MERCATI
AZIONARI A UN PUNTO DI SVOLTA ?
Nel report
precedente avevamo ben evidenziato il diverso andamento dei mercati azionari in
questa prima parte dell’anno: gennaio in gran spolvero seguito da forti
correzioni degli indici nei mesi di febbraio e marzo. Ora, con aprile siamo
entrati in una situazione piuttosto fluida, con alti e bassi, e queste
prime due settimane ne sono un classico
esempio.
Il grafico d’apertura, quello relativo alla seconda settimana, ci illustra una buona intonazione generale con la quasi totalità degli indici in rialzo le cui performance sono racchiuse fra lo 0,89% della borsa cinese e il 3,23% di quella di Hong Kong. La negatività si appunta unicamente sul mercato brasiliano (-0,57%) e sulla borsa di Mosca che chiude la settimana in caduta libera (-10,67%). La settimana precedente le borse avevano chiuso in altalena, con i mercati statunitensi e buona parte dei Bric in territorio negativo, mentre le borse europee, con esclusione della Svizzera, chiudevano in rialzo la settimana.
Il grafico d’apertura, quello relativo alla seconda settimana, ci illustra una buona intonazione generale con la quasi totalità degli indici in rialzo le cui performance sono racchiuse fra lo 0,89% della borsa cinese e il 3,23% di quella di Hong Kong. La negatività si appunta unicamente sul mercato brasiliano (-0,57%) e sulla borsa di Mosca che chiude la settimana in caduta libera (-10,67%). La settimana precedente le borse avevano chiuso in altalena, con i mercati statunitensi e buona parte dei Bric in territorio negativo, mentre le borse europee, con esclusione della Svizzera, chiudevano in rialzo la settimana.
La
situazione generale, ad oggi è la seguente:
Sono
solamente quattro gli indici effettivamente positivi, Brasile, Italia, Hong
Kong e Nasdaq le cui performance sono comprese fra il 10,38% della prima sino
al 2,94% dell’ultima. Francia e India sono piuttosto appiattiti verso la parità
ma pur sempre positivi e tutti gli altri, ossia i 2/3 del paniere si trovano in
territorio negativo.
L’indice più
prossimo alla parità è lo S&P 500 che dall’inizio dell’anno è sotto dello
0,65% mentre la maglia nera è appannaggio della borsa svizzera a -6,46%.
Come di
consueto accade, a poco meno di un terzo dell’anno e in prossimità dei primi
consuntivi aziendali, le orecchie iniziano a drizzarsi e si riflette sulle
strategie operative. Continuerà o si arresterà il rialzo in atto, pur con
qualche correzione intermedia, iniziato a marzo 2009? Vale la pena di mantenere
le posizioni azionarie o sarà meglio assumere atteggiamenti maggiormente
prudenziali? E’ da tenere in forte considerazione o no la possibilità di un
rialzo dei tassi? Tutte domande legittime a cui dare risposta è pressoché
impossibile e sono tuttavia questioni che da qualche mese abbiamo portato
all’attenzione dei lettori.
Ci sono però
delle considerazioni che riteniamo utile soppesare.
La prima
riguarda la situazione economica generale. A sentire molti gestori per molti
mesi ancora non ci saranno alternative al mercato azionario per l’ottenimento
di risultati positivi ed effettivamente alcuni indici anticipatori sono ancora
in territorio espansivi ma si
possono già intravvedere alcuni segnali di una leggera decelerazione che ci inducono a supporre che la crescita
globale abbia probabilmente raggiunto il suo picco massimo. Nel biennio 2017-18 anche i paesi precedentemente
in recessione si sono allineati alla congiuntura favorevole ed oggi il ciclo
economico potrebbe quindi esprimere la sua fase di top.
In questi
ultimi due mesi la correzione dell’equity
rispetto ai massimi di fine gennaio ha trovato conforto in validi motivi: i
rischi di una guerra commerciale, l’avvitamento del settore tecnologico americano innescato dal caso Cambridge
Analytica/Facebook e in questi giorni le scaramucce belliche in area
medio-orientale. Purtroppo le tensioni geopolitiche, per loro stessa natura,
invece di regredire aumentano e con esse l’incertezza per le decisioni da prendere
in campo finanziario.
Infine, a supporto di un atteggiamento
prudenziale, va sottolineato che quest’oggi Il Sole 24 Ore nel suo Finanza
& Mercati, pag. 24, titoli “Le tensioni portano maxi-volatilità in Borsa”.
Si tratta di un articolo piuttosto articolato che analizza i motivi di ciò ma,
novità, per la prima volta in questi mesi il maggior quotidiano economico del
nostro paese ventila la possibilità che si sia giunti effettivamente al top
della crescita finanziaria, di possibili minori guadagni e di altrettanto
possibile riduzione sistematica degli asset più rischiosi.
I nostri passati inviti per l’assunzione di atteggiamenti
maggiormente prudenziali dei mesi scorsi forse sono stati troppo anticipatori
ma del resto, rivolgendosi a investitori di medio lungo termine, cerchiamo di
anticipare i trend significativamente importanti, non di sancirne a posteriori
l’esistenza (sempre coscienti che nessuno, tanto meno noi possediamo la sfera
di cristallo).
E GLI
ALTRI MERCATI ??
Ci siamo volutamente dilungati nella
trattazione dei mercati azionari e dunque ora passiamo velocemente in rassegna
gli altri asset di investimento che ovviamente a loro volta condizionano gli
andamenti borsistici.
Mercato obbligazionario. Niente di
particolarmente significativo è accaduto sui bonds ma vanno tenuti sotto
osservazione due indici governativi decennali: il bund tedesco e il bond
americano per due diverse ragioni.
Il primo ha registrato una forte volatilità in
questo periodo arrivando a remunerare sino allo 0,77% mentre il secondo, sulle
attese dei rialzi previsti per il 2018 si è impennato sino al 2,89% a inizio
marzo per stabilizzarsi poco sopra il 2,80%. Vediamo la situazione attuale.
La tendenza del bund a scivolare ulteriormente
sotto lo 0,50% starebbe a significare che questo titolo torna ad essere
appetito quale bene rifugio (in caso di volatilità ulteriore) mentre la salita
del bond americano andrebbe nella direzione di ulteriori rialzi dei tassi e
dunque volatilità garantita.
Da inizio anno questa è la tendenza:
Nulla di nuovo nei rapporti di cambio e le
tendenze di questi mesi si confermano anche in questo scorcio di tempo. L’euro
si mantiene stabile ma ancora forte sul dollaro mentre si sta indebolendo nei
confronti dello yen.
Veniamo ora alle materie prime. In questa
settimana qualcosa si è mosso, soprattutto per quanto riguarda il petrolio e
l’oro che incorporano, oltre che la loro natura intrinseca di beni da lavorare
anche aspetti di più marcata natura finanziaria quali beni rifugio; in senso
stretto l’oro, ovviamente, ma anche il petrolio viene abbondantemente
acquistato e stivato quando si intorbidiscono gli scenari geopolitici. In
questi giorni è infatti salita a tensione nel bacino mediterraneo, lato Siria.
In settimana l’oro, che da inizio anno era
sostanzialmente sceso dal livello di 1.350 dollari per oncia si è riportato
sopra la soglia dei 1.340; quello che va sottolineato è che nel periodo più
caldo delle tensioni sui mercati azionari di febbraio e marzo l’oro non si era
mosso. Potrebbe essere un atteggiamento di maggiore attenzione verso dinamiche
diverse.
Sul petrolio c’è poco da commentare.
Quando in medio-oriente decollano aerei pronti
a lanciare missili (cosa effettivamente avvenuta) la domanda di questo bene si
innalza immediatamente e il prezzo sale. E’ un termometro di natura geopolitica
ma non per questo di minore impatto sulle generali dinamiche finanziarie.
La conclusione è ovvia: antenne dritte e
strategie operative ben chiare in testa. Null’altro. Si fa per dire …
Nessun commento:
Posta un commento