sabato 23 novembre 2013

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 59 – Che cosa sta succedendo sulla borsa statunitense?

 


Molte volte ho ricordato che la difficoltà a usare spontaneamente una corretta strategia di diversificazione è attribuibile principalmente al fatto che noi siamo vittime di quella che Kahneman ha chiamato “euristica della disponibilità” (availability, cfr. nel testo del 2011, ora tradotto in italiano, anche il concetto di availability cascade, cioè il contagio innescato da ciò di cui tutti parlano: il cap. 12 del saggio è tutto dedicato a questa euristica). Noi cioè tendiamo ad acquistare quello che conosciamo e che riconosciamo. Questa tendenza spiega perché il 90% dei risparmi dei nostri compatrioti è investito in Italia (e non per patriottismo, purtroppo. Cfr. i dettagli sul mio libro dedicato alla Gestione dei Risparmi, Mulino, 2013). E veniamo all’esperimento di Borges e colleghi.

Essi hanno controllato l’impiego dell’euristica della disponibilità, basata sulla semplice capacità di riconoscere qualcosa come già noto e conosciuto (il termine euristica sta a indicare una regola approssimativa ma efficace e si contrappone ad “algoritmo”, cioè alle procedure di calcolo che conducono a una risposta esatta).

I ricercatori hanno cominciato a domandare a 480 tedeschi e americani, metà esperti e metà profani, i nomi delle società che riconoscevano a partire da liste con i 500 titoli americani e i 300 titoli tedeschi più trattati. Sono state così raccolte le percentuali di riconoscimento: per esempio 14 aziende tedesche sono state riconosciute da tutti (100%), 33 dal 90%, e così via. Sono stati infine costruiti dei portafogli in base alle società nazionali e internazionali più conosciute.
A partire dalla data di partenza della prova, nel 1996, i ricercatori tedeschi hanno cominciato a seguire i portafogli costruiti con la tecnica del riconoscimento confrontandoli con:
  • L’andamento delle azioni che non erano state riconosciute da almeno il 10% degli intervistati;
  • Gli indici di mercato;
  • I fondi di investimento del settore;
  • Un portafoglio composto a caso.
L’ordine da 1 a 4 è anche l’ordine del successo delle varie strategie nei momenti di euforia dei mercati. Le persone esperte, intervistate poi da Borges, erano inclini a spiegare i risultati ottenuti con la loro preparazione (citando, in particolare, il supporto degli analisti e la conseguente capacità di scelta dei titoli). Probabilmente non avrebbero sospettato che il sapere ingenuo dei profani, basato su una semplice strategia di riconoscimento dei titoli, cioè sulla loro popolarità, avrebbe fatto altrettanto bene. La spiegazione non è così stupefacente. In un mercato euforico, in cui gli inesperti sono la maggioranza, i titoli più noti sono quelli che vanno meglio perché sono quelli preferiti dai profani. Gli inesperti e i neofiti, utilizzando la “ingenua” strategia del riconoscimento, possono fare altrettanto bene dei gestori dei fondi (cfr. commento di Paul Singer nella lezione precedente). Infatti, come nel beauty contest keynesiano, quel che è cruciale è la capacità di anticipare i gusti altrui. Molti, per lo più profani di Borsa, si erano lanciati in un mercato effervescente, com’era quello della prima metà del 1996, sia negli Stati Uniti che in Germania. E tutto ciò ci riporta al mio commento della lezione precedente.

E’ interessante notare che il meccanismo del contagio dell’euforia sopra descritto funziona fin dal 1928, almeno negli Stati Uniti. Le azioni sono salite negli ultimi due mesi dell’anno nell’ 82% degli anni in cui erano salite nei precedenti dieci mesi. Questo è avvenuto sempre dal 2009. Il meccanismo è sempre quello del contagio e dello specchietto retrovisore: “Le persone che sono uscite dai mercati azionari dal 2009 sentono che hanno perso o stando perdendo un’occasione e vogliono fare come le altre”, così commenta il responsabile di un’importante casa (cfr. Bloomberg: S&P 500 Year-end Momentum, 4.11.2013). In questo periodo, a sentire gli operatori, ogni buona notizia per l’economia è diventata buona anche per la borsa, allo stesso modo che, fino al giorno prima, ogni cattivo dato aveva generato rialzi, perché la Fed sarebbe stata più accomodante (Walter Riolfi, Sole 24Ore, 9.11.2013, p. 34). Ancora una volta gli effetti della overconfidence che non guarda tanto per il sottile! Così si formano le bolle, intese come uno scarto rispetto alla media storica del rapporto p/u.

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