domenica 23 novembre 2014

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 105 – Gli errori pericolosi si vedono sui tempi lunghi, ma noi temiamo quello che succede sui tempi brevi


In queste ultime lezioni della serie dedicata agli errori, vorrei concentrarmi su due fonti d’errore, forse le principali in relazione agli stili di pensiero e alle emozioni che possono danneggiare i nostri risparmi:
·         l’errore di non considerare i pericoli sui tempi lunghi, e di alimentare le nostre paure solo in base a quello che succede sui tempi brevi;
·         l’errore consistente nel non assumere la prospettiva altrui. Questo errore è la madre di tutti gli errori. Se, al contrario, ci si mette dai punti di vista degli altri, diventa anche più facile analizzare i dettagli delle questioni, invece di “farci una nostra idea”, e di non cambiarla più. Questa è una dote molto importante per il buon consulente, una buona pratica in cui può agevolmente allenarsi, facendo attenzione a non essere centrato su se stesso, e a vedere le cose con la testa del suo cliente.


Discuterò il primo tipo di errore, quello legato ai tempi, analizzando un caso tragico che si è verificato nella notte del 20 ottobre 2014. Si tratta di un incidente aereo. L’aereo del CEO di Total, decollando da Mosca, a mezzanotte, si è scontrato con uno spazzaneve presente sulla pista.
Ora, se domandate alle persone di che cosa hanno paura, quando devono viaggiare in aereo, la maggioranza dei “paurosi” dichiara di aver paura di cadere. Risposta comprensibile, perché un mezzo più pesante dell’aria può, per l’appunto, cadere. Eppure, se considerate la durata di un viaggio aereo, i dati statistici vi dicono che gli aerei stanno in aria per ore. E ciononostante il momento più pericoloso coincide con il breve periodo in cui si muovono a terra, quando atterrano e decollano.
In relazione a questo periodo di permanenza a terra, è intuitivo pensare alla possibilità di uno scontro tra due mezzi, come se fossero due automobili. In effetti, l’incidente con più morti avvenne nel 1977 alle Canarie, a Tenerife, quando due aerei si scontrarono, e morirono 583 persone. E tuttavia, gli scontri a terra più frequenti, nell’ultimo mezzo secolo, hanno coinvolto non aerei o mezzi meccanici lasciati sulla pista, come a Mosca, bensì animali. Degli 85 incidenti avvenuti a terra con aerei civili, in questi cinquant’anni, 55 hanno avuto a che fare con animali, anche escludendo il caso più frequente, che è quello di volatili che si ficcano nei motori. Gli aerei si sono scontrati con animali terrestri: mucche, buoi, cervi, maiali, orsi, e persino zebre, iene e giraffe (aerothman@bloomberg.net).
Tutti questi dati emergono da statistiche condotte sui tempi lunghi. Quest’analisi non ha nulla a che fare con le emozioni “sui tempi brevi”. Se un aereo ballonzola, o perde quota per un vuoto d’aria, in quel momento abbiamo paura, anche se sappiamo – in un altro cassetto mentale, che non ha nulla che fare con il primo cassetto – che un aereo è più sicuro. Questa separatezza ha un senso da un punto di vista evolutivo, e cioè in funzione dell’adattamento a quegli ambienti ostili in cui abbiamo vissuto per centinaia di migliaia di anni, e che ora soltanto riusciamo a ricostruire in dettaglio. Separare i pensieri e le programmazioni a lungo termine dalle emozioni provate istantaneamente era molto funzionale in ambienti ostili e ricchi di pericolo imprevisti perché permetteva di concentrare tutte le risorse cognitive ed emotive sul problema dove era stata diretta l’attenzione in quel preciso momento. Ancor oggi questo meccanismo è efficiente. Ed è adattevole in certi scenari, per esempio quando abbiamo un incidente, o un malore, o quando i pompieri devono affrontare un incendio, come ha dimostrato nel bel saggio “Sources of Power” lo studioso Gary Klein. Però funziona molto male in contesti in cui dovremmo usare solo la pianificazione a lungo termine, e astenerci dalle emozioni, le quali inevitabilmente subentrano in modo automatico se innescate dagli scenari che ci preoccupano molto o ci fanno paura.
In occasione della settimana borsistica che è terminata il 18 ottobre 14 - in cui si sono susseguiti sulle borse statunitense e europee forti ribassi con un successivo rimbalzo nel venerdì conclusivo, rimbalzo poi continuato - le cronache riportano la dichiarazione di David Wolf, un gestore del fondo statunitense Fidelity. “Mio padre è entrato in panico e ansia” – racconta Wolf, e ricorda: “Eppure mio padre è un professore di finanza in pensione”. Quello che Wolf vuol dire è che suo padre ha conosciuto per decenni la volatilità dei mercati. Inoltre il padre sa che sui tempi lunghi l’investimento azionario è per lo più imbattibile, e ha non solo insegnato tutto ciò da professore, ma lo ha anche praticato da pensionato.
La conoscenza di questi fenomeni noti agli addetti ai lavori non toglie che le emozioni abbiano una “vita a parte”, e che agiscano in un cassetto mentale separato, nel senso che funzionano indipendentemente da ciò che diventa vero solo sui tempi lunghi. Questa “vita a parte” è ancora più accentuata quando si diventa anziani e, se Wolf conoscesse la psicologia, si sarebbe stupito di meno del comportamento ansioso del padre.
E tuttavia Wolf ha ragione di preoccuparsi, perché le persone anziane temono eccessivamente la volatilità di breve termine, e questo le conduce spesso ad avere portafogli sbagliati rispetto alle loro prospettive a lungo termine. Soprattutto nel nostro paese, dove non fa paura mettere i risparmi in titoli di stato, immobili e conti correnti, legando così fatalmente i propri destini a quelli di un paese dal futuro non proprio brillante (la capitalizzazione della borsa italiana è l’unica, tra le principali al mondo, che non è cresciuta nell’ultimo decennio, cfr. il Sole del 22 ottobre 2014).
Eppure ci vuole molto tatto per convincere di questo i clienti, in particolar modo quelli meno giovani.

Il problema della separatezza dei cassetti mentali ci fa tornare al punto da cui siamo partiti, e cioè la capacità di un buon consulente di mettersi nei panni altrui. Nella prossima lezione analizzerò questo problema dal punto di vista dei clienti anziani, che non sono poi così rari.

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