domenica 26 gennaio 2014

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 68 – Perché è importante la relazione con il consulente. Effetto, disposizione e rimpianti.


Nella lezione precedente ho ricordato come azioni e obbligazioni abbiano variato in modo decorrelato dal 2009 fino alla fine del 2013, se prendiamo come riferimento per le azioni l’indice americano S&P500 e, per le obbligazioni, i titoli del tesoro decennali americani. Questa “sfasatura” ha caratterizzato anche le crisi del 2001 e del 2008, quando le obbligazioni hanno fatto da cuscinetto, hanno cioè ammortizzato le discese violente della maggior parte delle componenti azionarie di un portafoglio articolato (cfr. Economist, 21 dicembre 2013, p. 98). Ecco i vantaggi di una buona diversificazione.


Ovviamente lo stimolo monetario della Federal Reserve non durerà per sempre. E dopo? Dopo ci muoveremo in territori nuovi, non esplorati prima, e non saremo quindi guidati più che tanto dall’esperienza passata. Ricorderemo indubbiamente l’anno che è appena terminato, il 2013, come l’anno delle azioni, anche perché se guardiamo il rapporto prezzi/utili, vediamo che il numeratore (prezzi) è cresciuto molto più in fretta del denominatore (utili). Quindi i prezzi sono cresciuti in proporzione molto più degli utili. E anche questo non durerà per sempre, a meno d’incappare in una mega-bolla. Sui tempi lunghi, comunque, si torna alle medie storiche: ma ci vuole molta pazienza! Secondo l’Economist del 21 Dicembre (p.98), dopo un 2013 anno “per eccellenza” delle azioni, il 2014 potrebbe riservarci sorprese, dato che il rapporto prezzi/utili, aggiustato per il ciclo, è di circa 25. Storicamente comprare azioni con un p/e pari o superiore a 25 non ha dato grandi frutti nel decennio successivo.
 
Quello che i consulenti devono ricordare nei loro rapporti con i clienti è il funzionamento della testa della maggioranza dei clienti, e cioè la loro difficoltà ad accettare il concetto di diversificazione e, quindi, ad accettare la necessità, anzi l’opportunità, di rimpianti, almeno per una minoranza delle fette di cui è costituita la torta del portafoglio.

Molte misurazioni – facili da fare in finanza perché tutto è quantificabile grazie a informazioni chiare, almeno in relazione al passato – hanno mostrato che il comportamento della maggioranza dei clienti, a fronte di variazioni all’interno di portafogli diversificati, è psicologicamente comprensibile, ma razionalmente non sempre giustificabile. I titoli su cui il singolo e specifico cliente ha guadagnato in passato, possono continuare a salire, mentre quelli in perdita non necessariamente si rifanno. Già Lewellen, Scharlbaum e Lease (1979) avevano notato la tendenza dei risparmiatori a non diversificare bene, e a non affidarsi a esperti, tendenza che poi verrà attribuita all’effetto disposizione (cfr. lezioni precedenti).

Lo studio classico, il più noto e citato, è stato condotto da Terrence Odean, che ha esaminato diecimila transizioni di clienti di una famosa casa di brokeraggio dal 1987 al 1993. Per ogni vendita Odean ha computato la quantità di guadagno o di perdita arrecata al portafoglio del cliente, scoprendo che quando gli investitori si disfano dei winner (i titoli che stanno guadagnando), la vendita rappresenta il 23% dei guadagni totali del portafoglio. Invece le vendite dei loser (i titoli su cui stanno perdendo) corrispondono soltanto al 15,5% delle perdite teoriche del portafoglio, cioè di perdite subite sulla carta ma non ancora realizzate. In conclusione, gli investitori sono per il 50% più inclini a vendere un winner rispetto a un loser.

L’effetto disposizione, avendo radici psicologiche e non finanziarie, non è limitato al comportamento degli investitori in Borsa. Per esempio, i prezzi delle case a Boston sono saliti di più del 150% dal 1982 al 1989, per poi perdere il 50% nei successivi quattro anni. Quelli che avevano comprato una casa ai picchi del mercato, vincolavano l’agenzia a prezzi di vendita più alti, in media di un terzo, rispetto a coloro che non l’avevano comprata ai picchi. Queste richieste erano volte a evitare di innescare rimpianti. Chi non era in queste condizioni, e anzi poteva gioire del presunto orgoglio di un acquisto oculato (fortunato), suggeriva all’agenzia dei prezzi più realistici. Riusciva così assai più spesso a portare a termine la vendita della casa. I primi, più o meno consapevolmente, desideravano evitare il rimpianto, e finivano per tirare per le lunghe. Si trovavano così spesso costretti a una vendita a un prezzo ancor più basso rispetto a chi aveva concluso la vendita più rapidamente. Lo stesso sta avvenendo in questi ultimi anni sul mercato delle case residenziali nella città dove abito, Venezia, e suppongo in molte altre città italiane.


 Questo fenomeno di inerzia psicologica, di vincolo irrazionale a quello che ci è successo in passato, e che oggi è ormai immodificabile, risulta evidente dal fatto che i tempi necessari a concludere una vendita si sono molto allungati. I mercati sono diversi, ma la mente umana funziona sempre allo stesso modo. E gli ingredienti per fare le ricette sono sempre i medesimi: rimpianto, gioia, incertezza ed effetto disposizione. Con questi ingredienti è difficile preparare la torta della diversificazione, ancora più difficile, se l’abbiamo preparata bene, evitare poi i rimpianti. Attenuarli è il compito del consulente, se è riuscito a stabilire una buona relazione. La buona relazione è cruciale: solo lei permette di superare questi ostacoli! Il ragionamento e la riflessione non sono quasi mai sufficienti. Relazione, relazione, relazione.

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