Se
avete seguito il caso greco, avrete visto che, nel fatidico fine settimana
dell’11 e del 12 luglio, la decisione finale è stata giustificata con un
pre-giudizio.
Pre-giudizio è un termine
che qui uso nel senso letterale e non malevolo della parola, cioè come un
giudizio dato in anticipo. In che senso la trattativa durante il week-end 11-12
luglio si è conclusa alla luce di un giudizio dato in anticipo, un pre-giudizio
nel senso neutrale del termine sopra specificato? Nel senso che la decisione
finale è stata motivata dal fatto che
Questa
sorte di pre-giudizio pone un quesito interessante che svilupperò in questa
lezione: il pre-giudizio può essere razionale?
Per rispondere a tale
quesito vi racconterò un esperimento che ricorda quello di Richard Thaler, di
cui si è parlato nella lezione precedente.
Nel 2003, all’Università di
Virginia negli Stati Uniti, alcuni studenti decidono di fare un po’ di soldi
accettando di partecipare a un esperimento concepito da tre economisti, Roland
Fryer, Jacob Goeree e Charles Holt. All’inizio l’esperimento sembrava poco più
di un gioco divertente, ma poi le cose presero un’altra piega.
I volontari vennero divisi
a caso in due gruppi. Metà assunse il ruolo di “datore di lavoro” e l’altra
metà di persone in cerca di occupazione. Ai disoccupati venne assegnato, sempre
a caso, uno di due colori: il bianco o il rosso. Gli studenti erano stati così
suddivisi grazie ai ruoli loro assegnati: padroni e aspiranti a un lavoro. E,
sempre indipendentemente da qualsiasi caratteristica personale, i potenziali
dipendenti si trovarono etichettati come bianchi o rossi. Chini sui loro
computer, e avendo a che fare solo con lo schermo interfacciato con la rete,
gli studenti parteciparono a una prova articolata in tre fasi.
Nella prima fase ai
disoccupati venne data una certa somma di denaro e si chiese loro se volevano
spenderne una parte per venire “istruiti”. Si spiegava inoltre che, se
istruiti, avrebbero più facilmente superato un successivo “test”, composto di
rompicapo e problemi simili a quelli del mio libro “6 esercizi facili” (Cortina
editore). Nella seconda fase i disoccupati facevano il test, il cui
punteggio in realtà era anch’esso casuale, perché corrispondeva all’esito del
lancio di un dado. Tuttavia il caso era sistematicamente ma leggermente
corretto a favore di chi in precedenza aveva scelto di istruirsi. Nella
terza fase del gioco i padroni decidevano chi assumere. Conoscevano solo due
cose dei candidati: i punteggi del test
e il colore.
Queste tre fasi vennero
ripetute venti volte. Via via che l’esperimento continuava, i datori di lavoro
conoscevano i punteggi dei candidati cumulati nelle prove precedenti e il
colore attribuito inizialmente. I
punteggi erano un’informazione utile per i datori di lavoro. Essi infatti
ricevevano dei dollari ogni volta che assumevano chi si era istruito, mentre li
perdevano se dopo l’assunzione si scopriva che il lavoratore non si era
istruito. I disoccupati sapevano che sarebbero stati pagati ogni volta che
avessero ottenuto un lavoro. E tuttavia all’inizio di ogni tornata del gioco
erano incerti se investire nella loro istruzione o risparmiare e tenersi i
soldi.
Che cosa successe? Nella
prima tornata del gioco i padroni guardarono solo ai punteggi del test per
decidere le assunzioni. La loro decisione non teneva conto del colore degli aspiranti.
Non avrebbe avuto senso: l’esperimento partiva con una tabula rasa. Il colore
bianco o rosso era del tutto irrilevante in occasione della prima giocata. E
tuttavia, tornata dopo tornata, i datori di lavoro potevano basarsi sulla
storia precedente. Se per caso era successo che più candidati bianchi avevano
pagato per venire istruiti nelle giocate iniziali, capitava che i loro punteggi
fossero leggermente più alti di quelli dei rossi. I datori di lavoro, sulla
base dei punteggi, assumevano un po’ più di candidati bianchi. Benché solo il
caso avesse assegnato i colori, i datori di lavoro scoprivano un po’ alla volta
che i bianchi erano più inclini a pagare per avere un’istruzione. E così
i bianchi vennero favoriti. Era meglio assumere un candidato bianco, anche se
il punteggio di quello rosso, in quella specifica tornata, era più alto, perché
era probabile che il bianco fosse più istruito. I bianchi, via via che si
accorgevano di venire assunti più spesso dei rossi, investivano in istruzione.
Viceversa i rossi risparmiavano il costo dell’istruzione perché si accorgevano
un po’ alla volta che, comunque, era meno probabile che venissero assunti. A
che cosa importava essere istruiti, visto che non venivano assunti proprio in
quanto rossi? E così si era instaurato un circolo vizioso che si perpetuava
rinforzandosi via via.
Alla fine dell’esperimento
ci fu una discussione libera in classe. Gli studenti rossi erano arrabbiati con
i datori di lavoro perché non li avevano assunti. E i padroni rispondevano:
“Non vi abbiamo scelto perché non avevate investito in istruzione”.
L’asimmetria iniziale era stata stabilita dal caso, ma poi si era consolidata.
Era così diventato razionale non assumere i rossi perché, essendo meno
istruiti, i datori di lavoro non ricevevano un premio.
Il vero paradosso non era
tanto la creazione ex novo di un pregiudizio, solo inizialmente innescato dal
caso. Il vero paradosso era il fatto che fosse più conveniente adeguarsi allo
stereotipo che si era formato sulla base del pregiudizio. Per i datori di
lavoro era diventato conveniente, cioè razionale in una prospettiva economica,
assumere più rossi che bianchi. Il loro comportamento era dovuto a una sorta di
profezia auto-avverantesi. Se un qualsiasi datore di lavoro non avesse
assistito al generarsi del pregiudizio, quando il colore era ancora casuale, ma
fosse intervenuto a metà gioco, per lui sarebbe stato ovvio, razionale e
plausibile preferire i bianchi ai rossi. E, dato che la maggior parte di noi,
quando diventa adulto, si trova in una società dove pregiudizi,
generalizzazioni infondate e discriminazioni sono già state costruite dalle
generazioni che lo hanno preceduto, è opportuno cercare di rimetterle in
discussione. Mossi da una sorta di dubbio sistematico ci poniamo il quesito: perché
i bianchi invece dei rossi? Perché sono più istruiti! E come mai sono più
istruiti? Perché etichette attribuite inizialmente a caso li hanno in seguito
favoriti. Se ricostruiamo questo percorso e rintracciamo le origini della
discriminazione, diventa più facile smontarla e combatterla. E tuttavia è
sempre un’operazione difficile, soprattutto quando, come nel caso greco, il
pregiudizio è condiviso. Questa condivisione ci riporta agli effetti delle
attese intrecciate che abbiamo trattato con l’esperimento di Thaler nella
lezione precedente.
E’ importante ancora una
volta rendersi conto della forza dei fattori mentali e psicologici, almeno sul
breve termine, a fianco delle variabili economiche. Se ci limitiamo a queste
ultime, il mondo non è del tutto comprensibile.
L’impatto dell’austerità in termini di taglio
dei budget pubblici in Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna. (Fonte:
International Monetary Fund, dati rielaborati).
Torniamo al caso greco ed
esaminiamo la figura che mostra l’impatto dell’austerità nei paesi cosiddetti
P.I.G.S. (non dimentichiamo che l’acronimo significa “maiali”, in inglese, a
proposito di pregiudizi!). Questa figura mostra che la Grecia è il paese
che ha fatto obiettivamente sforzi maggiori. E tuttavia le relazioni con il suo
ondivago governo hanno minato la reputazione dell’attuale classe dirigente
politica, proprio secondo il meccanismo illustrato nell’esperimento che qui vi
ho raccontato.
Il tasso di disoccupazione in Grecia, Spagna,
Italia, Portogallo e Irlanda dal 2008 al 2015. (Fonte: International Monetary
Fund, dati rielaborati).
Se esaminiamo i dati
sull’occupazione, troviamo tuttavia uno dei motivi “obiettivi” per la sfiducia
in questo governo: le cose avevano cominciato a migliorare con il governo
precedente. Questa leggera miglioria, pur all’interno di un quadro deteriorato,
è andata persa, secondo molti osservatori, con questo nuovo governo. Di qui la
sfiducia a priori: fin che non vedo, non credo. E tuttavia, con il semplice
esame di queste due tabelle (per quanto drammatiche), non si coglierebbe
l’eccezionalità del caso greco. La lettura economica di quello che è successo
non è sufficiente.
Il fatto che la lettura
economica non sia sufficiente è dimostrato dai pareri divergenti, se non
opposti, forniti da molti economisti. Questa diversità di opinioni ha
rinforzato l’atteggiamento dei politici inclini ovviamente a trattare la
questione in termini politici, tenendo cioè conto di come avrebbero reagito i
loro elettori in ogni singolo paese. E sappiamo bene dai sondaggi che molti
europei, soprattutto quelli delle nazioni del Nord, hanno forti pre-giudizi,
pregiudizi che si sono rinforzati negli anni secondo il meccanismo illustrato in
questa lezione.
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