sabato 28 aprile 2018

MERCATI FINANZIARI AL 27/4/2018


“SELL IN MAY AND GO AWAY”. SARA’ PROPRIO COSI’ ?

 
E’ ora dei primi consuntivi. Siamo alla fine di aprile e ormai prossimi a conoscere i risultati ufficiali delle imprese relativamente all’anno precedente e a verificare la consistenza della crescita per l’anno in corso. Da qui in avanti le valutazioni saranno maggiormente concrete, le esternazioni e le decisioni delle banche centrali saranno soppesate con grande cura e ci si appresta a valutare molto attentamente la coerenza dei portafogli investiti dato l’approssimarsi dei mesi estivi, spesso forieri di turbolenze. Con l’avvento di maggio il pensiero corre al vecchio motto di Wall Street, … sell in may and go away… Sarà proprio così?

Sin qui i  mercati si sono mossi in modo piuttosto insolito, con una partenza - a gennaio - molto euforica caratterizzata da continui record su molti mercati a cui ha fatto seguito una forte correzione nel mese successivo. Da lì in avanti rimbalzi e storni si sono susseguiti per giungere a fine aprile con dei grossi punti interrogativi relativamente alla solidità della crescita economica in atto, sulla possibilità concreta di una risalita dei tassi di interesse (quantomeno in area dollaro), sul calo di ottimismo da parte dei gestori, sull’indebitamento delle imprese, sull’accelerazione delle operazioni straordinarie quasi fossero le ultime occasioni per farle.
Ovviamente questa è solo una provocazione volta a far riflettere sulla possibilità che, dopo anni di rialzi supportati da una “necessaria” accondiscendenza da parte delle banche centrali, si debba tornare a una situazione di maggiore normalità e dunque a condizioni meno favorevoli per un’ulteriore balzo in avanti dei mercati azionari che si trovano nella situazione fotografata nel grafico di apertura.

Su quindici indici azionari che compongono il paniere otto sono in area positiva ma solamente due con risultati particolarmente significativi: Brasile e Italia. A seguire, con performance racchiuse fra il 2,6 e il 3,2%, troviamo Francia, India e il Nasdaq. Appena sopra e appena sotto la parità stazionano ben sei indici azionari fra cui S&P 500, Hong Kong e Giappone. Ben più sotto la parità finiscono Shangai e Zurigo. In territorio negativo ma in posizione intermedia gli indici di Francoforte e Londra, rispettivamente a -2,6% e -2,4%.
La scorsa settimana, ultima di aprile, è stata una settimana piuttosto favorevole ai mercati azionari, tutti in crescita con le sole eccezioni di Hong Kong e del Nasdaq, di poco sotto la parità. Particolarmente positivi gli indici di Londra, Mosca e Mumbay che chiudono con rialzi racchiusi fra l’1,6 e l’1,85%

 
Aprile, nel suo complesso, è stato un mese votato alla crescita, con gli indici, tutti positivi tranne per Russia e Cina. Oltre il 50% di essi ha chiuso il mese con performance superiori al 3%. L’indice azionario mondiale è cresciuto nel mese del 2% mentre sotto la media ma pur sempre in territorio positivo si collocano i due indici statunitensi, Svizzera, Hong Kong e Brasile.

I fattori più importanti, ad oggi, che potrebbero influenzare a breve l’andamento dei mercati possono essere individuati a) nelle trattative in corso per la pace fra le due Coree (con l’auspicio unanime di una conclusione positiva) e b) la “guerra” dei dazi che potrebbe dare la stura, se non si trovassero accordi di buon senso, a una fase di indebolimento dell’economia con ripercussioni evidenti anche sulla tenuta del trend rialzista dei mercati azionari.

IL DECENNALE AMERICANO A UN PASSO DAL 3%

E’ noto il fatto che la Fed sta perseguendo una politica di aumento del livello dei tassi di interesse e nel corso di quest’anno sono attesi ulteriori ritocchi all’insù. E’ anche scontato il fatto che per coprire il deficit Washington tenda a offrire tassi tendenzialmente più appetibili di quelli correnti e dunque in questi primi quattro mesi dell’anno il tasso di interesse del decennale Usa si è gradualmente innalzato dal 2,40% di inizio anno sino al 2,96% di fine aprile. Ciò significa che il rendimento del Treasury si  è incrementato del 23% in quattro mesi e siamo ora alla soglia del fatidico 3%, un livello al di sopra del quale possiamo considerare chiusa l’era dei tassi ai minimi.

Andiamo a vedere qual è l’attuale situazione:
 
Dall’inizio dell’anno, fatta eccezione per il Btp decennale, i governativi di pari durata del nostro paniere si sono tutti incrementati. Del Treasury abbiamo già detto ma sottolineiamo pure che in misura quasi analoga sono cresciuti i rendimenti in Gran Bretagna e addirittura maggiore in Germania, con il Bund passato dallo 0,42% di inizio gennaio allo 0,57% di fine aprile; apparentemente poco ma in termini percentuali si tratta di un +37%.

 
Possiamo vedere nel grafico successivo i gap dei rendimenti dall’inizio dell’anno:

 
 

Piuttosto anomalo,infine, il rendimento del Btp che sembra dare come scontato un accordo per la formazione del nuovo governo italiano manifestando così ottimismo per la guida del paese. Ciò che sta accadendo in queste ore sembra andare piuttosto nella direzione opposta per cui staremo a vedere se le prossime sedute confermeranno o meno il livello di 1,75 e lo spread sul Bund a 117.

 
 
MERCATO VALUTARIO: IL DOLLARO SI RAFFORZA SULL’EURO
 
 

Dopo essersi impennato a gennaio a 1,25 dollari per euro la valuta comunitaria si è dapprima leggermente indebolita per poi entrare in un range tra 1,22 e 1,24 mantenuto sino alla terza settimana di aprile; nel corso della scorsa settimana il dollaro ha assunto la veste di mattatore recuperando il livello di inizio gennaio con le principali valute.
 

L’euro, dal canto suo, pur conservando una minima percentuale di apprezzamento nei quattro mesi sul dollaro è in flessione sulle altre valute del paniere, sterlina, yen e yuan. Mentre sulle prime due monete la nostra moneta è in temporanea fase di risalita dai minimi toccati nelle settimane precedenti, la debolezza sullo yuan è al momento strutturale, come evidenziato al grafico sottostante.
 

Toccato il suo massimo sulla valuta cinese a gennaio, l’euro ha avuto alti e bassi sino alla metà di febbraio per poi assumere un trend di indebolimento che tuttora perdura. La Ferrari e i produttori di vino brindano mentre gli importatori di beni dalla Cina si apprestano a qualche impercettibile ritocco dei listini, guerra dei dazi  permettendo.
 
 

SETTIMANA DI DEBOLEZZA PER LE MATERIE PRIME MA …

 
Veniamo ora alle materie prime. La settimana testé conclusa si presenta come debole sul fronte delle materie prime. L’indice globale, il CRB, arretra di un nulla (-0,26) e lo stesso dicasi per il petrolio che ne costituisce l’elemento principale e ne condizione pesantemente l’andamento.
 
Un calo più sensibile, ancorché modesto (-1,02%) quello dell’oro a ulteriore conferma che al momento gli operatori non avvertono l’utilità di de-correlare gli asset di investimento incrementando le posizioni sul metallo giallo.
 
 


Osservando l’andamento del petrolio si può notare che da febbraio ha iniziato una risalita che l’ha portato a una crescita del 15% in tre mesi fermandosi poco sotto la scoglia dei 70 dollari al barile. Su questo teend pesano le minacce di dazi da parte di Trump e, non ultimo, l’avversione per gli accordi con l’Iran che potrebbe venire penalizzato sul lato delle esportazioni riducendo l’offerta complessiva.
 

Piuttosto evidente il trading range dell’oro le cui quotazioni oscillano in un’area racchiusa fra 1.320 e 1.350 dollari per oncia a conferma della mancanza di convinzione sulla necessità di coperture da shock borsistici, almeno sino ad ora.


Tornando infine alla domanda iniziale, “vendiamo tutto e stiamo alla finestra?”, direi che avere convinzioni nette e precise in questo momento è a dir poco velleitario. Dunque, avanti ma con giudizio, per citare il Manzoni. Meglio ancora se abbiamo un piano “B”, ma questa è strategia e sconfiniamo nel sofisticato e nel professionale, temi da trattare con il proprio consulente. A presto.






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