domenica 12 maggio 2013

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 34 – Fiducia e consulenza

 

Quando parliamo di fiducia nel rapporto tra un cliente e un consulente di che fiducia parliamo? C’è la fiducia in noi stessi, la fiducia negli altri e, infine, la fiducia che ispiriamo agli altri. La lingua inglese ricorre a due termini distinti.
 
Confidence è la fiducia in noi stessi ed è facile modularla in over-confidence, che potremmo tradurre con baldanza (una persona troppo sicura di sé), e under-confidence, che indica la situazione opposta di incertezza e insicurezza. Trust è la fiducia sociale, quella nostra (per gli altri) e quella altrui (per noi). Tale fiducia alimenta e consolida impegni, amori, tradimenti e quant’altro. Ho già toccato questo punto parlando del ruolo positivo delle emozioni nel superare l’incertezza e costruire la fiducia, verso sè stessi e verso gli altri.
 
Se fate il consulente o se, più in generale, lavorate in un’azienda, tutte queste forme di fiducia sono cruciali e si intrecciano. La loro rilevanza  discende dal fatto che, per un cliente o un dirigente la risorsa più scarsa è il tempo. Non c’è quasi mai abbastanza tutto il tempo necessario per raccogliere, in modo dettagliato, le informazioni prima di prendere una decisione importante. Non c’è tempo per frequentare a lungo una persona così da appurare se possiamo fidarci di lei, come capita con i conoscenti di lunga data. Talvolta, a forza di dover stare sempre con gli altri, c’è poco tempo persino per conoscere sé stessi.
 
Dati questi vincoli, l’esperienza mostra che le persone, almeno quelle particolarmente brave a prendere decisioni e a fare affari, hanno come dote istintiva quel che si è soliti chiamare l’intuito giusto. Chi non l’ha, ritiene che quella altrui sia pura e semplice fortuna. A costoro sembra incolmabile la distanza tra la scarsa quantità di informazioni disponibili e la qualità delle decisioni prese con poche informazioni. Come mai alcuni riescono a colmare questo gap?
 
Quando si devono prendere decisioni rapidissime, come nei casi d’intervento di vigili del fuoco o di decisioni dei piloti di aerei di fronte a imprevisti, l’intuito non è altro che la stratificazione delle esperienze pregresse. Diventa quasi istintivo, con un sol colpo d’occhio, confrontare lo scenario di pericolo e l’analoga emergenza già affrontata con successo in passato.
 
L’intuito consiste nel sapersi concentrare su quello che la nostra esperienza ha distillato come fondamentale. L’over-confidence risiede invece nel fare una stima che sottovaluta la complessità e l’incertezza dello scenario. Pochi imprenditori, a posteriori, lo ammettono. Un caso noto è quello di Ted Turner, quando rievoca le vicende del 1995 dell’assorbimento della sua società da parte della Time warner che, a sua volta, si fuse con Aol nel 2000.
 
Come mai l’over-confidence conduce a errori? Talvolta ci focalizziamo su dettagli appariscenti e superficiali. Solo l’esperto sa cercare, isolare e analizzare i punti essenziali. Lo studio dell’eccesso di fiducia è un capitolo fondamentale della finanza comportamentale in quanto gli eventi del futuro, quando poi capitano, spesso ci sorprendono in quanto ce li aspettavamo diversi. La Swiss & Global ha messo a punto un suo indice che misura quanto gli eventi che si verificano sui mercati sono sorprendenti rispetto alle attese medie degli esperti. E’ evidente che, se gli esperti facessero previsioni molto più caute, cioè forchette di valori più ampi, le sorprese accadrebbero molto più raramente. Però è altrettanto evidente che tali previsioni sarebbero pressoché inutili agli operatori che vogliono sapere come andranno i mercati, non come press’a poco e all’ingrosso andranno su tempi molto lunghi.
 
Il problema della fiducia in sé stessi, come mostrano molti esperimenti e l’esame di casi noti, è che se ne ha troppa quando le cose vanno bene e troppo poca quando le cose vanno male.
 
L’inesperto si focalizza sui primi dettagli che gli capitano. Queste informazioni lo colpiscono e guidano la ricerca delle successive, impoverendo così lo scenario di scelta. Una sorta analoga di focalizzazione può colpirci quando si tratta di aver fiducia negli altri. Provate a pensare all’impressione che vi fa una persona nei primi cinque minuti di conoscenza. Quando incontrate qualcuno per la prima volta quel che vi colpisce sono la sua faccia e il suo aspetto fisico. E’ opportuno dare fiducia a una persona solo basandosi su questi elementi? Probabilmente, a freddo, direste di no. Eppure numerose e accurate ricerche mostrano che è proprio basandosi su queste informazioni “superficiali” che i promotori e i consulenti meno esperti giudicano le persone che hanno davanti.

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