domenica 12 luglio 2015

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 134 - Il decalogo anti-panico - Conclusioni sulla natura della paura



La sottovalutazione del cambiamento futuro, esaminata nella lezione precedente è dovuta a un atteggiamento, forse un po’ superbo, che ha effetti negativi sul lavoro, nel senso che questo ambito non è più affrontato come una sfida, via via che passano gli anni.

Ma l’atteggiamento in questione ha effetti molto più negativi sulla gestione del risparmio perché è un grande fattore motivazionale che giustifica ai nostri occhi il “fai-da-te”. E le conseguenze di questa “superbia” sono oggi palesi nella
distribuzione sbilanciatissima dei nostri risparmi. Rivolgersi a un esperto e affidarsi alla differenziazione dei risparmi fatta da un consulente è una scelta ovvia, ma solo quando accettiamo che il futuro non sarà una ripetizione del passato e che quindi l’unico modo di “assicurarsi” contro l’incertezza è la diversificazione dei risparmi.  Purtroppo qui gioca in senso negativo anche un altro fattore, e cioè l’affidabilità di quello che ci è noto, che conosciamo da vicino. In linea teorica, infatti, l’opinione circa il fatto che “il mattone non tradisce mai” non sarebbe perniciosa, ma solo a patto che applicassimo anche a questo credo il principio della diversificazione. Una tabella pubblicata in aprile 2015 dalla Banca Federale di Dallas illustra bene questo punto. Come si vede, dal 2013, il valore degli immobili è molto cambiato da paese a paese e, purtroppo, l’Italia è proprio il posto dove gli immobili sono andati peggio e tale andamento continua ancora nel 2015.
Tabella che mostra come un italiano avrebbe potuto giovarsi di una diversificazione nell’investimento immobiliare
(fonte: Banca Federale di Dallas)

 
Peraltro non è prevedibile a breve termine un forte rimbalzo dei valori italiani perché i prezzi italiani non sembrano sottovalutati rispetto a quello che rendono oggi gli immobili in Italia rispetto ai trend storici del passato (oggi sono gravati da tasse, balzelli e inefficienza della giustizia civile).
Questo risulta chiaramente dalla tabella dell’Economist qui riportata.
Sorgente: dati OECD, aprile 2015.
Se ci fossimo limitati ad acquistare gli immobili solo per ragioni di servizio, e cioè in sostanza la prima casa dove abitiamo, e poi, credendo comunque negli immobili come destinazione dei risparmi, avessimo acquistato una quota del valore degli immobili di tutti i paesi in via di sviluppo, avremmo fatta una scelta non basata sul nostro passato e sulle nostre conoscenze personali ma su un principio di razionalità e saggia diversificazione. In effetti un  qualsiasi ETF che replica i valori degli immobili nei paesi sviluppati è salito, negli ultimi cinque anni, di almeno il 50%, mentre in Italia gli immobili perdevano di valore. Morale: la colpa non è dell’investimento immobiliare in sé, ma dell’investimento immobiliare non diversificato, cioè concentrato in un piccolo paese la cui economia non va neppure molto bene e in cui la tassazione sugli immobili è in forte incremento. Anche qui la paura ha giocato un ruolo negativo ed è il fattore principale per spiegare come mai gli italiani si sono comportati così. 
Gli italiani hanno per lo più mentalmente suddiviso i loro risparmi in quegli investimenti che, secondo loro, danno tranquillità e quelli che possono invece creare timori. Le case sono la forma di risparmio più tranquilla: gli immobili sono “conosciuti” in quanto “familiari”, in tutti i sensi della parola. L’altra parte dei risparmi è quasi altrettanto tranquilla, cioè qualcosa che non ci riserverà sorprese: depositi bancari e titoli a reddito fisso. Tutto ciò agli occhi dei risparmiatori non cambia valore e quindi non fa paura. Purtroppo in realtà ha perso di valore e quindi è oggettivamente pericoloso come gli altri investimenti “volatili”. 
Questo atteggiamento di continuità rispetto al passato fa parte di una tendenza più generale che è stata descritta molto bene da Robert Musil nel romanzo L’Uomo senza Qualità. Musil si era accorto che le persone, giunte a una certa età, credono che il loro mondo non cambierà più. Avevano molte possibilità, da giovani, ma poi si «trovano davanti qualcosa che pretende d’essere ormai la loro vita e il loro lavoro». A quel punto gli adulti, riflette il protagonista del romanzo, Ulrich, «adottano la persona che è venuta loro», e giudicano le sue vicende “come il risultato delle proprie qualità personali. Essi hanno in realtà influito poco sugli avvenimenti, che sono cambiati con una loro logica autonoma. E tuttavia preferiscono credere d’aver scelto un destino che corrisponde alla loro personalità permanente e alle loro scelte di vita”. Ulrich si accorge di questa illusione, e non chiede di meglio che essere un uomo senza qualità.
Purtroppo anche gli investitori italiani, per un misto di superbia, inerzia e subalternità alle banche, si sono rivelati dei risparmiatori senza qualità. Pochi hanno approfittato sia del QE statunitense sia di quello europeo, che probabilmente non ha dispiegato tutti i suoi effetti essendo iniziato in ritardo rispetto a quello statunitense, i cui effetti sono stati regolari ed efficaci come si vede dalla tabella qui sotto riportata.
I proprietari di azioni si sono giovati delle diverse fasi del QE. Quanti italiani ne hanno approfittato?
(fonte: Bloomberg, 1 giugno 2015).

In conclusione, quello che colpisce in questa serie di lezioni sulla paura  è la forza della scissione tra pericolo e paura e  gli effetti potenti di tale scissione. Sembra che i meccanismi oggi contro-producenti della paura siano così forti da impedire qualsiasi apprendimento. Nel tentativo di allontanare da noi le paure (false), spesso mettiamo in pericolo (vero) i nostri risparmi.


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