lunedì 20 maggio 2013

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 36 – I tratti di personalità sono stabili?


Esattamente sessant’anni fa Gaetano Kanizsa, il pioniere triestino della psicologia sperimentale, somministrò il cosiddetto “test du gribouillage” di Meurisse a studenti del primo anno presso una scuola di assistenti sociali. Dovevano semplicemente tracciare uno scarabocchio, senza pensarci, facendo scorrere per un minuto la punta della matita su un foglio bianco. In seguito, Kanizsa chiese di confrontare la loro personalità con il risultato del test. La grande maggioranza si riconobbe nella diagnosi. Questa, in realtà, era stata costruita prima, ed era identica per tutti, indipendentemente dal tipo di scarabocchio. Il punto cruciale è che la descrizione si componeva di frasi generiche, del tipo: “Lei in apparenza sembra timido, ma in fondo è sicuro di sé stesso”, oppure “Talvolta è estroverso, ma è anche riflessivo”, insomma frasi con termini vaghi e apparentemente specialistici. Emergeva così un profilo di personalità talmente poco accurato da poter andare bene a tutti.

Le persone si rispecchiano in qualsiasi profilo di personalità, se costruito bene, sostanzialmente per due motivi. Piace essere al centro dell’attenzione altrui, essere osservati e, ancor di più, essere descritti e diagnosticati. Kanizsa lo sapeva fina da quando, ebreo, comunista e apolide, sbarcava il lunario nascondendosi in Carso. Allevava conigli e leggeva le carte nelle osterie. Aveva così affinato tecniche di costruzione di profili graditi. Girando con lui quelle osterie, trent’anni dopo, scopersi che il ricordo, forse un po’ mitizzato, era ancora vivo.

Il suo esperimento, divenuto un classico, è stato replicato. Paolo Zordan, dieci anni fa, ottenne gli stessi risultati con studenti di psicologia dell’università di Padova, rivelatisi altrettanto ingenui e inclini a credere nelle capacità diagnostiche del test. Alcuni psicologi sfruttano questa sorta di fiduciosa sopravvalutazione delle capacità degli esperti nel fare diagnosi di ogni tipo. Crederci, ed essere creduti, è, dal loro punto di vista, razionale.

La tecnica classica, più semplice e apprezzata dagli altri, se volete convincerli che sapete diagnosticarne la personalità, è il dialogo. E’ una tecnica vicina al senso comune, al dialogo come forma di conoscenza. Lo psicologo fa una serie di domande e, sulla base delle risposte, traccia un profilo di personalità. In realtà, mezz’ora di colloquio è meno produttiva e diagnostica rispetto all’impegno dello stesso tempo dedicato a esplorare con attenzione la stanza in cui vivono (studenti di college), o andare a vedere le tracce lasciate sul web (Wohn e Wash, 2012). Un bel film di Ozon uscito nell’aprile 2013, dal titolo Nella casa, mostra quante cose della personalità dei membri di una famiglia si possono venire a sapere scandagliando la loro casa.

In un recente numero di Psychological Science (Ottobre 2012), gli psicologi Kira Mc Cabe e William Fleeson hanno mostrato che i tratti di personalità di una persona interagiscono con gli scopi del momento. Per esempio, se una persona vuole parlare con gli altri, divertirsi o fare nuovi amici, questa persona tenderà ad adottare un atteggiamento estroverso. Di fronte a tale modo di comportarsi, chi frequenta in quei momenti quella persona sarà incline ad attribuire questo profilo di personalità a lei, e non ai suoi scopi e, quindi, al suo modo di fare di quel preciso momento.

Da quarant’anni, aziende di ogni tipo, dalla cosmesi fino alla gestione del risparmio, mi hanno insistentemente domandato se si potevano classificare i loro clienti con strumenti diagnostici. Per quanto i responsabili di tali aziende desiderino sperare che ciò sia possibile, è saggio, sui tempi lunghi, non illuderli, e dire loro che è meglio andare a vedere quel che le persone fanno, rispetto a quello che dicono di essere. Comunque, pazienza e tatto. Se anche gli studenti di psicologia, che si sono dedicati per ben cinque anni alla disciplina, sono così ingenui e fiduciosi, perché prendersela con i non addetti ai lavori?

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