venerdì 15 novembre 2013

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 58 – Di chi è il merito quando le cose vanno bene e le colpe quando vanno male?


Walter Riolfi sul Sole-24Ore di sabato 3 novembre 2013 racconta come Paul Singer, fondatore di Elliot Management, un sofisticato hedge fund di New York, sia disperato: “Il suo fondo guadagna poco di questi tempi e l’ultimo dei piccoli investitori, comprandosi un Etf sull’indice, fa di gran lunga meglio” (pag. 30). Ma chi ha la memoria lunga ricorda che anche nel 1999-2000 e nel 2006-2008 qualsiasi piccolo investitore poteva far meglio dei grandi nomi della finanza: bastava comprare senza farsi problemi. Nel 1999-2000 e nel 2006-2008 si erano inventate delle teorie per giustificare gli scostamenti esuberanti rispetto alla media storica dei rapporti p/u. Oggi invece ci si limita a sperare che la Fed continui a rinviare il temuto “tapering”, parola ignorata dai più fino a qualche mese fa (la sua origine è collegata al termine inglese antico candela, e allude alo spegnersi graduale, cioè all’affievolirsi della luce di una candela quando sta per finire: di qui il significato attuale di “riduzione graduale”).


Come mai le persone non imparano mai? Perché attribuiscono, nei momenti di euforia, i guadagni alla loro abilità e, quando le cose vanno poi male, incolpano presunte cause esterne e non ricorrono al più ovvio meccanismo di “regressione verso la media”? Lo stesso meccanismo che li aveva prima beneficiati. Questa risposta va collegata a quello che gli psicologi chiamano errore fondamentale di attribuzione. Esso consiste in una semplice asimmetria. Noi tendiamo a sopravvalutare, nello spiegare il comportamento altrui, le doti e le caratteristiche permanenti delle persone e sottovalutiamo il peso delle circostanze in cui queste persone si sono trovate ad agire. In realtà, se cambia il contesto, cambia anche il comportamento. In particolare, quando le cose vanno bene attribuiamo a noi il merito, cioè alle nostre doti e abilità. Si tratta di attributi per lo più permanenti e stabili. Quando invece le cose vanno male, la colpa è degli altri, degli eventi esterni, di fattori imprevedibili e al di fuori del nostro controllo.
Questa capacità di trovare capri espiatori esterni ci rende meno infelici e più sicuri di noi stessi. E così, molte volte, finisce poi effettivamente per far andare meglio le cose. Morale: l’errore fondamentale di attribuzione, cioè il prendersi più meriti di quelli che sarebbe statisticamente corretto fare, è un errore che ci fa del bene, una sorta di placebo, meglio un’illusione benefica, secondo la distinzione che ho spiegato molte volte. E tuttavia questa “comoda” asimmetria può sfociare in alcuni abbagli.
Il nostro rapporto con la Borsa è un buon esempio di tali abbagli. Consideriamo il periodo dal dicembre 1996 al giugno 1997, in cui la Borsa americana e tedesca salirono di circa il 30%. In questo periodo era facile sentirsi bravi. Gli esperti tendevano ad attribuire il buon andamento dei portafogli alle loro personali conoscenze e abilità. Ma le cose stavano veramente così? Di chi era in realtà il merito?
Un’interessante ricerca di Borges e di altri ricercatori appartenenti al gruppo di Gigerenzer, uno psicologo che dirige il centro Max Planck di Berlino, ci permette di sollevare qualche dubbio, come mostreremo nella lezione della prossima settimana. Per ora imitiamoci, ancora una volta, a sottolineare l’importanza del non fare di testa nostra e la convenienza di rivolgersi a un esperto.

 

Nessun commento:

Posta un commento