domenica 16 settembre 2012

Gli aspetti insoliti della finanza comportamentale in un ciclo di lezioni a cura del Laboratorio Swiss & Global frutto della collaborazione fra questa primaria società e l’Università Ca’ Foscari


Nel 1952 la rivista “The Journal of Finance” ospitava un articolo di quattordici pagine denso di formule, “Portfolio Selection”, scritto da un venticinquenne che stava orientando il suo interesse di ricercatore verso l’economia dell’incertezza, come racconta lui stesso: “in particolare le argomentazioni di Von Neumann e Morgenstern relativi alla utilità attesa”.
L’articolo non ebbe particolare risonanza nella comunità scientifica, ma non c’è niente di meglio di un premio Nobel per portare all’attenzione del grande pubblico il lavoro del premiato. Quando nel
1990 Harry Markowitz vinse con Merton Miller e William Sharpe il Premio Nobel per l’Economia, quell’articolo divenne lo spartiacque nella storia della gestione di portafogli di investimento.
Nel marzo 1952 nacque quella che oggi conosciamo come la “Moderna Teoria del Portafoglio”. Negli anni ‘90 fu tutto un parlare di frontiere efficienti, media varianza, performance “aggiustate per il rischio”, ottimizzazioni di portafoglio.
Le banche e le società di gestione cominciarono ad assumere massicciamente laureati in matematica, statistica e fisica, nacquero i primi “Quant Department” ovvero team di matematici che applicavano ai mercati modelli quantitativi di ottimizzazione.
Quando nel 2002 il premio Nobel per l’Economia venne assegnato ad uno psicologo per il suo lavoro nella finanza comportamentale, gli operatori alzarono la testa dai modelli per scoprire che nella realtà l’homo oeconomicus non esiste, che gli individui non agiscono secondo criteri di razionalità ma sono sempre condizionati dai propri limiti, dalle emozioni, dalle informazioni e dalle competenze imperfette.
Ma allora chi ha ragione, o meglio, cosa è più utile, la moderna teoria del portafoglio che descrive il funzionamento dei mercati con eleganti modelli matematici, o è invece più adeguata la finanza comportamentale che descrive come funziona la testa degli individui e dunque il loro comportamento?
La domanda è volutamente ingannevole: naturalmente sono utili entrambe.
Harry Markowitz ha avuto il grande merito di ricondurre il rischio dalla dimensione impalpabile di concetto (le obbligazioni sono meno rischiose delle azioni) alla dimensione concreta e misurabile di numero (la deviazione standard) e ha portato in evidenza la nozione cruciale di correlazione: una coppia di titoli assicurativi ad esempio non costituisce una diversificazione forte come quella data da un titolo assicurativo ed uno industriale (nei termini tecnici della teoria di portafoglio, la co-varianza della seconda coppia è inferiore alla co-varianza della prima coppia costituita da due titoli del medesimo settore).
D’altro canto la finanza comportamentale ha il merito di evidenziare i limiti della (presunta) razionalità, ammonisce che le regole dei mercati finanziari sono controintuitive e il loro contrasto con la natura umana richiede un maggiore impegno per evitare errori.
Meglio ancora, è opportuno frapporre qualcuno, come un esperto o un Consulente Finanziario, tra le scelte di investimento e le emozioni che inevitabilmente condizionano i comportamenti: nessuno rinuncerebbe ad un avvocato in una controversia giudiziale, o a un chirurgo nel caso di bisogno, eppure molti investitori pensano di poter “fare da sé” la propria pianificazione finanziaria.
Anche pensando alla necessità del Consulente finanziario, cioè tenere insieme la tecnica con la mente, nasce la collaborazione di Swiss & Global con l’Università Ca’ Foscari che ha dato origine a un Laboratorio di Economia Sperimentale sotto il coordinamento del Professor Paolo Legrenzi: un luogo di studio della percezione, dei processi di ragionamento e di quelli di decisione, della influenza della società sul comportamento umano.
Spunti di ricerca interessanti che, nella parte più sperimentale, saranno di una certa utilità a chi si occupa di gestione e di consulenza alla clientela.
Da qui un piano di “lezioni” al fine di esemplificare gli aspetti della “irrazionalità umana” offrendo ai Consulenti nozioni e spunti di approfondimento utili al difficile lavoro di “gestori di emozioni”.
 Dato che questa iniziativa ha parecchi punti di contatto con la mia iniziativa già in corso di educazione finanziaria ho pensato di affiancare al ciclo dei articoli  già in corso la pubblicazione sul mio blog degli articoli che verranno pubblicati dal Laboratorio Swiss & Global con l’accortezza di riconvertirli, se utile, in un linguaggio maggiormente vicino ad un pubblico di normali risparmiatori piuttosto che di addetti ai lavori.
Non mi aspetto di dover sprecare molto sudore in tutto ciò dato che conosco la scorrevolezza dialettica di Carlo Benetti e di tutti gli altri miei interlocutori di Swiss & Global ai quali va tutta la mia stima ed un sincero ringraziamento per la loro opera che apprezzo enormemente e mi auguro possa essere di grande utilità a tutti i lettori.

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