domenica 20 ottobre 2013

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 55 – Le misure dell'overconfidence, ovvero la baldanza cognitiva


Ricordate l’esercizio della settimana scorsa? Le prestazioni medie da me raccolte sarebbero state calibrate se avessi chiesto una probabilità soggettiva del 60%.
Infatti, se il livello di fiducia impiegato per stabilire ogni intervallo fosse stato veramente del 90% non si sarebbe dovuto sbagliare più di una risposta, e le persone da me interpellate ne hanno sbagliate ben di più, in media quasi quattro. E voi?

Le domande erano dieci, e il 90% di dieci è appunto 9; e nove avrebbero dovuto essere gli intervalli giusti. In un solo caso era permesso sbagliare, cioè dare un intervallo in cui non rientrava la risposta esatta.
La tendenza a fare intervalli troppo stretti è indipendente dal tipo di argomenti scelti; potete ripetere la prova con un vostro familiare e domandargli, per esempio, quando è nata la bisnonna, quante finestre ci sono nella casa di campagna di un amico, l’altezza di un parente, il peso della zia, e così via.

Costruitevi il vostro questionario “personale” e provate. Scoprirete che le persone soffrono di quella che è nota, in letteratura, come overconfidence e che in lingua italiana potremmo chiamare “eccessiva fiducia in se stessi” oppure, come ho fatto nel mio testo del 2006, baldanza cognitiva, in quanto il termine italiano fiducia copre due significati: quello di confidence (fiducia in se stessi) e quello di trust (fiducia nelle cose, nella Borsa, negli altri …).
Non è neppure corretto tradurre overconfidence con “ottimismo”. Infatti questo concetto si riferisce a una sopravvalutazione, in termini positivi, di qualcosa di esterno a noi (ritengo al 90% che questo pomeriggio smetterà di piovere) e non di interno, qual è il caso delle nostre conoscenze o delle nostre previsioni rispetto alle quali esibiamo overconfidence.

Se un vostro amico si ritiene un esperto, provate a costruire un questionario difficile con diesi domande di finanza, o di qualsiasi argomento di cui si crede un esperto.
E poi ripetete un compito come quello mostrato nella lezione della settimana precedente (lezione N. 54) domandandogli degli intervalli di fiducia con domande del tipo: quante lire valeva, in euro, un franco svizzero o un dollaro cinquant’anni fa, quanto costava andare dal barbiere di quartiere vent’anni fa, di quanto è scesa la Borsa italiana dal 1970 al 1975 (il 62,6 in termini reali!) e di quanto nel quinquennio successivo? (il 46%!) e così via.

Scoprirete ancora una volta che i presunti esperti, né più né meno come l’uomo della strada, non sanno calibrare la certezza delle conoscenze che pensano di controllare. In sostanza, ritengono di avere certezze maggiori di quelle che hanno. Questo fenomeno è stato ritrovato nelle persone più diverse e nelle culture più diverse.
In conclusione, ci consideriamo più accurati di quanto sia in realtà (la distinzione tra accuratezza e precisione è molto importante nei rapporti con i clienti, cfr. il mio ultimo libro “Perché gestiamo male i nostri risparmi”). Qui abbiamo a che fare con un’eccessiva baldanza, nel preciso senso che allude al nostro calibro interno, a quella che è la valutazione soggettiva della nostra coscienza/ignoranza.

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