lunedì 8 agosto 2016

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 186 – Brexit e finanza comportamentale



Abbiamo visto nella lezione precedente alcuni effetti della scelta britannica per Brexit. Essa si è poi riverberata anche fuori dall’isola inglese, come quando si getta un sasso in uno stagno e le onde si propagano. E così l’indice di “rischio politico”, cioè d’incertezza legata
alle vicende economiche indotta da instabilità politica, è salito in tutta Europa.


L’indice di rischio economico collegato alle vicende politiche è molto salito dalla fine dell’anno scorso e, dopo la Brexit, si è impennato. Fonte: Bloomberg modificata.
La ricerca di sicurezza, a seguito di Brexit, è giunta a livelli insospettabili un tempo, con conseguenze sorprendenti. Ormai i bond governativi con rendimenti negativi sono quasi dieci trilioni, per lo più giapponesi.



I bond governativi con rendimenti negativi sono quasi dieci trilioni, per lo più giapponesi. Fonte: Bloomberg modificata.
Comunque, uno dei tanti effetti della Brexit sarà quello di sgonfiare la bolla immobiliare, indotta anch’essa da una prospettiva di un futuro roseo che non sarà più tale, soprattutto a Londra. D’altra parte, se si considerano i rendimenti degli immobili e la media dei rendimenti di lungo periodo, si può notare che gli immobili di Australia, Canada e Gran Bretagna sono “cari”, mentre quelli statunitensi sono in linea con la media storica (come quelli italiani, ma di questo si è già parlato nelle lezioni passate: per questo punto cfr. Legrenzi & Massarenti, Raffaello Cortina editore, settembre 2016).



Valore degli immobili rispetto ai rendimenti. Se la media di lungo periodo è 100, e se i valori sono più alti della media, gli immobili devono scendere di prezzo per adeguarsi alla media di lungo periodo. Fonte: Economist modificata.
Alcuni commentatori vedono in questo episodio della Brexit, segnato dalla discesa di valore della sterlina, la continuazione di un trend di lungo periodo, simbolicamente collegato alla perdita di peso di quello che era una volta il centro dell’impero britannico. Forse chi ha votato Brexit ha ancora nel retro-pensiero un sogno di autonomia e indipendenza legato a questi ricordi di “grandezza” insulare, se non imperiale? Purtroppo per loro, il mondo globalizzato non funziona più così.



Il rapporto secolare mostra un continuo indebolirsi della sterlina rispetto al dollaro statunitense. Fonte: Bloomberg modificata.
E i giovani sono quelli che più si sono resi conto che un passato glorioso legato all’autonomia e alla fierezza insulare è scomparso per sempre. Esaminando i dati del voto disaggregati per età dei votanti, questa presa di coscienza emerge in modo evidente.



Come si vede dal grafico, la categoria che più ha votato per restare in Europa sono i giovani dai 18 ai 24 anni. Il loro futuro sarà influenzato dalle scelte delle persone anziane, quelle sopra i 45 anni e, soprattutto, i 55 anni. Fonte: Bloomberg modificata.
Le vicende della Brexit mostrano, ancora una volta, che la finanza comportamentale è una disciplina che è stata sfortunata nel nome che le è stato originariamente appiccicato, che è poi la traduzione di “behavioral finance”. Questo nome induce a credere che c’è la finanza teorica, e che poi c’è anche la finanza dei comportamenti osservabili e osservati, di quello cioè che le persone fanno. Questa contrapposizione è corretta. E tuttavia tende a nascondere, o se non altro lasciare sullo sfondo, il fatto che le persone fanno determinate cose spinte da certe emozioni e da certi pensieri. Le emozioni e i pensieri, ovviamente, non hanno a che fare soltanto con i fatti finanziari. E così succede che due forti motivazioni alla scelta di Brexit, di cui si è parlato nella lezione precedente, sono governate da quello stesso miscuglio di emozioni e pensieri che genera due fenomeni ben noti in finanza: la tendenza a acquistare le “cose di casa”, “le cose già conosciute bene” e a imitare i comportamenti altrui.
Proprio in relazione a Brexit, alcuni commentatori, come Marco lo Conte, ricordano:
… a determinare la scelta contraria della maggioranza degli inglesi, abbiamo due fattori che sono stati studiati da chi su occupa di finanza ma che si adattano anche agli accadimenti politici: l’home bias e l’herding.
Si tratta della tendenza a previlegiare ciò che conosciamo bene perché è di casa (home) e l’effetto gregge (herding), cioè la tendenza a imitare gli altri come le pecore in un gregge. In effetti: la forza iconica dell’Union Jack (la bandiera britannica) è di certo in grado di accendere gli animi ben più delle considerazioni sulle opportunità prodotte dai regolamenti comunitari. Comprensibile. (cfr. Marco lo Conte, Vota come investi. O forse è meglio di no?, Plus24-Il Sole 24 Ore, 2 luglio 2016, p. 18).
Si tratta insomma di un effetto di attenzione mal distribuita, analogamente a quanto accade nella gestione dei propri risparmi che in Italia hanno previlegiato quello che era vicino e noto (titoli di stato e reddito fisso), e quello che facevano tutti gli altri (immobili).
Si deve però non confondere usi diversi dello stesso termine, quando si parla genericamente di attenzione “concentrata su qualcosa”. L’attenzione può agire in modo automatico, senza che ce ne rendiamo conto, e può funzionare automaticamente solo per intervalli di tempo molto brevi. Al contrario l’attenzione data ai problemi e alle immagini simboliche che hanno prodotto Brexit, come sottolinea Marco lo Conte, poteva in teoria venire modificata e corretta con la riflessione e l’analisi, proprio come avviene nei (rari) casi di gestione più razionale dei nostri risparmi (cfr. P. Legrenzi e A. Massarenti, L’economia nella mente, Raffaello Cortina editore, 2016).

Nessun commento:

Posta un commento