sabato 2 giugno 2018

MERCATI FINANZIARI AL 1/6/2018


BURRASCA PASSATA?

 

Spendere troppe parole sulla settimana borsistica appena trascorsa mi sembra un grande spreco di tempo. Non c’è stato notiziario o giornale che
abbia omesso di informare con dovizia di particolari i propri lettori o i propri ascoltatori. Il governo italiano ora c’è, ma con che enorme travaglio, e l’incertezza che ha accompagnato questa vicenda ha messo alle corde l’intero mercato azionario, non solo italiano ma anche europeo.

Abbiamo, primo assoluto nella storia, un governo di stampo populistico e ciò che accadrà non è dato né saperlo né prevederlo. Di certo l’intero continente se ne starà con il fiato sospeso ogni qualvolta si presenteranno decisioni che potranno o meno andare in rotta di collisione con le attese dei paesi guida, in primis Francia e Germania con suoi diretti satelliti.

Argomentare su ciò è dunque scontato e vivremo d’ora in avanti di più alla giornata rispetto a ieri nella speranza che comunque il dialogo politico non possa mai degenerare e che le proposte della coalizione giallo-verde si concretizzino in azioni utili sia all’Italia che all’intero consesso comunitario.

I risultati sono ben esposti nel grafico d’apertura e tutti sanno perfettamente che quelle percentuali sono in realtà la sintesi finale di un inizio settimana di fuoco e di un buon recupero nella seconda parte.

Andiamo ora alle altre considerazioni in attesa di parlare, alla fine dell’articolo, di rendimenti e della conseguente loro volatilità attesa.

 
MERCATO VALUTARIO

 
In settimana, dopo un periodo di sensibile ribasso dell’euro nei confronti delle principali monete abbiamo assistito ad una frenata. Poca cosa, quasi fosse giunto il momento di rifiatare nell’attesa di prendere una direzione più netta, ossia se continuare nell’indebolimento nei confronti delle valute estere o chiudere questa fase per entrare, almeno temporaneamente, in una situazione di congestione. Tale situazione è sostanzialmente analoga per tutte le valute che teniamo sotto osservazione e pertanto andiamo a visualizzare il rapporto fra euro e dollaro che rappresenta una buona sintesi di quanto detto.

 
 

MATERIE PRIME

 

 

Nel campo delle materie prime la correzione dai massimi dell’anno del petrolio è proseguita. Il WTI valeva oltre 71 dollari al barile solo due settimane fa e si è ora riportato su prezzi ritenuti più congrui, ossia ha chiuso la settimana uscente a 65,70 dollari, in calo di un ulteriore 2,50% in attesa di eventuali nuovi accordi che verranno presi nel corso di questo mese come da me pubblicato la settimana scorsa.

 

Nessuna sorpresa, dunque, ma resta molto forte la mia perplessità nei confronti delle quotazioni dell’oro e, in subordine, dei metalli preziosi. Nel periodo immediatamente successivo alle ben note vicende di Lehman Brothers il metallo giallo è stato oggetto di una corsa all’acquisto senza pari dagli anni 70/80 ed è diventato l’asset di riferimento da detenere per porsi al riparo dalla volatilità dei mercati e da eventuali nuove significative correzioni con una punta massima perfettamente coincidente con la crisi dello spread del 2011.

 

Il bis della corsa all’oro si è verificato nel 2016 con i forti timori per la Brexit (che effettivamente si verificò ma senza spargimento di sangue) e per le successive tornate elettorali in vari paesi europei. Ciò che stupisce è che di fronte ai reali timori di un cambio di rotta politicamente rilevante in un paese importante e potenzialmente instabile (dal punto di vista della coesione interna alla UE) come l’Italia, che effettivamente ha mandato in fibrillazione lo spread, l’oro se ne sta sostanzialmente ancorato ai prezzi di inizio anno e la sua volatilità è molto limitata.

 

Di seguito il grafico delle quotazioni dell’oro da inizio anno:


TASSI, SPREAD, BTP … MA I PREZZI DOVE VANNO?

 

 

Veniamo ora all’argomento più interessante, se non altro perché si tratta dell’asset più presente nei portafogli delle famiglie italiane, quel titolo tanto amato e coccolato in passato i cui succosi frutti (leggasi rendimenti) hanno lasciato in tutti i risparmiatori un così benevolo ricordo da mantenerlo in testa alle preferenze nonostante la perdita di qualche attributo negli anni più recenti: Sua Maestà il BTP.

 

Quale altro titolo ha infatti meglio incarnato l’indole degli italiani? Nessuno. Alti rendimenti, massima sicurezza ed effetti collaterali (leggasi debito pubblico) accuratamente nascosti sotto il tappeto, come una pessima domestica fa con la polvere del salotto di casa.

 

Vediamo innanzitutto cos’è accaduto ai rendimenti del decennale italiano in quest’ultimo periodo. Il grafico successivo è illuminante:


A fine marzo i rendimenti del Btp decennale si portano al livello di 1,80% e si mantengono sostanzialmente invariati sino alla prima settimana di maggio, quando comincia il tira e molla del governo giallo-verde sì, governo giallo-verde no. Da lì una prima leggera impennata che successivamente decolla quando si interrompono le trattative in corso. Il top di giornata è il raggiungimento del tasso del 3,178% per poi chiudere venerdì sera al 2,67%. L’aumento dei rendimenti è stato, temporaneamente pari al 1,316%. Più avanti ne misureremo l’effetto con degli esempi.

 

Tutti noi abbiamo tirato un bel sospiro di sollievo ma nessuno può dirci che non si possa ripetere e, se non lo vediamo in un’ottica esclusivamente di breve, ci attende comunque prima o poi un ritorno a tassi di maggiore normalità o, meglio, più coerenti con le medie di lungo periodo. Le cause possono esse molteplici e, per citarne alcune fra le principali, oltre a un ritorno “naturale” su livelli più elevati degli attuali, la possibilità di un downgrade da parte delle agenzie di rating, di sforamenti ingestibili del livello del debito pubblico, la scadenza naturale del mandato di Mario Draghi con il possibile avvento di “falchi” alla guida della BCE, di una nuova crisi bancaria e finanziaria, di una ricaduta in recessione e chi più ne ha più ne metta.

 

Quello che ho da tempo ben chiarito alla mia clientela è l’effetto che tutto ciò avrà sui prezzi dei propri investimenti in titoli dello stato, ossia la perdita del loro valore. Perdita che coinvolge indistintamente tutti i detentori di tali asset, siano essi detenuti nei propri dossier amministrati sia che lo siano attraverso il possesso di quote di fondi comuni (o sicav o etf) da cui l’esigenza di capire in che modo e in che misura ciò possa verificarsi.

 

Facendo un banale esempio, se oggi posseggo uno o più titoli di stato con diverse scadenze, il cui controvalore desumibile dalle evidenze della banca è, ad esempio, 100.000 Euro o se posseggo quote di Oicr per un analogo  importo di quanto si sposta il valore di questi asset nel caso in cui i tassi salissero stabilmente?

 

La tabella di seguito riportata ci da, con una certa approssimazione, quest’informazione:



Riprendendo l’esempio di prima, se i miei 100.000 Euro fossero tutti investiti in Btp decennali e i tassi aumentassero dell’1% il valore del mio investimento scenderebbe da 100.000 a 90.900. Proprio una brutta sorpresa, no? E se fossero investiti in un fondo comune che ha in pancia tutti Btp quinquennali? A parità di aumento dei tassi il controvalore del mio investimento passerebbe da 100.000 a 95.200 Euro.

 
Tutto questo potrebbe avvenire con gradualità e sarebbe un salasso lento ma inesorabile ma potrebbe, in caso di eventi estremi, avvenire in pochi giorni o in poche ore con tutta una serie di altre conseguenze che uno shock finanziario provocherebbe aggravando le suesposte cifre.

 
Le stesse oscillazioni, nel caso in cui i tassi salissero, non coinvolgerebbe unicamente i titoli del debito pubblico italiano ma, a seconda del mercato di riferimento, i titoli del debito pubblico di ogni paese coinvolto e la stessa sorte riguarderebbe i titoli societari e gli asset obbligazionari detenuti in fondi, sicav, etf, gestioni e polizze unit linked e del ramo 3^; praticamente l’intero universo obbligazionario.

 
Quando dicevo che l’epoca dell’investimento facile era morta e sepolta sbagliavo? Ciò non significa che sta già per grandinare sui mercati ma che le decisioni di investimento (mantenimento, vendita o acquisto di asset finanziari) debbano essere valutate e misurate con oculatezza e con l’assistenza di un buon consulente in grado di pianificare per l’investitore un portafoglio personalizzato e coerente, fuori da logiche di collocamento e in assenza di conflitti di interesse e tutto ciò non datelo per scontato. Solo allora i vostri investimenti saranno realmente tutelati.

 
Per onore di cronaca evidenzio infine nel grafico successivo l’attuale situazione dei titoli governativi decennali.



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