lunedì 15 settembre 2014

SCHRODERS INSITE – PADOVA, SETTEMBRE 2014

Donatella Principe


Si è svolto questa settimana il primo incontro del dopo vacanze - a Padova - fra case di investimento e addetti ai lavori. A dare il via alla serie di incontri che porterà, non solo nella nostra città ma in tutto il Veneto, gestori, economisti e responsabili commerciali delle più blasonate società di investimento europee e nordamericane è stata Schroders.

Il meeting si è sviluppato sotto la regia di Giacomo Camisa e di Donatella Principe, quest’ultima assente da tempo da questi incontri a causa dei numerosi impegni che svolge per conto della società, il cui ritorno è stato accolto con calore da parte dei numerosi presenti.


Il titolo del tema ci dà già un’idea del focus e dei temi trattati: “L’inverno sta arrivando? “. Ovviamente il riferimento a quello climatico è puramente casuale.

Si è dunque partiti con una disamina della situazione economica mondiale. In termini di PIL reale Usa, Giappone e Germania sono tornate a superare il livello del 2007, anno di inizio delle turbolenze; al di sotto di questo livello rimangono stabilmente posizionati gli altri maggiori paesi dell’eurozona.
La crescita c’è, dunque, ma a macchia di leopardo ed è tuttora fragile e, come ben sappiamo, è stata  trainata dalle misure espansive americane e giapponesi ma siamo ormai verso la fine di queste politiche dato che l’eccezionalità degli interventi non può restare strutturale e il rientro alla normalità potrebbe ancora creare non poche difficoltà al mantenimento della timida crescita di queste aree.

Per l’Europa invece, stritolata dalla carenza di siffatte manovre, la crescita resta sostanzialmente un sogno e alcuni paesi stanno drammaticamente conoscendo una realtà di deflazione incombente che rischia di travolgere il benessere della nostra area economica. Ecco il perché degli interventi della BCE di questi ultimi mesi e l’apertura a ulteriori ipotetiche misure.

Ma Draghi è stato chiaro. Da sole non bastano e il perché è piuttosto evidente. Disoccupazione crescente, scarsa produttività, competitività in caduta libera in paesi importanti quali Francia e Italia, scarsità di appoggio creditizio alle famiglie e alle imprese (ma è pur vero che se il credito scarseggia anche i piani di investimento latitano o se ne stanno ben custoditi nei cassetti degli imprenditori che in questi anni hanno ridotto la loro attitudine al rischio d’impresa). E’ indispensabile che vengano attuate le riforme nei paesi maggiormente arretrati sotto il profilo dell’efficienza che, forse non a caso, sono concentrati soprattutto nella fascia mediterranea: senza di esse ogni misura sarà vanificata.
In questo quadro economico già di per sé fragile si innestano le tante crisi politico-militari in atto da tempo (Iran, Iraq, ecc.) a cui si aggiungono quelle assurte alla cronaca in questi ultimi mesi (Isis, Ucraina, tensioni cino-nipponiche, ecc.) dall’esito assolutamente imprevedibile.

La ripresa mondiale di fatto è a rischio.

Diversa è stata sin qui la situazione dei mercati finanziari. Il mega-flusso di liquidità che è stato immesso nei mercati ha trovato terreno fertile per la crescita sia di quelli obbligazionari (favoriti dal livello di tassi più basso della storia moderna) che di quelli azionari, a loro volta guidati dal faro dei succosi dividendi aziendali maturati in un quadro di ricercata efficienza ed abbattimento di costi. Il prezzo di tutto ciò è stato il fallimento e la chiusura di una considerevole quantità di imprese operanti al margine.

Dal 2009 le asset class dove è confluito il denaro degli investitori si sono rivelate positive a dispetto della crisi creando una forte divaricazione fra economia reale e finanziaria. Ma ricordiamolo bene. Sono stati gli aiuti e le politiche di sostegno a creare questa anomala situazione e tutto, prima o poi, deve rientrare nella normalità.

L’inverno dunque potrebbe essere alle porte: non possiamo attenderci trend duraturi di crescita finanziaria ma, all’incontrario in un futuro non troppo lontano, una maggiore volatilità e correzioni dagli attuali livelli. Saranno determinanti, per i tempi e l’ampiezza della volatilità, le decisioni in materia delle autorità economiche dell’area comunitaria. I mercati, nel frattempo, stanno scommettendo sull’assecondamento (seppur tardivo) di manovre espansive della BCE.

I mercati emergenti, che avevano trainato la crescita all’inizio del nuovo secolo,  hanno progressivamente rallentato la loro marcia che non decolla in quanto “vittime” della crisi occidentale, loro tradizionali mercati di sbocco. Da soli infatti non hanno l’energia e le risorse sufficienti per trainare la crescita globale e devono affrontare tutta una serie di riforme ed aggiustamenti interni al fine di evitare tensioni sociali al loro interno.

Che fare dunque?

Sui mercati obbligazionari permarranno probabilmente per un bel po’ tassi strutturalmente molto bassi e dunque bassi rendimenti e crescenti pericoli per perdite in conto capitale qualora prenda piede una crescita più credibile di quella attuale.

Sui mercati azionari gli spazi si sono altrettanto ridotti. I dividendi hanno raggiunto livelli ragguardevoli e senza il carburante delle masse liquide a basso costo degli ultimi anni difficilmente potranno mantenere i ritmi di crescita visti nell’ultimo lustro.

Le scelte si fanno dunque molto difficili. Possiamo individuare almeno 3 temi da caldeggiare:

  • ·         selettività dei titoli ma è oltremodo difficile da conseguire per il normale investitore, dunque ampio spazio a deleghe di settore in questo comparto;
  • ·         accurato ed elastico posizionamento sulle duration del reddito fisso, esercizio ancora più ostico per i risparmiatori. Dunque flessibilità ottenibile da prodotti in ciò specializzati;
  • ·         strategie alternative a supporto del contenimento del rischio e qui, aggiungo io, assolutamente pericolose da attuare senza validi supporti tecnici (prodotti ad hoc e capacità di misurazione del rischio).

Giacomo Camisa

Le mie personali considerazioni.

Possiamo considerare finita l’epoca della crescita finanziaria a prescindere, d’ora in avanti per l’ottenimento di rendimenti ancorché modesti si dovrà aumentare la volatilità del portafoglio, si dovranno misurare adeguatamente gli orizzonti temporali di investimento, ci si dovrà confrontare con una situazione strutturale di riduzione della ricchezza disponibile, dell’invecchiamento della popolazione che rende stretti i margini di manovra e, ultimo ma non meno importante, con una realtà produttiva in grave difficoltà.


Prima che di prodotti sarà meglio individuare un valido referente in grado di traghettare con capacità e sapienza i patrimoni familiari sottoposti a una situazione di benessere in costante riduzione verso i propri obiettivi vitali, non ultimo quello successorio convinto, come sono, che la prossima generazione sarà meno abbiente di quella attuale.

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