L’INCERTEZZA
SCUOTE I MERCATI
Nel
precedente report, quindici giorni or sono, il mondo finanziario sembrava
godere di clima di assoluta serenità; le sedute positive si inanellavano una
dopo l’altra e in quell’occasione affermai che
quanto andavo descrivendo appariva come sconfessione dei timori evidenziati in precedenza ma nonostante ciò confermavo che restavo dell’idea che il trend in atto stesse giungendo a una fase matura.
quanto andavo descrivendo appariva come sconfessione dei timori evidenziati in precedenza ma nonostante ciò confermavo che restavo dell’idea che il trend in atto stesse giungendo a una fase matura.
Era come se
mi fossi recato in riva al fiume attendendo il passaggio del cadavere del mio
nemico e, se il nemico era rappresentato dal trend inaspettatamente (a mio
giudizio) positivo, così è stato. Donner und blitzen (tuoni e fulmini) - come
amano dire i tedeschi – si sono scatenati in cielo. Il grafico d’apertura ci
illustra solo la settimana appena conclusasi che tutto può essere definita
tranne che una settimana tranquilla con il solo indice Nasdaq a dare qualche
soddisfazione (+1%), S&P 500 e India di poco sopra la linea di
galleggiamento e tutto il resto del paniere sotto tale linea. Abbondantemente
negative le piazze di Milano e San Paolo sotto del 4,5% e 5% rispettivamente.
Allargando
la visuale alle ultime due settimane il quadro è ancora peggiore. Il solo
Nasdaq mantiene una minima positività a +04%, al di sopra dello zero per un
nonnulla troviamo Londra e Parigi e tutto il resto del paniere si trova sotto
la linea di galleggiamento con quattro indici di poco negativi, il quaranta per
cento del paniere che si inserisce in una fascia tra il -1% e il -2% ,che
peraltro include tutti e quattro i Bric, e in pesante caduta le stesse due
maglie nere della scorsa settimana, Italia e Brasile la cui negatività è
racchiusa nel range -7,30% e -7,40%.
Col senno di
poi sarebbe stato meglio mollare o, forse meglio, considerare l’eventualità di
monetizzare quantomeno i guadagni sino a quel momento conseguiti.
Il
successivo grafico ci illustra la situazione:
Perché ho
parlato di possibile consolidamento? Perché, nonostante questa seconda ondata
di negatività (la prima fu quella di febbraio che durò ben quattro settimane),
i risultati dell’anno - ad oggi - non sono certo disprezzabili. Non sono
omogenei, questo è pur vero, ma la negatività è riconducibile unicamente a tre
mercati (Svizzera, Giappone e Cina) che non costituiscono certo la parte più
cospicua degli impieghi azionari degli italiani.
Certamente
l’investimento nelle componenti europee non è stato particolarmente generoso, fatta
eccezione per le piazze di Milano e Parigi, ma i mercati nordamericani, India,
Brasile e l’indice generale azionario mondiale restano in positivo nonostante le
due forti correzioni.
FLIGHT
TO QUALITY
Nei giorni scorsi le note vicende italiane e
quelle spagnole hanno dato il via a una ridda di ipotesi di instabilità ancora
una volta focalizzata nella fascia meridionale della comunità europea;
soprattutto quelle che ipotizzano in Italia una nuova tornata elettorale o
quella che consegni al paese un governo di stampo euroscettico sono state
percepite come nefaste per la stabilità di una comunità europea tuttora avvolta
in una crisi di credibilità e certamente non al riparo da eventuali ulteriori
crisi economiche.
Il mercato obbligazionario ha percepito con
grande evidenza tutto ciò. Gli acquisti sui governativi dei paesi più solidi
sono stati evidenti; in una sola settimana i rendimenti tedeschi e francesi si
sono portati ai minimi dell’anno a 0,40% e 0,72% a fronte di massimi nello
stesso periodo dello 0,77% e 1,01% rispettivamente.
Gli analoghi titoli britannici sono scivolati a
loro volta a 1,32% a fronte dell’1,50% di rendimento della settimana precedente
e anche negli Usa (ma qui le ragioni non sono esattamente le stesse) in
settimana è stata abbondonata quota 3%. Comunque sia, siamo in piena fase di
acquisto di titoli “sicuri”, che è quello che in questo momento conta pur in
presenza di rendimenti modesti.
L’altra faccia della medaglia è lo stato di
salute (instabile) dei titoli del debito italiani. Il Btp decennale solo un
mese fa remunerava solo l’1,74% ed ora tale rendimento è schizzato al 2,47%,
ben 73 bp in più e ovviamente lo spread nei confronti del bund tedesco è
decollato a sua volta a 206,60 (la settimana precedente si era chiusa con uno
spread a 166,60). Il calo di fiducia, abbiamo detto, coinvolge pure la Spagna
il cui attuale spread sul bund è pari a 1,36 (+ 55 bp in una settimana).
A tutto ciò si aggiunge il tocco finale, ossia
la revisione delle stime di fiducia da parte di Moody’s che mette sotto
osservazione l’attuale rating Baa2 per un possibile downgrade. Pioggia sul
bagnato, come si dice.
SI E’
ESAURITA LA FORZA DELL’EURO
La scorsa settimana ci ponevamo l’interrogativo
se si fosse momentaneamente esaurita la forza dell’euro. La risposta è ora
certa: per il momento certamente.
Contro dollaro la valuta europea lascia sul
campo in due mesi il 5,70%, sullo yen l’1,50% e sullo yuan il 4,50%. Dall’inizio
dell’anno la perdita di valore sulle stesse valute è stata pari a 2,90%, 5,70%,
4,60% e pure sulla sterlina l’euro ha ceduto l’1,40%.
Evidentemente siamo anche presenza di timori
nei confronti di possibili tensioni interne alla comunità europea e proprio
l’Italia, in questo momento, è additata come la possibile causa di malumori e
tensioni. Il nostro augurio è ovviamente che tutto ciò non si debba verificare
e i cattivi pensieri rientrino quanto prima.
Ciò che stupisce, in questo quadro, è che la
debolezza della nostra moneta non abbia, o non abbia ancora, prodotto effetti
benefici sul lato delle esportazioni.
E IL
PETROLIO INVERTE LA ROTTA
La prospettiva che ritornino sul mercato delle
importanti quantità di greggio ha spinto al ribasso le quotazioni dell’oro
nero. Tutto ciò è stato provocato da un tweet di Trump con il quale denunciava
i prezzi del greggio “artificialmente troppo alti”; la conseguenza di questo
invito a una riduzione dei prezzi è l’agenda della riunione dell’Opec, prevista
per il 22 giugno, da cui ci si attende un cambio di rotta. Sull’argomento
invito i lettori a prendere visione dell’articolo comparso sull’odierna
edizione de IlSole-24Ore (Finanza e Mercati, pag. 27 – 26/5/2018).
E’ evidente che la correzione c’è stata e di
non modesta entità: da una settimana all’altra il prezzo del Wti al barile ha
perso il 5,50%. Nel successivo grafico le variazioni degli indici delle
commodities che pubblichiamo su cui vale la pena di osservare che l’oro, di fatto,
non si sposta dalle sue quotazioni il che significa che la situazione attuale
non induce all’acquisto di questo bene-rifugio. La seconda osservazione è
quella che un tale spostamento dei prezzi, contrariamente al solito, non ha
avuto analoga corrispondente caduta dell’indice generale, il Crb. Evidentemente
la modifica dei prezzi del greggio (in assenza di movimenti dell’oro) ha trovato compensazione
nelle altre componenti di questo indice sul quale, ricordiamolo, il peso
specifico del petrolio è elevato.
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