domenica 18 marzo 2018

MERCATI FINANZIARI AL 16/3/2018


QUANDO SI DICE VOLATILITA’ …

 
Sono trascorsi oltre due mesi e mezzo dall’inizio dell’anno e possiamo proprio affermare di avere visto un susseguirsi di
situazioni estreme e talvolta contradditorie. Partiamo dalla settimana appena trascorsa; a guardare il sintetico consuntivo del grafico di inizio articolo parrebbe che i mercati azionari dell’area euro insieme ai due mercati principali dell’estremo oriente, Tokyo e Hong Kong godano di buona salute mentre tutti gli altri stiano attraversando un momento di difficoltà o quantomeno di una pausa di riflessione.

Basta allargare la visione dall’inizio dell’anno e lo scenario appare radicalmente diverso.


Le borse americane si confermano in buona salute,  soprattutto il Nasdaq con una crescita di oltre l’8% ma ancor meglio dell’indice tecnologico il mercato brasiliano e quello russo, forti di performance più che soddisfacenti dell’11% e dell’8,65% rispettivamente. I soli mercati a far loro compagnia per positività sono quello italiano (+4,60%) e quello di Hong Kong, in crescita del 5,30%. Tutto il resto del paniere si trova sotto la linea dello zero e si tratta di oltre il 50% del nostro paniere.

Per capire i forti contrasti e l’ampia volatilità che hanno caratterizzato questo primo scorcio d’anno, effetti di cui si era persa memoria per tutto il 2017, basta aprire una finestra a quindici giorni e una a due mesi.


Marzo, almeno sino ad ora, è stato un mese piuttosto generoso di positività; fatta eccezione per i mercati Bric (Cina esclusa) sono tutti in ampio terreno positivo (ed è l’80% dei mercati del paniere); addirittura due terzi di questi hanno rendimenti collocati nel range +2%/+4,30% ossia in pieno recupero rispetto alla fase pesantemente ribassista di febbraio.
 
Se andiamo a considerare infine l’andamento degli ultimi due mesi, ossia il periodo che comprende la fase finale fortemente rialzista di inizio anno, la fase ribassista immediatamente successiva (che per molti mercati è coincisa con l’intero mese di febbraio) e il recupero di marzo, appena esaminato, possiamo ben comprendere quanto volatilità è improvvisamente spuntata dal nulla e come si possa complicare l’attività di investimento nei mesi ed anni a venire.  


Si evince in modo evidente che solamente due indici si posizionano in terreno positivo; si tratta dello S&P 500 e della borsa brasiliana. Tutti gli altri indici si trovano in territorio negativo con ribassi nella maggioranza dei casi compresi in una fascia che va dal -4% al -9,50%. Se volevamo un classico esempio di alta volatilità eccoci serviti.
 

IN ATTESA DEL “DEBUTTO” DI JEROME POWELL

Con la burrasca di questi due mesi si sono anche assopite le paure dell’inflazione, rientrata dai picchi di inizio anno a livelli più moderati sia in Usa che nell’Unione Europea, e la tensione sembra essersi allentata ma nei prossimi giorni l’attenzione si andrà ad appuntare sulla riunione della Fed nella quale si presenterà il successore di Janet Yellen, Jerome Powell, dato come sufficientemente indipendente rispetto a Trump ma dal quale ci si attende pur sempre un modesto ritocco dei tassi.
 
Se ciò accadrà sarà confermata la tendenza alla crescita del saggio si interesse (sponda americana) le cui conseguenze andranno prima o poi ad impattare sul mercato dei bonds con la conseguenza di un calo delle quotazioni correnti e con conseguenti perdite di valore degli asset obbligazionari. Sulla scorta di queste considerazioni da più parti si sollecita il mantenimento, se non addirittura l’incremento degli asset azionari nell’immediato futuro come se l’equity fosse del tutto impermeabile a un rialzo del costo del denaro. Staremo a vedere.

 

NEL FRATTEMPO I TITOLI OBBLIGAZIONARI …

 
Sembra essersi arrestata la corsa al mercato obbligazionario, avvenuta nel mese di febbraio, a seguito dei forti cali del mercato azionario e in queste ultime due settimane i rendimenti hanno subito delle limature allontanandosi dai massimi dell’anno.  Vediamo l’attuale situazione:


Il decennale Usa remunera gli investitori con un tasso del 2,85% che è lo stesso rendimento fissato durante la prima settimana di febbraio con i mercati azionari in subbuglio, tasso che comunque è in calo rispetto ai massimi delle scorse settimane quando ci si avvicinò alla soglia del 3%. Stessa sorte per gli altri governativi del nostro paniere, tutti in sensibile rientro dai massimi di febbraio, sottolineando che il bund, titolo rifugio dell’area euro, è più elevato del 35% rispetto a inizio anno. Unico titolo decennale in assoluto equilibrio dal 1^ gennaio, pur essendosi impennato dell’8% meno di un mese fa, il nostro btp. Ma andiamo ora a vedere la situazione attuale confrontata con i rendimenti di inizio gennaio.



L’EURO MANTIENE LA SUA FORZA SUL DOLLARO


Contrariamente a quanto avvenuto nel corso del 2017 in questo primo scorcio d’anno la forza dell’euro si è dapprima affievolita per poi invertire la rotta nei confronti delle valute del nostro osservatorio, eccezion fatta per il dollaro. Ciò in modo marginale nei confronti della sterlina e dello yuan cinese mentre l’indebolimento nei confronti dello yen è più marcato (-3,65%).
 
Vediamo l’attuale situazione:


Rispetto al dollaro invece la forza dell’euro permane ma la pressione verso il biglietto verde si è indebolita da febbraio. In coincidenza con la forte ascesa dei mercati azionari la valuta comunitaria arrivò a portarsi ad un rapporto di cambio in febbraio a 1,25 dall’1,20 di inizio anno ma poi è andato indebolendosi finendo sotto 1,23; l’euro resta pur sempre apprezzato di oltre il 2,4% sulla  moneta statunitense ma sembra per ora aver perso lo smalto dei mesi scorsi.

Salvo novità di provenienza Fed si può ritenere che nel breve il rapporto fra euro e dollaro possa restare in un range 1,22/1,26 salvo poi prendere una più definita direzione; molto dipenderà dal livello dei tassi Usa e dalla domanda di liquidità riveniente dal sistema produttivo statunitense (in crescita) e dalle necessità di copertura originate dall’applicazione della riduzione delle aliquote fiscali volute da Donald Trump.

 
SETTIMANA DI STABILITA’ PER LE MATERIE PRIME

 
Settimana piuttosto stabile per i prezzi delle materie prime (indice generale), oro e petrolio. In effetti questi indici avevano subito una forte impennata a fine gennaio ma poi sono andati indebolendosi successivamente a quella data. La scorsa settimana l’indice Crb ha perso marginalmente valore, -0,35%; stesso destino per l’oro (-0,70%) mentre un lieve rialzo  ha caratterizzato il mercato dell’oil, con il Wti salito dell0,23%.
 
Vediamo l’andamento da inizio anno del petrolio e dell’oro a conferma di quanto appena affermato.


 

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