mercoledì 1 maggio 2013

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 33 – Se i portafogli potessero parlare …


La tendenza a considerare il consulente per la gestione dei risparmi in analogia ad altri consulenti, quelli che risolvono i problemi, può innescare un atteggiamento sbagliato nel cliente e, poi, di riflesso, nel consulente. Quando, a casa nostra, viene un idraulico, o noi andiamo da un medico, quel che gli chiediamo è che risolva il nostro problema idrico o salutistico. Non ci importa  vagliare tutto un ipotetico ventaglio di possibilità. Siamo focalizzati, cioè concentrati sulla nostra difficoltà, e sul come superarla. E’ una tendenza naturale della mente umana, che è più incline a verificare ipotesi sul funzionamento del mondo, che a falsificarle. Purtroppo in tale ambito, il buon consulente si trova costretto a dover fronteggiare la forte tendenza alla verifica delle proprie ipotesi, e la tendenza a cercare informazioni in accordo, e non in contrasto, con le nostre opinioni e preferenze.

Consideriamo, per esempio, l’investimento in immobili. In effetti, per i motivi già esaminati, l’investimento in case a scopo di risparmio (e non di servizio, come la casa d’abitazione) è molto tranquillizzante. Ora la casa è un investimento sicuro e dai ritorni certi? Invece di fare previsioni basate sul passato, sempre opinabili, come si è visto, e quindi poco convincenti, il buon consulente dovrebbe fare un ragionamento insieme al suo cliente. E’ lo stesso che ha fatto molte volte Marco Liera sul Sole24Ore, e che ha ripetuto discutendo il caso di due fratelli, pubblicato il 23.3.2013.

Due fratelli hanno ereditato un patrimonio e un appartamento. Scrivono: “l’appartamento rappresenta prevalentemente un costo. La nostra intenzione è nell’immediato di affittarlo, dato il calo dei prezzi degli immobili”. Risponde Marco Liera: Faccio fatica a immaginare che l’unica soluzione possibile per un immobile che sta perdendo di valore sia quello di affittarlo. Anche perché la logica vorrebbe che un immobile che stia perdendo valore proprio perché è difficile affittarlo a un canone interessante … occorre considerare anche l’ipotesi di vendere l’immobile. In sostanza dovete realisticamente stimare ciò che potreste ricavare dalla cessione e il canone che potreste ottenere affittandolo. Il rendimento implicito che ne risulta dovrebbe essere adeguatamente corretto per tener conto del rischio di morosità del conduttore, delle tasse, della manutenzione straordinaria, della possibile svalutazione, dell’illiquidità. Una volta ridotto per tenere conto di tutti questi fattori, il rendimento da locazione dovrebbe essere confrontato con quello di un’alternativa efficiente, semplice e liquida, a minor rischio, come un titolo di Stato indicizzato all’inflazione … Il fatto che la vendita dell’appartamento non sia stata da voi citata induce a pensare che soffriate di un’atavica difficoltà a comprendere che il mattone non è – e non è mai stato – un investimento sicuro.

Avevo costruito i due schemi mostrati nella lezione precedente per un mio saggio dedicato alla felicità, o meglio, a come evitare l’infelicità. Il percorso mentale basato su rimpianto e senno di poi è un’ottima ricetta l’insoddisfazione. Il consulente, rimproverato a posteriori dal cliente, deve avere pazienza, e farsene una ragione. In pratica, come dovrà comportarsi? Dipende dal tipo di cliente che ha di fronte. Se il cliente ha fiducia in lui, potrà cercare di spiegarglielo. Altrimenti il consulente saggio dovrà accettare di addossarsi quello che il cliente considera un errore, se non una colpa. Ma che, in realtà, è un merito. Se il cliente ha il senso dell’umorismo, il consulente potrebbe ricordargli questo passo di Otello di Shakespeare: “quando non c’è più rimedio è inutile addolorarsi”. Perché solo a posteriori ”si vede il peggio, che prima era attaccato alla speranza”.

Il 2012 costituisce un caso di scuola, come molti altri in precedenza, per la verità. Abbiamo già detto che le due docce fredde del nuovo secolo hanno reso il cliente molto prudente, soprattutto in seguito al crollo del 2008 che ha quasi dimezzato il valore delle borse. Molte sono oggi vicine ai livelli pre-crisi, anche a prezzi reali, cioè disinflazionati. E tuttavia quale effetto hanno avuto dolori e paure suscitate dalle forti perdite? Quella di spostare persino il risparmio gestito, che all’inizio del 2013 ha raggiunto il livello di 1.200 miliardi, verso i prodotti obbligazionari. E i gestori hanno dovuto assecondare i clienti. Come più volte ricordo, i portafogli non hanno gambe, ma i clienti sì. Questi ultimi possono venire moderati e consigliati, ma non possono venire violentati, altrimenti se ne vanno. E c’è sempre la speranza di ri-educarli progressivamente.

Vorrei dedicare questa lezione in particolare ai consulenti e ai promotori – ma tutte le lezioni sono scritte per loro! – con una prospettiva di speranza per la gestione dei risparmi nell’ambito degli scenari contemporanei. I sondaggi di fine marzo 2013, in Italia, mostrano che – per la prima volta da decenni – i risparmiatori non sono in maggioranza convinti della superiorità degli immobili rispetto a tutte le altre forme di investimento. Inoltre, con il consueto ritardo – ritardo che ha indotto molti risparmiatori, privi di consulente, a non approfittare del rialzo eccezionale iniziato nel marzo 2009 – l’opinione corrente sta cambiando.

Marzia Redaelli, sul Sole24Ore, ricorda che il sondaggio Barclays di fine trimestre mostra come più del 50% degli investitori preferisca oggi le azioni alle altre classi di attività finanziarie. E proprio più che mai il momento della consulenza finanziaria: la classe di attività per cui l’investitore medio è meno attrezzato, sia sul piano cognitivo sia su quello emotivo, sono proprio le azioni.

Il grande tema della consulenza in ambito finanziario si collega al fatto che il risparmiatore che si affida a un consulente ha difficoltà nel capire quelle che oggettivamente sono migliori scelte per il suo portafoglio, in particolare il risparmiatore spesso non riesce a padroneggiare nozioni come quelle di rischio e diversificazione. Il consulente in ambito finanziario è dunque l’unico tipo di consulente che ha davanti, per così dire, due clienti diversi. Un cliente è quello in carne e ossa, l’altro cliente è il portafoglio del suo cliente. Sembrerebbero la stessa cosa. Purtroppo si muovono talvolta con logiche diverse. In sintesi, il fatto che il consulente abbia due clienti a cui rivolgersi dipende dal fatto che il cliente in carne e ossa prova emozioni, a differenza del portafoglio (del cliente). Di conseguenza il risparmiatore non sempre sa quale sia il bene del suo portafoglio, per i molti motivi che abbiamo già esaminato. Quindi cercare di instaurare un rapporto di fiducia è un’operazione più complessa che per altri tipi di consulenze: la fiducia nasce da come il consulente è capace di gestire il portafoglio o da come è capace di gestire il cliente? Per approfondire queste due domande nella prossima lezione approfondiremo la nozione di fiducia.

Nessun commento:

Posta un commento