Abbiamo
visto nella lezione precedente alcuni effetti della scelta britannica per
Brexit. Essa si è poi riverberata anche fuori dall’isola inglese, come quando
si getta un sasso in uno stagno e le onde si propagano. E così l’indice di
“rischio politico”, cioè d’incertezza legata
alle vicende economiche indotta da instabilità politica, è salito in tutta Europa.
alle vicende economiche indotta da instabilità politica, è salito in tutta Europa.
L’indice di rischio economico collegato alle vicende
politiche è molto salito dalla fine dell’anno scorso e, dopo la Brexit, si è
impennato. Fonte: Bloomberg modificata.
La ricerca di sicurezza, a seguito di Brexit, è giunta a livelli insospettabili
un tempo, con conseguenze sorprendenti. Ormai i bond governativi con rendimenti
negativi sono quasi dieci trilioni, per lo più giapponesi.
I bond governativi con rendimenti negativi sono quasi
dieci trilioni, per lo più giapponesi. Fonte: Bloomberg modificata.
Comunque, uno dei tanti
effetti della Brexit sarà quello di sgonfiare la bolla immobiliare, indotta
anch’essa da una prospettiva di un futuro roseo che non sarà più tale,
soprattutto a Londra. D’altra parte, se si considerano i rendimenti degli
immobili e la media dei rendimenti di lungo periodo, si può notare che gli
immobili di Australia, Canada e Gran Bretagna sono “cari”, mentre quelli
statunitensi sono in linea con la media storica (come quelli italiani, ma di
questo si è già parlato nelle lezioni passate: per questo punto cfr. Legrenzi
& Massarenti, Raffaello Cortina editore, settembre 2016).
Valore degli immobili rispetto ai rendimenti. Se la
media di lungo periodo è 100, e se i valori sono più alti della media, gli
immobili devono scendere di prezzo per adeguarsi alla media di lungo
periodo. Fonte: Economist modificata.
Alcuni commentatori vedono
in questo episodio della Brexit, segnato dalla discesa di valore della
sterlina, la continuazione di un trend di lungo periodo, simbolicamente
collegato alla perdita di peso di quello che era una volta il centro
dell’impero britannico. Forse chi ha votato Brexit ha ancora nel retro-pensiero
un sogno di autonomia e indipendenza legato a questi ricordi di “grandezza”
insulare, se non imperiale? Purtroppo per loro, il mondo globalizzato non
funziona più così.
Il rapporto secolare mostra un continuo indebolirsi
della sterlina rispetto al dollaro statunitense. Fonte: Bloomberg
modificata.
E i giovani sono quelli che
più si sono resi conto che un passato glorioso legato all’autonomia e alla
fierezza insulare è scomparso per sempre. Esaminando i dati del voto
disaggregati per età dei votanti, questa presa di coscienza emerge in modo
evidente.
Come si vede dal grafico, la categoria che più ha
votato per restare in Europa sono i giovani dai 18 ai 24 anni. Il loro futuro
sarà influenzato dalle scelte delle persone anziane, quelle sopra i 45 anni e,
soprattutto, i 55 anni. Fonte: Bloomberg modificata.
Le vicende della Brexit
mostrano, ancora una volta, che la finanza comportamentale è una disciplina che
è stata sfortunata nel nome che le è stato originariamente appiccicato, che è
poi la traduzione di “behavioral finance”. Questo nome induce a credere che c’è
la finanza teorica, e che poi c’è anche la finanza dei comportamenti
osservabili e osservati, di quello cioè che le persone fanno. Questa
contrapposizione è corretta. E tuttavia tende a nascondere, o se non altro
lasciare sullo sfondo, il fatto che le persone fanno determinate cose spinte da
certe emozioni e da certi pensieri. Le emozioni e i pensieri, ovviamente, non
hanno a che fare soltanto con i fatti finanziari. E così succede che due forti
motivazioni alla scelta di Brexit, di cui si è parlato nella lezione
precedente, sono governate da quello stesso miscuglio di emozioni e pensieri
che genera due fenomeni ben noti in finanza: la tendenza a acquistare le “cose
di casa”, “le cose già conosciute bene” e a imitare i comportamenti altrui.
Proprio in relazione a
Brexit, alcuni commentatori, come Marco lo Conte, ricordano:
… a determinare la scelta contraria della maggioranza
degli inglesi, abbiamo due fattori che sono stati studiati da chi su occupa di
finanza ma che si adattano anche agli accadimenti politici: l’home bias e
l’herding.
Si tratta della tendenza a
previlegiare ciò che conosciamo bene perché è di casa (home) e l’effetto gregge
(herding), cioè la tendenza a imitare gli altri come le pecore in un gregge. In
effetti: la forza iconica dell’Union Jack (la bandiera britannica) è di certo
in grado di accendere gli animi ben più delle considerazioni sulle opportunità
prodotte dai regolamenti comunitari. Comprensibile. (cfr. Marco lo Conte, Vota
come investi. O forse è meglio di no?, Plus24-Il Sole 24 Ore, 2 luglio
2016, p. 18).
Si tratta insomma di un effetto
di attenzione mal distribuita, analogamente a quanto accade nella gestione dei
propri risparmi che in Italia hanno previlegiato quello che era vicino e noto
(titoli di stato e reddito fisso), e quello che facevano tutti gli altri
(immobili).
Si deve però non confondere
usi diversi dello stesso termine, quando si parla genericamente di attenzione
“concentrata su qualcosa”. L’attenzione può agire in modo automatico, senza che
ce ne rendiamo conto, e può funzionare automaticamente solo per intervalli di
tempo molto brevi. Al contrario l’attenzione data ai problemi e alle immagini
simboliche che hanno prodotto Brexit, come sottolinea Marco lo Conte, poteva in
teoria venire modificata e corretta con la riflessione e l’analisi, proprio
come avviene nei (rari) casi di gestione più razionale dei nostri risparmi
(cfr. P. Legrenzi e A. Massarenti, L’economia
nella mente, Raffaello Cortina editore, 2016).
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