lunedì 2 aprile 2018

MERCATI FINANZIARI AL 30/3/2018


UN MERCATO AZIONARIO DAL DOPPIO VOLTO

 
Se ne è andato il primo quarto dell’anno ed è ora di qualche prima riflessione sull’andamento dei mercati finanziari. Qui sopra la rappresentazione grafica della situazione a fine marzo che evidenzia, in area positiva, solo un terzo del nostro paniere. A sorridere, fin qui, gli investitori che hanno privilegiato nei loro portafogli - Nasdad a parte - alcuni dei mercati meno significativi fra quelli possibili e più precisamente quello brasiliano, quello russo e quello italiano.

In territorio decisamente negativo troviamo mercati di ben maggiore spessore come le borse di Londra, Tokyo, Francoforte, Zurigo, Shangai e l’indice Eurostoxx 50; gli altri indici del paniere, comunque sempre sotto la parità, chiudono il trimestre con perdite più contenute; tutto ciò nonostante il sostanziale buon andamento dell’ultima settimana del mese come si può ben desumere dal grafico sottostante.


E’ evidente come l’exploit della borsa giapponese (oltre il 4% di performance settimanale) e il generale buon andamento di ben dodici dei quindici mercati del nostro osservatorio abbiano consentito di chiudere il trimestre in minore affanno nella speranza di poter tornare alla crescita nel secondo trimestre che ricordiamo essere tradizionalmente generoso con gli investitori.

Vale però la pena di osservare quali diversi scenari hanno caratterizzato questi tre mesi.

Andiamo pertanto ad analizzare il mese di gennaio durante il quale il forte trend di crescita in atto da settembre non solo proseguiva ma addirittura si rafforzava. Il grafico successivo ci dà il quadro della forza e dell’ottimismo dei mercati nel mese di gennaio.


Quelli che vediamo sono infatti numeri significativamente soddisfacenti: un quinto del paniere vantava performance superiori al 10%, il quaranta per cento performance superiori al 4% e solo un mercato, quello britannico stazionava appena sotto la parità. Una delizia per gli investitori.

Poi il clima è cambiato all’improvviso e la volatilità, che se ne era andata in vacanza per mesi, si è improvvisamente risvegliata “regalandoci” un clima decisamente diverso come possiamo osservare nel grafico successivo.


Della positività di gennaio resta traccia solamente nella borsa carioca che nei mesi di febbraio e marzo riesce comunque a corrispondere agli investitori un risultato positivo, ancorché risicato, mentre tutti gli altri indici affondano. Troviamo i quattro giganti asiatici in testa per negatività seguiti a distanza di qualche punto dai principali mercati europei, Germania in testa, e dai due fondamentali indici statunitensi. In coda, con una perdita di soli due punti percentuali, la borsa moscovita che gode della tenuta del prezzo degli idrocarburi a cui è strutturalmente legata.

 

MERCATO OBBLIGAZIONARIO ACCHIAPPA-INVESTIMENTI ??


Se a inizio d’anno il mercato dei bond si presentava in tendenziale sofferenza con rendimenti in salita e scarso apprezzamento da parte degli investitori, sempre più attratti dalle sirene dei mercati azionari, ora lo scenario sembra essere, almeno temporaneamente, mutato.
La volatilità degli indici azionari sembra infatti aver indotto molti investitori a cercare protezione nel reddito fisso, altri stanno considerando la possibilità che uno scenario macroeconomico meno robusto delle attese possa ripercuotersi ulteriormente sulle quotazioni dell’equity e dunque le obbligazioni sembrano essere tornate, almeno temporaneamente, polo attrattivo della liquidità.

Il grafico successivo ci illustra l’attuale situazione.


Il decennale Usa remunera gli investitori con un tasso del 2,74% a fronte di un top nel trimestre del 2,89%, il che equivale a una riduzione di poco superiore al 5%, apparentemente modesta ma ricordiamo l’aumento del costo del denaro in Usa che avrebbe dovuto condurre a un trend di segno opposto. Sui titoli governativi l’effetto è più evidente. I tassi attuali, confrontati con i massimi registrati in questo primo trimestre, sono scesi  dal 35% relativamente al bund tedesco per scendere fino a un calo del 15% per il gilt britannico.

Il nostro Btp, che a inizio 2018 remunerava il 2% agli investitori e che nel corso del trimestre aveva raggiunto una punta massima del 2,16%, ora è sceso all’1,79%. In buona sostanza le obbligazioni sono di nuovo nel mirino degli investitori anche se ciò può rappresentare un rischio qualora lo scenario generale dovesse ritornare quello di inizio anno, ossia maggiore crescita, maggiori utili, maggiore inflazione e di conseguenza tassi più elevati. Uno scenario peraltro temporaneamente (??) intorbidito dalle attuali vicende innescate dal solito “esuberante” Trump direttamente (dazi) o indirettamente (Facebook) ma che dovrebbe chiarirsi entro pochissimi mesi sia in senso positivo che, pur non augurandocelo ovviamente, in direzione opposta.

Nel grafico successivo andiamo a raffrontare gli attuali tassi dei più significativi titoli decennali rispetto alla situazione di inizio anno.


EURO FORTE MA SOLO SUL DOLLARO

 
L’aumento del costo del denaro è finito in secondo piano rispetto alle note vicende che stanno occupando le prime pagine dei giornali economici in quest’ultimo mese e una maggiore forza del biglietto verde è rimasta lettera morta. Da ciò ne consegue, per la valuta comunitaria, che il rapporto di cambio con il biglietto verde, invece di indebolirsi nel corso del trimestre, si è dapprima  rafforzato per poi consolidarsi nei suoi confronti.

 

Come si può ben vedere l’euro, che partiva a inizio d’anno con un rapporto di cambio a 1,20, è andato rafforzandosi sono al raggiungimento della soglia di 1,25 per poi scivolare a 1,22 e, dalla fine di febbraio, oscillare intorno a quella soglia per attestarsi a fine trimestre a 1,23.
Ci si sarebbe dovuto aspettare un rafforzamento del dollaro quale conseguenza dell’aumento dei tassi americani, peraltro atteso dai mercati, ma le fibrillazioni successive e i timori dei danni che un’eventuale guerra dei dazi possa innescare, ha congelato la situazione.
Se volgiamo invece l’attenzione alle altre principali valute (yen, sterlina e yuan) ci accorgiamo che la forza dell’euro è andata gradualmente affievolendosi e da gennaio il trend rialzista si è moderatamente invertito. Da inizio anno l’euro, rispetto a sterlina e yuan, si è indebolito di circa l’1% mentre più evidente è l’inversione della forza nel rapporto di cambio con lo yen.

A seguire il grafico del rapporto euro-yen.



SETTIMANA DI DEBOLEZZA PER LE MATERIE PRIME


L’ultima settimana di marzo chiude in negativo per quanto riguarda le materie prime in genere ma soprattutto per il petrolio e l’oro. In perfetta contrapposizione all’andamento degli indici azionari, i  positivo, le commodities si indeboliscono nella misura dello 0,46% per quanto concerne l’indice Crb mentre più evidente è il calo di valore di petrolio (-1,30%) e oro (-1,60%).

A conferma di quanto precedentemente esposto non si evidenzia alcun surriscaldamento dei prezzi delle materie prime (crescita meno impetuosa) e l’andamento di un bene rifugio quale l’oro non denota a sua volta alcuna preoccupazione per qualsivoglia attesa di significative cadute degli asset azionari. Da ciò la sensazione di una profonda incertezza ma al contempo di fiducia nei confronti di una crescita economia ancora significativa e duratura.

 
 
UN MERCATO DA METTERE SOTTO STRETTA OSSERVAZIONE

 
A completamento di quanto appena affermato suggerisco di tenere sotto osservazione l’andamento del Nasdaq per valutare la possibilità o meno di ulteriore salita dei mercati azionari. Se è vero che il clima di fiducia è ancora piuttosto elevato è anche vero che a fungere da motore per il trend rialzista siano state per una buona fetta le grosse corporation dei social network. La vicenda di Facebook ma anche le modalità della tassazione in capo ad esse ha acceso un dibattito le cui conseguenze non sono certamente prevedibili e potrebbe trattarsi di un vero e proprio braccio di ferro non certamente indolore.

Alcune società hanno già dichiarato di non voler rinnovare i contratti pubblicitari con Facebook ma comprensibilmente il discorso è estendibile a tutti e, vuoi per una caduta generalizzata dei contratti vuoi per un inasprimento fiscale o per entrambi i motivi, ciò potrebbe tramutarsi in un vero e proprio innesco per un’inversione di rotta.

I motivi per cui i mercati  improvvisamente crollano sono i più disparati e questo lo potrebbe diventare; esserne a conoscenza e poterlo monitorare potrebbe sicuramente rappresentare un discreto vantaggio.

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