domenica 6 ottobre 2013

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 53 – L’incertezza e lo sviluppo del mercato della consulenza




Per ridurre “mentalmente” l’incertezza, si cerca di fare affidamento sul certo e quindi ci si basa su quanto ci è capitato nel passato. Ma, come si è visto nella lezione precedente, anche quando il passato prevede un futuro in cui la Fed inizia il “tapering” (da sue dichiarazioni e sulla base delle aspettative dei più), tale passato purtroppo non è di facile interpretazione nei suoi sviluppi.

Nel cercare di  ricondurre gli eventi esterni sotto il controllo, siamo inclini a trasformare i segni in cause o previsioni, proprio come nel caso, discusso nella lezione precedente. Immaginate di essere un consulente. Le vostre conoscenze possono venire classificate, dal punto di vista dell’incertezza, in tre categorie.
Certo. Le conoscenze, le informazioni, i dati di cui siamo personalmente sicuri: la nostra data di nascita, il nostro numero di telefono, l’anno del referendum monarchia/repubblica, l’1 settembre, il nostro indirizzo di casa, la data della rivoluzione francese, e così via. Se un cliente fa domande di questo tipo la risposta è: “Lo so …”.
Irrilevante. Le informazioni rispetto alle quali potremmo in linea teorica domandarci quale sia il loro valore esatto o approssimativo ed è evidente che, volendo, con uno sforzo maggiore o minore, si potrebbe ridurre l’incertezza. Ma si tratta di quesiti rispetto ai quali è irrilevante conoscere la risposta esatta. Se ci pongono domande di questo tipo la risposta è: “Non me ne importa”.
Incerto. Ci sono infinite domande alle quali non sappiamo rispondere con una conoscenza certa ma di cui c’importa la risposta. Queste sono le tipiche domande che si sente fare un consulente finanziario. Talvolta importa assai. In questi casi la strategia migliore consiste nello stimare adeguatamente il grado della nostra incertezza.
Non possiamo essere sicuri per due motivi: o sarà il futuro a darci una risposta certa; oppure, pur avendo un ordine di idee, è impossibile disporre con sicurezza della risposta esatta. Possiamo giungere, al massimo, a definire un intervallo di fiducia, più o meno ampio, in funzione del grado di fiducia nelle nostre incerte conoscenze. Il grado di fiducia corrisponde a un livello di probabilità soggettiva (siamo nel campo dei casi singoli e non delle frequenze).
E si tratta di quesiti per noi rilevanti e non irrilevanti. Di fronte a domande di questo tipo, non si può che rispondere: “Vorrei sapere la risposta esatta, ma posso solo stimare un ordine di grandezza. Penso che con la probabilità del … la risposta caschi nell’intervallo che va da … a …”. Magari non ci esprimiamo così, ma il concetto è lo stesso.
A tipologie diverse di domande, risposte diverse. Ma non siamo simmetrici nei confronti delle tre tipologie, per ragioni culturali e di educazione. L’aver imparato a dare risposte a scuola, frequentata per più di un decennio, e aver assistito continuamente a quiz televisivi e ad altri giochi di società, tendono a farci sopravvalutare l’importanza della tipologia delle risposte date con certezza. In realtà, se non in questi scenari particolari, non è così importante acquisire uno stock di informazioni di cui si può essere proprio certi.
Non sono queste le informazioni che servono per rispondere alle domande che ci stanno veramente a cuore. Questa sopravvalutazione può sfociare nell’errore consistente nell’assimilare in una sola tipologia di “non-certezza” le domande di cui ci importa poco e quelle di cui nella vita ci importa molto ma di cui non conosciamo la risposta esatta.
Nel loro caso non è mai disponibile una soluzione precisa ai nostri dilemmi, nel momento in cui si pongono (scelgo quel posto di lavoro o no? Faccio un figlio? Compro la casa? Il prezzo è giusto?).
L’incertezza delle conoscenze è tipica delle scelte attinenti l’economia e la finanza. E’ quindi di grande interesse cercare di capire quanto siamo bravi nello stimare l’ordine di grandezza della nostra ignoranza: un conto è sbagliare molto, un conto è sbagliare poco.
Ricordo che qui il termine ignoranza viene usato in senso tecnico: designa l’incapacità di disporre di un dato certo.
Gli psicologi si servono di molte tecniche per misurare la precisione del nostro calibro quando si tratta di valutare in condizioni di incertezza. Per simulare gli scenari propri della finanza e dell’economia, e crearne versioni sperimentali realistiche, bisognerebbe saggiare l’incertezza ricorrendo a quesiti di cui solo il futuro più o meno prossimo fornisce la risposta esatta.
Proprio questo stato di cose crea le condizioni per il fiorire della consulenza finanziaria. L’Economit del 28 settembre riporta una tabella (p.161) che raffigura la crescita a livello mondiale della consulenza finanziaria. Questa è calata, non sorprendentemente, solo nel 2009.
Dato che la grande maggioranza dei consulenti non aveva previsto la terribile crisi, questo ha intaccato la fiducia e ha ridotto la richiesta di consulenza.
Ho scritto “non sorprendentemente” perché la maggior parte dei clienti non si rende conto che un consulente finanziario è diverso dagli altri, come ho cercato di illustrare a lungo nel mio recente saggio PERCHE’ GESTIAMO MALE I NOSTRI RISPARMI.
Malgrado la delusione, dopo il repentino calo, appena questa è stata smaltita, la richiesta di consulenza ha ripreso forti incrementi per arrivare a livello mondiale a 50 miliardi di dollari nel 2012 (cfr. figura).
 
 

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