bocca, orecchie, e così via. E tuttavia si vede subito che i membri fanno parte della stessa famiglia, perché hanno “qualcosa in comune”.
Le rassomiglianze di famiglia tra i prodotti vanno costruite. S’inizia cautamente con un accoppiamento “singolo prodotto-nome”. Se funziona, si trasferiscono le stesse proprietà da un ambito all’altro, tenendo conto dello sfondo culturale su cui si lavora. Per esempio, la Francia ha una lunga tradizione orientaleggiante, legata all’arte e alla letteratura. Basti pensare all’esotismo di Pierre Loti e di tanti altri romanzieri: l’impero coloniale aveva collegato Francia e Estremo Oriente. E così quando, a Parigi, decisero di lanciare anche in Italia il loro primo bagno-schiuma, Obao, che s’ispirava alla tradizione giapponese dei bagni, da noi sconosciuta ai più, andammo incontro a molti problemi e l’agenzia di pubblicità non era mai contenta. Il transfer tra marchio-Giappone-bagno di schiuma non era scattato (il marchio poi scomparve).
In realtà, quasi tutti i prodotti nei settori dove c’è raramente una vera innovazione tecnologica, e si lavora sul variegato modo delle apparenze, inventando nomi, superfici, immagini, allusioni e concetti, vivono di trasferimenti e innesti.

I prodotti finanziari vengono costruiti allo stesso modo, ricombinando pochi elementi di base e assemblandoli così da confezionare un prodotto finito a cui, infine, viene dato un nome. Ma i prodotti finanziari hanno una loro peculiarità: non riescono mai a svincolarsi dai sottostanti. Se un prodotto va bene, il suo successo è dovuto al mix degli elementi di cui è formato. Questo è un punto molto importante che differenzia i prodotti finanziari da tutti gli altri prodotti. Una differenza che i consulenti non devono dimenticare mai.

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