sabato 26 maggio 2018

MERCATI FINANZIARI AL 25/5/2018



L’INCERTEZZA SCUOTE I MERCATI

 

Nel precedente report, quindici giorni or sono, il mondo finanziario sembrava godere di clima di assoluta serenità; le sedute positive si inanellavano una dopo l’altra e in quell’occasione affermai che
quanto andavo descrivendo appariva come sconfessione dei timori evidenziati in precedenza ma nonostante ciò confermavo che restavo dell’idea che il trend in atto stesse giungendo a una fase matura.

Era come se mi fossi recato in riva al fiume attendendo il passaggio del cadavere del mio nemico e, se il nemico era rappresentato dal trend inaspettatamente (a mio giudizio) positivo, così è stato. Donner und blitzen (tuoni e fulmini) - come amano dire i tedeschi – si sono scatenati in cielo. Il grafico d’apertura ci illustra solo la settimana appena conclusasi che tutto può essere definita tranne che una settimana tranquilla con il solo indice Nasdaq a dare qualche soddisfazione (+1%), S&P 500 e India di poco sopra la linea di galleggiamento e tutto il resto del paniere sotto tale linea. Abbondantemente negative le piazze di Milano e San Paolo sotto del 4,5% e 5% rispettivamente.

Allargando la visuale alle ultime due settimane il quadro è ancora peggiore. Il solo Nasdaq mantiene una minima positività a +04%, al di sopra dello zero per un nonnulla troviamo Londra e Parigi e tutto il resto del paniere si trova sotto la linea di galleggiamento con quattro indici di poco negativi, il quaranta per cento del paniere che si inserisce in una fascia tra il -1% e il -2% ,che peraltro include tutti e quattro i Bric, e in pesante caduta le stesse due maglie nere della scorsa settimana, Italia e Brasile la cui negatività è racchiusa nel range -7,30% e -7,40%.

Col senno di poi sarebbe stato meglio mollare o, forse meglio, considerare l’eventualità di monetizzare quantomeno i guadagni sino a quel momento conseguiti.

Il successivo grafico ci illustra la situazione:


Perché ho parlato di possibile consolidamento? Perché, nonostante questa seconda ondata di negatività (la prima fu quella di febbraio che durò ben quattro settimane), i risultati dell’anno - ad oggi - non sono certo disprezzabili. Non sono omogenei, questo è pur vero, ma la negatività è riconducibile unicamente a tre mercati (Svizzera, Giappone e Cina) che non costituiscono certo la parte più cospicua degli impieghi azionari degli italiani.

Certamente l’investimento nelle componenti europee non è stato particolarmente generoso, fatta eccezione per le piazze di Milano e Parigi, ma i mercati nordamericani, India, Brasile e l’indice generale azionario mondiale restano in positivo nonostante le due forti correzioni.
 


FLIGHT TO QUALITY

 

Nei giorni scorsi le note vicende italiane e quelle spagnole hanno dato il via a una ridda di ipotesi di instabilità ancora una volta focalizzata nella fascia meridionale della comunità europea; soprattutto quelle che ipotizzano in Italia una nuova tornata elettorale o quella che consegni al paese un governo di stampo euroscettico sono state percepite come nefaste per la stabilità di una comunità europea tuttora avvolta in una crisi di credibilità e certamente non al riparo da eventuali ulteriori crisi economiche.

 

Il mercato obbligazionario ha percepito con grande evidenza tutto ciò. Gli acquisti sui governativi dei paesi più solidi sono stati evidenti; in una sola settimana i rendimenti tedeschi e francesi si sono portati ai minimi dell’anno a 0,40% e 0,72% a fronte di massimi nello stesso periodo dello 0,77% e 1,01% rispettivamente.

 

Gli analoghi titoli britannici sono scivolati a loro volta a 1,32% a fronte dell’1,50% di rendimento della settimana precedente e anche negli Usa (ma qui le ragioni non sono esattamente le stesse) in settimana è stata abbondonata quota 3%. Comunque sia, siamo in piena fase di acquisto di titoli “sicuri”, che è quello che in questo momento conta pur in presenza di rendimenti modesti.
 
 

 
L’altra faccia della medaglia è lo stato di salute (instabile) dei titoli del debito italiani. Il Btp decennale solo un mese fa remunerava solo l’1,74% ed ora tale rendimento è schizzato al 2,47%, ben 73 bp in più e ovviamente lo spread nei confronti del bund tedesco è decollato a sua volta a 206,60 (la settimana precedente si era chiusa con uno spread a 166,60). Il calo di fiducia, abbiamo detto, coinvolge pure la Spagna il cui attuale spread sul bund è pari a 1,36 (+ 55 bp in una settimana).
 
A tutto ciò si aggiunge il tocco finale, ossia la revisione delle stime di fiducia da parte di Moody’s che mette sotto osservazione l’attuale rating Baa2 per un possibile downgrade. Pioggia sul bagnato, come si dice.
 
 
 
SI E’ ESAURITA LA FORZA DELL’EURO
 
La scorsa settimana ci ponevamo l’interrogativo se si fosse momentaneamente esaurita la forza dell’euro. La risposta è ora certa: per il momento certamente.
 
Contro dollaro la valuta europea lascia sul campo in due mesi il 5,70%, sullo yen l’1,50% e sullo yuan il 4,50%. Dall’inizio dell’anno la perdita di valore sulle stesse valute è stata pari a 2,90%, 5,70%, 4,60% e pure sulla sterlina l’euro ha ceduto l’1,40%.
 
 
 
Evidentemente siamo anche presenza di timori nei confronti di possibili tensioni interne alla comunità europea e proprio l’Italia, in questo momento, è additata come la possibile causa di malumori e tensioni. Il nostro augurio è ovviamente che tutto ciò non si debba verificare e i cattivi pensieri rientrino quanto prima.
 
Ciò che stupisce, in questo quadro, è che la debolezza della nostra moneta non abbia, o non abbia ancora, prodotto effetti benefici sul lato delle esportazioni.
 

E IL PETROLIO INVERTE LA ROTTA
 
 
La prospettiva che ritornino sul mercato delle importanti quantità di greggio ha spinto al ribasso le quotazioni dell’oro nero. Tutto ciò è stato provocato da un tweet di Trump con il quale denunciava i prezzi del greggio “artificialmente troppo alti”; la conseguenza di questo invito a una riduzione dei prezzi è l’agenda della riunione dell’Opec, prevista per il 22 giugno, da cui ci si attende un cambio di rotta. Sull’argomento invito i lettori a prendere visione dell’articolo comparso sull’odierna edizione de IlSole-24Ore (Finanza e Mercati, pag. 27 – 26/5/2018).

E’ evidente che la correzione c’è stata e di non modesta entità: da una settimana all’altra il prezzo del Wti al barile ha perso il 5,50%. Nel successivo grafico le variazioni degli indici delle commodities che pubblichiamo su cui vale la pena di osservare che l’oro, di fatto, non si sposta dalle sue quotazioni il che significa che la situazione attuale non induce all’acquisto di questo bene-rifugio. La seconda osservazione è quella che un tale spostamento dei prezzi, contrariamente al solito, non ha avuto analoga corrispondente caduta dell’indice generale, il Crb. Evidentemente la modifica dei prezzi del greggio (in assenza di  movimenti dell’oro) ha trovato compensazione nelle altre componenti di questo indice sul quale, ricordiamolo, il peso specifico del petrolio è elevato.
 

 
 
 

 


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