giovedì 25 aprile 2013

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 31 – Spiegare e comunicare la diversificazione



Finora abbiamo considerato la diversificazione come tecnica per costruire i prodotti finanziari da parte di chi sta nelle fabbriche, e cioè gli addetti ai lavori che gestiscono i fondi. Le cose diventano più delicate quando si tratta di presentare la diversificazione al cliente finale da parte del consulente che illustra le caratteristiche di un prodotto di una data fabbrica.

Al cliente viene spontaneo domandarsi come mai l’esperto non sappia giudicare quale o quali di queste numerose possibilità siano da preferirsi rispetto alle altre. In tutti gli altri campi, almeno quelli in cui ci si rivolge aa esperti, questi conoscono per solito quale sia la strategia migliore da adottare in ogni tipo di scenario per quello specifico cliente. Il dietista ci consiglia la dieta più adatta a noi, l’agenzia di viaggi la località di vacanze consona ai nostri gusti, l’avvocato individua la procedura di separazione legale più adatta
a quella crisi matrimoniale, il medico indica la migliore cura, l’amico conoscitore della città suggerisce il miglior ristorante di pesce, e così via. In campo finanziario, no. Qui si deve ammettere che il futuro è largamente ignoto: per affrontare questa incertezza ci si difende ricorrendo a una strategia che ne minimizza i rischi. E non tutti i rischi sono calcolabili. Oltre alla misura dei rischi, basata sulle stime degli andamenti passati di un titolo o dei mercati, troviamo la nebbia dell’incertezza. Tale nebbia si dirada con il progressivo avvicinarsi del futuro, e con il suo diventare presente, per poi congelarsi in un passato immodificabile. Questo fatto non è di comprensione immediata per il cliente finale che potrebbe spontaneamente dare più fiducia a un consulente pronto a dichiarare di conoscere con certezza quali titoli, quali mercati, quali valute, e così via, si riveleranno in futuro i migliori.

In altre parole non è banale spiegare e consigliare strategie di diversificazione. Di fatto sono spesso adottate delle strategie di comunicazione intermedie: non si sa quali azioni o mercati andranno meglio, ma si ritiene che un dato settore, come quello del lusso, sia da preferire per quel tipo di cliente, co quella prospettiva temporale e quel profilo di rischio. Si preferisce quindi sovra-pesare questo tipo di allocazione rispetto a altre.

Di conseguenza, quelle che sono adottate sono spesso delle strategie miste, dove la diversificazione finanziaria è presentata non in termini assoluti, dichiarando una totale incertezza, ma favorendo alcune soluzioni su altre, considerandole più adatte a quello specifico cliente. Si adotta cioè un approccio che possiamo chiamare “sartoriale”, recuperando così in parte la nozione intuitiva di un esperto che sa quel che è meglio per ogni tipo di cliente. Ciononostante si è sempre su un terreno molto diverso da quello dell’amico che ci consiglia il miglior ristorante di pesce di quella località, a noi sconosciuta e, poi, il miglior vino per quel tipo di pesce. Il consulente esperto deve, in fin dei conti, spiegare al cliente finale che lui, come tutti gli altri, sa di non sapere e che agisce in modo da ammortizzare tale ignoranza.

Ciononostante, questo suo ignorare il futuro è guidato da una preparazione e conoscenza che permetterà al cliente di affrontare questo futuro con molti meno rischi rispetto a scelte fatte di testa sua. Non è un concetto facile da assimilare. La letteratura mostra che molti consulenti finanziari, pur conoscendo la nozione corretta di diversificazione, si rivolgono ai clienti spiegando loro una strategia semplificata, basata sulla diversificazione ingenua 1/n. Non solo, persino chi insegna finanza nelle università statunitensi non tiene conto della varianza delle singole fette del portafoglio, e della loro correlazione reciproca, ma adotta una diversificazione “semplificata” per costruire il suo portafoglio personale. L’adozione di tale strategia conduce a esiti non così diversi rispetto a quelli che caratterizzano chi insegna letteratura inglese, che è ovviamente meno conoscitore della materia (A.M. Hibbert et al., Can diversification be learned? The Journal of Behavioral Finance, 2013, vol.13, pp 38-50).

Nonostante la difficoltà tecnica della nozione di diversificazione, e i connessi problemi di computo, già avere familiarità con il concetto, grazie a un minimo di educazione finanziaria, ha effetti positivi sulle scelte bdi portafoglio (cfr. Cavezzali, Gardenal, Rigoni, Alfabetizzazione finanziaria e asset allocation dei non esperti: uno studio sperimentale. Analisi Giuridica dell’Economia, 2012, 1, 107-133, cfr. anche su quel  numero della rivista l’articoldi di Nadia Linciano sulla consulenza finanziaria).

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