lunedì 11 febbraio 2013

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 22 – Aggregazione delle scelte


Il meccanismo dell’aggregazione delle scelte produce effetti forti e sorprendenti. Possiamo persino chiedere a una persona singola, incerta circa il valore di una stima, di esprimerla servendosi di una forchetta di valori, cioè individuando un numero minimo e uno massimo tali da identificare un intervallo entro cui cadrà la risposta (per esempio: a quanto sarà il DAX a fine 2013? Risposta possibile: tra 7.000 e 8.000). Poi, una volta eseguito questo compito, possiamo chiedere alla stessa persona di fare una seconda stima, formulando un’altra forchetta. Scopriremo così che, dopo averci pensato su e aver fatto una seconda valutazione, si è più accurati se si aggregano le due stime e ci si basa sul valore risultante (cfr. Herzog e Hertwig, The Wisdom of Many in One Mind: Improving Individual Judgements with Dialectical Bootstrapping, Psychological Science, 2009).

Si è più accurati, quindi, quando si fa la media delle due previsioni rispetto al valore delle due previsioni singole. La media corregge parzialmente gli errori presenti nelle due stime. E’ come se scomponeste un individuo in più persone, che fanno valutazioni diverse nel tempo, e poi calcolaste la media dei differenti giudizi. In questo caso non aumenta la precisione, ma l’accuratezza (ricordate la differenza: una stima sembra apparentemente più precisa di due - che esprimono dispersione nei giudizi - ma la media delle due è più accurata di ciascuna). Naturalmente le persone non sono consapevoli di questo meccanismo. Se lo fossero, in molti casi sarebbero meno impulsive.

Questo non vuol dire che sia sempre vantaggioso mettersi ad aggregare disinvoltamente previsioni provenienti da fonti diverse. Questo fenomeno, che è stato spesso chiamato “La saggezza delle folle” (the wisdom of crowds) funziona solo a precise condizioni. Per esempio, i mercati finanziari potrebbero venir concepiti come dei grandi aggregatori di scelte dei singoli operatori ma non abbiamo una registrazione delle scelte dei singoli - fatte in modo indipendente - in modo da confrontarle con i valori risultanti dall’aggregazione, che sono poi quelli a noi noti. Anzi è dubbio che le valutazioni siano fatte in modo indipendente, e non sulla base di un effetto gregge e di imitazioni reciproche, e quindi non si può parlare di condizioni adeguate per una aggregazione corretta.

I punti rilevanti da tenere presenti quando si usa la metodologia dell’aggregazione delle stime sono i seguenti:

1)      le previsioni da parte di più esperti, fatte in modo autonomo e relative a un futuro incerto, se aggregate, sono più accurate delle previsioni fatte dalla maggioranza dei singoli esperti. Per esempio, se aggregate le stime di molti economisti, la valutazione risultante prevede gli eventi futuri meglio delle stime della maggioranza dei singoli economisti. Questo non implica che la media così ottenuta sia meglio delle previsioni di tutti gli economisti. Alcuni economisti o esperti di finanza prevedono meglio di quella che è la media delle previsioni di tutti. E tuttavia non sappiamo se si tratta di abilità o fortuna (per controllarlo basta andare a vedere se un economista prevede sempre meglio della media; spesso, se si fa questo controllo, si resta delusi: ricordate il dialogo di Calvino circa la precisione e accuratezza nella gara tra arcieri?). I giornali, in seguito, si concentrano su chi ha azzeccato il futuro e questo ci induce a credere che l’abilità sia molto più importante del caso.

2)      Il principio dell’aggregazione, cioè della saggezza delle folle, funziona solo se le singole stime - che poi andate ad aggregare - vengono fatte del tutto indipendentemente le une dalle altre. La presenza invasiva e potente dei media rende difficile ottenere tali condizioni al di fuori degli esperimenti o dei sondaggi costruiti in modo da ottemperare rigorosamente a questo criterio. Esiste un effetto gregge che impedisce di ottenere i benefici dell’aggregazione, soprattutto nel campo dei mercati finanziari, dove tutti seguono le previsioni di tutti gli altri. Addirittura tali previsioni sono indicate da numeri (i future), a differenza di quanto avviene nello sport (se non nel mercato delle scommesse, che esprimono in effetti “l’attesa media” di un risultato).

3)      La presenza dei media (giornali e TV) tende ad esaltare le previsioni azzeccate dei singoli. Inoltre gli eventi, giorno dopo giorno, vengono presentati - ogni volta - come di estremo “spicco”. L’opinione corrente risente proprio dal flusso quotidiano dei media e trascura le tendenze a lungo termine, che non sono quindi percepite dal grande pubblico. Tutto ciò fa sì che giudicare i mercati finanziari servendosi di medie storiche ottenute su lunghe durate (come i 110 anni delle lezioni precedenti) sia illuminante per gli studiosi ma al contempo illusorio per la massa dei risparmiatori. Illusorio perché non corrisponde alle intuizioni dei più e alle loro decisioni a breve-medio termine. Infine è incongruente rispetto ai ritmi dei processi di attenzione condivisi dai media (agenda setting, nel gergo tecnico). La mente umana è colpita dai “picchi”, dalle “deviazioni” rispetto a ciò che ritiene consueto, da ciò che si presenta come straordinario e non da fenomeni di  lunga durata. La diffusione delle informazioni, giorno dopo giorno, sfrutta questo atteggiamento.

4)      Le stime provenienti da diverse fonti indipendenti devono essere di natura quantitativa, non qualitativa, e si deve anche conoscerne il grado di certezza in termini probabilistici. Poniamo che le previsioni abbiano a che fare con un problema molto rilevante per il futuro dell’economia mondiale e cioè l’evoluzione della Cina verso un sistema democratico o la sua implosione per le tensioni interne a un sistema autocratico (le autorità cinesi, per esempio, hanno recentemente deciso di schedare tutti i siti internet). In scenari come questi non ha alcun senso aggregare le stime di ottimisti e pessimisti. Come osserva Robert Kehoane:  “Gli scienziati conoscono il grado di probabilità associato alle loro previsioni. I politologi dovrebbero cercare di imitarli. Allo stato attuale chi è interessato al futuro degli assetti mondiali deve seguire il consiglio del fisico Niels Bohr: cercare di non fare previsioni, specialmente se hanno a che fare con il futuro (Foreign Affairs, luglio-agosto 2012)”.

Alla fine del 2012, gli statunitensi avevano per lo più una visione pessimistica della loro società e, in particolare, di come andavano l’economia e la politica. Eppure Greg McKune (Reuter, 1.1.2013), commentando il pessimismo presente nei risultati dell’ultimo sondaggio IPSOS del 2012, ricorda tutte le difficoltà e i problemi di  lungo periodo della società statunitense che sono migliorati nel corso del 2012. Solo pochi opinionisti statunitensi hanno notato e commentato i seguenti fatti: istruzione, più del 30% di venticinquenni ha terminato il college, il più alto livello dal dopoguerra (2012 come punti di svolta); debiti dei consumatori, stanno calando dai picchi pre-crisi (2012 come punto di svolta). Beneficienza: non ha risentito più che tanto della crisi, ed è in crescita; cancro e fumo entrambi in calo: fuma ormai solo il 18% degli adulti e dal cancro si guarisce sempre più spesso. Maternità dai 15 ai 19 anni di età: in forte calo (2012 come punto si svolta); obesità e guida in stato di ubriachezza: in calo (2012 come punto di svolta). Pene di morte: in calo; inquinamento atmosferico e quantità rifiuti: entrambe in calo.
Queste tendenze, accentuatesi nel 2012, sono tutte positive e talvolta corrispondono a dei punti di svolta. Non sono state però messe in luce agli occhi dell’opinione pubblica. Si tratta, infatti, di miglioramenti sul lungo periodo, trascurati dai media che esaltano le differenze (spesso negative) con un ritmo giornaliero o settimanale. Tipico è il caso dei mercati azionari (vedi sopra), dove le notizie escono continuamente, giorno dopo giorno e, per di più, vengono enfatizzate soprattutto quelle negative.


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