sabato 17 novembre 2012

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 9 – Effetto placebo e consulenza nella gestione dei risparmi


Comunemente si crede che il processo scientifico sia un avvicinamento graduale alla “verità”, nel senso che sappiamo sempre meglio come funziona il mondo (nel caso della psicologia quella parte del mondo che è la specie umana). In realtà, ciò che aumenta è la quantità d’ipotesi false sul funzionamento del mondo, poiché si tratta d’ipotesi che sono state respinte. La finanza comportamentale, con i suoi esperimenti, è stata molto efficace nel dimostrare che la mente umana, in quest’ambito, non funziona come quella del nuovo angelo dell’economia.
 

E’ stato relativamente facile , con un lavoro trentennale, trovare dei contro-esempi alle previsioni della finanza classica. E’ stato molto più difficile costruire la finanza comportamentale come una teoria unitaria. Ancora oggi non ci siamo riusciti.

In questa lezione tratteremo il rapporto tra la finanza comportamentale e l’effetto placebo.

Che cos’è l’effetto placebo?

Immaginate di essere un ricercatore che deve controllare l’azione di un farmaco che si pensa curi la depressione. Per controllare l'efficacia del farmaco, ricorrete a un numero elevato di volontari. Il loro compito consiste nel valutare quanto si sentono allegri giudicando il proprio stato d’animo con una scala che varia da 1 (depressione profonda) a 7 (beatitudine). Poniamo che l’autovalutazione media dei soggetti sia pari a 4,3. In seguito è somministrato il farmaco e si attende che circoli nel sangue. A questo punto i soggetti procedono a un’altra autovalutazione e si scopre che il valore medio è salito a 6,1. Un’elaborazione statistica dei dati – che tiene conto della variazione interna al gruppo e dell’incremento da 4,3 a 6,1 – vi dice che la differenza è rilevante, poniamo, allo 0,005 (cioè ci sono meno di 5 probabilità su 1000 che sia dovuta al caso). A questo punto vi sembra di poter concludere che la somministrazione del farmaco ha come effetto il miglioramento dell’umore delle persone.

Questa conclusione è infondata. Che cosa fa, invece, uno sperimentatore esperto? Divide i volontari in due gruppi e a uno di essi rivela il punteggio di autovalutazione prima e dopo la somministrazione del farmaco, proprio come nel caso descritto. I soggetti dell’altro gruppo sono trattati nello stesso modo ma, invece del farmaco, ricevono sostanze inattive (per esempio amido). Supponiamo che, così facendo, il ricercatore scopra che anche in questo caso i punteggi dell’autovalutazione salgano da una media di 4,3 a una media di 6,1. Come potrebbe spiegare questo risultato? Questo secondo gruppo esibisce un comportamento noto agli psicologi e ai medici: le persone rispondono ai farmaci e alle terapie nel modo in cui pensano “dovrebbero” rispondere. Credendo che il finto farmaco sia efficace, ci si convince di averne tratto giovamento. Si parla di “effetto placebo”. E’ un effetto robustissimo. Studi recenti mostrano che più del 90% dei farmaci utilizzati fino al XX secolo erano creduti efficaci in conseguenza dell’effetto placebo.

Quest’ultimo ha trionfato grazie all’avvento delle psicoterapie come forme di terapie di massa. Oggi è trasmigrato nella finanza comportamentale. Le persone si convincono della bontà dei consigli che danno a sé stesse grazie all’effetto placebo e così si auto-convincono della loro efficacia. Non procedono a un controllo sistematico degli effetti delle credenze che usano nel gestire i loro risparmi. Quindi non credono che dovrebbero essere consigliate da un esperto che farebbe il loro bene più di quanto non lo facciano loro o, per lo meno, il bene dei loro risparmi.

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