BURRASCA
PASSATA?
Spendere
troppe parole sulla settimana borsistica appena trascorsa mi sembra un grande
spreco di tempo. Non c’è stato notiziario o giornale che
abbia omesso di informare con dovizia di particolari i propri lettori o i propri ascoltatori. Il governo italiano ora c’è, ma con che enorme travaglio, e l’incertezza che ha accompagnato questa vicenda ha messo alle corde l’intero mercato azionario, non solo italiano ma anche europeo.
MERCATO
VALUTARIO
Tutto questo potrebbe avvenire con gradualità e
sarebbe un salasso lento ma inesorabile ma potrebbe, in caso di eventi estremi,
avvenire in pochi giorni o in poche ore con tutta una serie di altre
conseguenze che uno shock finanziario provocherebbe aggravando le suesposte
cifre.
Le stesse oscillazioni, nel caso in cui i tassi
salissero, non coinvolgerebbe unicamente i titoli del debito pubblico italiano
ma, a seconda del mercato di riferimento, i titoli del debito pubblico di ogni
paese coinvolto e la stessa sorte riguarderebbe i titoli societari e gli asset
obbligazionari detenuti in fondi, sicav, etf, gestioni e polizze unit linked e
del ramo 3^; praticamente l’intero universo obbligazionario.
Per onore di cronaca evidenzio infine nel
grafico successivo l’attuale situazione dei titoli governativi decennali.
abbia omesso di informare con dovizia di particolari i propri lettori o i propri ascoltatori. Il governo italiano ora c’è, ma con che enorme travaglio, e l’incertezza che ha accompagnato questa vicenda ha messo alle corde l’intero mercato azionario, non solo italiano ma anche europeo.
Abbiamo,
primo assoluto nella storia, un governo di stampo populistico e ciò che accadrà
non è dato né saperlo né prevederlo. Di certo l’intero continente se ne starà
con il fiato sospeso ogni qualvolta si presenteranno decisioni che potranno o
meno andare in rotta di collisione con le attese dei paesi guida, in primis
Francia e Germania con suoi diretti satelliti.
Argomentare
su ciò è dunque scontato e vivremo d’ora in avanti di più alla giornata
rispetto a ieri nella speranza che comunque il dialogo politico non possa mai
degenerare e che le proposte della coalizione giallo-verde si concretizzino in
azioni utili sia all’Italia che all’intero consesso comunitario.
I risultati
sono ben esposti nel grafico d’apertura e tutti sanno perfettamente che quelle
percentuali sono in realtà la sintesi finale di un inizio settimana di fuoco e
di un buon recupero nella seconda parte.
Andiamo ora
alle altre considerazioni in attesa di parlare, alla fine dell’articolo, di
rendimenti e della conseguente loro volatilità attesa.
In
settimana, dopo un periodo di sensibile ribasso dell’euro nei confronti delle
principali monete abbiamo assistito ad una frenata. Poca cosa, quasi fosse
giunto il momento di rifiatare nell’attesa di prendere una direzione più netta,
ossia se continuare nell’indebolimento nei confronti delle valute estere o
chiudere questa fase per entrare, almeno temporaneamente, in una situazione di
congestione. Tale situazione è sostanzialmente analoga per tutte le valute che
teniamo sotto osservazione e pertanto andiamo a visualizzare il rapporto fra
euro e dollaro che rappresenta una buona sintesi di quanto detto.
MATERIE
PRIME
Nel campo delle materie prime la correzione dai
massimi dell’anno del petrolio è proseguita. Il WTI valeva oltre 71 dollari al
barile solo due settimane fa e si è ora riportato su prezzi ritenuti più
congrui, ossia ha chiuso la settimana uscente a 65,70 dollari, in calo di un
ulteriore 2,50% in attesa di eventuali nuovi accordi che verranno presi nel
corso di questo mese come da me pubblicato la settimana scorsa.
Nessuna sorpresa, dunque, ma resta molto forte
la mia perplessità nei confronti delle quotazioni dell’oro e, in subordine, dei
metalli preziosi. Nel periodo immediatamente successivo alle ben note vicende
di Lehman Brothers il metallo giallo è stato oggetto di una corsa all’acquisto
senza pari dagli anni 70/80 ed è diventato l’asset di riferimento da detenere
per porsi al riparo dalla volatilità dei mercati e da eventuali nuove
significative correzioni con una punta massima perfettamente coincidente con la
crisi dello spread del 2011.
Il bis della corsa all’oro si è verificato nel
2016 con i forti timori per la Brexit (che effettivamente si verificò ma senza
spargimento di sangue) e per le successive tornate elettorali in vari paesi
europei. Ciò che stupisce è che di fronte ai reali timori di un cambio di rotta
politicamente rilevante in un paese importante e potenzialmente instabile (dal
punto di vista della coesione interna alla UE) come l’Italia, che
effettivamente ha mandato in fibrillazione lo spread, l’oro se ne sta
sostanzialmente ancorato ai prezzi di inizio anno e la sua volatilità è molto
limitata.
Di seguito il grafico delle quotazioni dell’oro
da inizio anno:
TASSI,
SPREAD, BTP … MA I PREZZI DOVE VANNO?
Veniamo ora all’argomento più interessante, se
non altro perché si tratta dell’asset più presente nei portafogli delle
famiglie italiane, quel titolo tanto amato e coccolato in passato i cui succosi
frutti (leggasi rendimenti) hanno lasciato in tutti i risparmiatori un così
benevolo ricordo da mantenerlo in testa alle preferenze nonostante la perdita
di qualche attributo negli anni più recenti: Sua Maestà il BTP.
Quale altro titolo ha infatti meglio incarnato
l’indole degli italiani? Nessuno. Alti rendimenti, massima sicurezza ed effetti
collaterali (leggasi debito pubblico) accuratamente nascosti sotto il tappeto,
come una pessima domestica fa con la polvere del salotto di casa.
Vediamo innanzitutto cos’è accaduto ai
rendimenti del decennale italiano in quest’ultimo periodo. Il grafico
successivo è illuminante:
A fine marzo i rendimenti del Btp decennale si
portano al livello di 1,80% e si mantengono sostanzialmente invariati sino alla
prima settimana di maggio, quando comincia il tira e molla del governo
giallo-verde sì, governo giallo-verde no. Da lì una prima leggera impennata che
successivamente decolla quando si interrompono le trattative in corso. Il top
di giornata è il raggiungimento del tasso del 3,178% per poi chiudere venerdì
sera al 2,67%. L’aumento dei rendimenti è stato, temporaneamente pari al
1,316%. Più avanti ne misureremo l’effetto con degli esempi.
Tutti noi abbiamo tirato un bel sospiro di
sollievo ma nessuno può dirci che non si possa ripetere e, se non lo vediamo in
un’ottica esclusivamente di breve, ci attende comunque prima o poi un ritorno a
tassi di maggiore normalità o, meglio, più coerenti con le medie di lungo
periodo. Le cause possono esse molteplici e, per citarne alcune fra le
principali, oltre a un ritorno “naturale” su livelli più elevati degli attuali,
la possibilità di un downgrade da parte delle agenzie di rating, di sforamenti
ingestibili del livello del debito pubblico, la scadenza naturale del mandato
di Mario Draghi con il possibile avvento di “falchi” alla guida della BCE, di
una nuova crisi bancaria e finanziaria, di una ricaduta in recessione e chi più
ne ha più ne metta.
Quello che ho da tempo ben chiarito alla mia
clientela è l’effetto che tutto ciò avrà sui prezzi dei propri investimenti in titoli
dello stato, ossia la perdita del loro valore. Perdita che coinvolge indistintamente
tutti i detentori di tali asset, siano essi detenuti nei propri dossier amministrati
sia che lo siano attraverso il possesso di quote di fondi comuni (o sicav o
etf) da cui l’esigenza di capire in che modo e in che misura ciò possa
verificarsi.
Facendo un banale esempio, se oggi posseggo uno
o più titoli di stato con diverse scadenze, il cui controvalore desumibile dalle
evidenze della banca è, ad esempio, 100.000 Euro o se posseggo quote di Oicr
per un analogo importo di quanto si
sposta il valore di questi asset nel caso in cui i tassi salissero stabilmente?
La tabella di seguito riportata ci da, con una
certa approssimazione, quest’informazione:
Riprendendo l’esempio di prima, se i miei
100.000 Euro fossero tutti investiti in Btp decennali e i tassi aumentassero
dell’1% il valore del mio investimento scenderebbe da 100.000 a 90.900. Proprio
una brutta sorpresa, no? E se fossero investiti in un fondo comune che ha in
pancia tutti Btp quinquennali? A parità di aumento dei tassi il controvalore
del mio investimento passerebbe da 100.000 a 95.200 Euro.
Quando dicevo che l’epoca dell’investimento
facile era morta e sepolta sbagliavo? Ciò non significa che sta già per
grandinare sui mercati ma che le decisioni di investimento (mantenimento,
vendita o acquisto di asset finanziari) debbano essere valutate e misurate con
oculatezza e con l’assistenza di un buon consulente in grado di pianificare per
l’investitore un portafoglio personalizzato e coerente, fuori da logiche di
collocamento e in assenza di conflitti di interesse e tutto ciò non datelo per
scontato. Solo allora i vostri investimenti saranno realmente tutelati.
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