domenica 28 gennaio 2018

MERCATI FINANZIARI AL 26/1/2018


METEOBORSE GENNAIO: CALDO TORRIDO !!!

 
Avevamo definito spumeggiante l’avvio d’anno dei mercati azionari solamente quindici giorni fa ma, giunti in prossimità della fine del mese di gennaio, vien da dire che la realtà dei numeri è sbalorditiva. Ben tre mercati hanno conseguito performance a due cifre in sole quattro settimane; Brasile, Hong Kong e la borsa moscovita si sono letteralmente impennate e le prime due hanno addirittura sbriciolato i precedenti record storici. Da notare che nel terzetto ci sono due indici dei cosiddetti Bric.

Non siamo in presenza di casi isolati dal momento in cui sulla loro scia ci sono ben altri sei indici le cui performance si collocano fra il cinque e il dieci per cento. In vetta al sestetto brilla la borsa di Milano seguita a breve distanza dai due indici di New York, lo S&P 500 e il Nasdaq, le altre due borse dei Bric (Cina e India) e l’indice MSCI World. In questo gruppo ci sono gli altri quattro indici che hanno superato i rispettivi massimi storici. Va evidenziato che da inizio anno ogni settimana alcuni mercati hanno superato i precedenti massimi ed il numero di questi non è mai stato inferiore a sei, ossia non meno del 40% del nostro paniere.  

Rialzi più contenuti ma assolutamente apprezzabili quelli delle borse di Francoforte, Parigi, Zurigo, Tokyo e l’indice Eurostoxx 50, sotto il 5%, il cui rialzo più contenuto, quello della borsa svizzera, è risultato pari all’1,42%. Unica nota stonata la negatività del mercato azionario londinese, alle prese con i problemi derivanti dalla Brexit, che chiude con un contenuto -0,29%.

Le prime tre settimane sugli scudi, dunque, mentre nell’ultima si è vista qualche presa di beneficio, fenomeno che si è registrato unicamente sulle piazze europee e quella giapponese. Quattro indici chiudono la settimana uscente in territorio negativo (Germania, Gran Bretagna, Tokyo e l’Eurostoxx) mentre le altre piazze europee del paniere chiudono con modestissimi rialzi. Vediamo pertanto il grafico relativo alla settimana scorsa:
 
 
 
 
DRAGHI CONFERMA LA POLITICA ACCOMODANTE E L’EURO …
 
In settimana si è riunita la BCE e Draghi ha confermato la decisione di lasciare inalterati i tassi (quello principale fermo allo 0%, quello sui prestiti marginali allo 0,25% e quello sui depositi -0,40%) e, soprattutto, ha confermato la volontà di estendere la durata del QE di nove mesi (almeno fino a settembre) e oltre se necessario.
 
Il Presidente della BCE ha altresì sottolineato la preoccupazione per l’indebolimento del dollaro supponendo che il suo livello sia la risultanza di condizioni oggettive economiche (crescita e livello dell’inflazione) accompagnate però dalle dichiarazioni di Mnuchin (Segretario al Tesoro USA) che a Davos ha affermato che il dollaro debole conviene agli Stati Uniti. E’ innaturale, infatti, che di fronte a un’espansione monetaria di Europa e Giappone e un’espansione fiscale come quella annunciata da Trump il dollaro si deprezzi invece di rafforzarsi. E’ chiaro che Draghi sospetti manovre combinate fra Fed e Governo USA al fine di indebolire la valuta nordamericana.
 
L’avevamo detto alcuni mesi or sono su queste pagine che un euro forte avrebbe potuto creare difficoltà per le esportazioni comunitarie ed è proprio quello che Draghi e la BCE temono per i mesi a venire. Se ciò accadesse, la ripresa in corso potrebbe subire dei rallentamenti o addirittura potrebbe determinare un’inversione del trend e, con ciò, le attese di un’inflazione più coerente si scioglierebbero come neve al sole vanificando, in parte, gli sforzi sinora profusi che non sono stati certo gratuiti per i cittadini europei.
 

Vediamo l’andamento del dollaro in quest’ultimo anno:
 
Anche sullo yen l'euro conserva una notevole forza ma nelle ultime settimane si è un po' allentata la pressione come vediamo nel successivo grafico:
 
Dall’inizio dell’anno l’euro si è ulteriormente rafforzato sul dollaro del 3,5%, è rimasto sostanzialmente invariato nei confronti dello yen e dello yuan mentre sulla sterlina si è leggermente indebolito (-1,27%). Persa ormai dall’estate la resistenza del duraturo trading range fra dollaro e euro (1,15) e superata in settimana quella di 1,25 è da attendersi che il rapporto fra le due valute si sviluppi nei prossimi mesi nel range 1,20 – 1,30, livello assolutamente favorevole alle attese degli USA ma potenzialmente penalizzante per l’economia dell’Europa Unita. Al momento è solo un’ipotesi che dovrà essere confermata nei prossimi due/tre mesi.
 
I TASSI SALGONO
 
Nel mese di gennaio i prezzi delle obbligazioni sono scesi, eccezion fatta per il Btp decennale italiano, e di conseguenza i rendimenti sono saliti in un clima di crescita economica generalizzata. Resta il fatto che, con un inflazione ancora contenuta, la salita dei rendimenti dei decennali della zona euro sia contenuta anche se risulta tangibile, in termini percentuali, la salita del Bund tedesco.
Vediamo come si presenta la situazione dei tassi a fine settimana:
 
 
 
 
I rendimenti del decennale americano e del corrispondente titolo tedesco sono ora ai massimi dall’inizio dello scorso anno, il primo a 2,66% (+10% dal primo di gennaio 2018) ed il secondo a 0,63% (+50% nello stesso arco temporale). Andiamo a vedere per l’appunto la situazione dei cinque titoli che compongono il paniere da noi osservato dall’inizio del 2018:
 

 
 
 
Per quanto riguarda lo spread fra Btp e Bund siamo ora a quota 137,40, discesa riconducibile unicamente all’aumento dei tassi del titolo tedesco (quello del Btp è infatti invariato rispetto al 1^ di gennaio).
 
ANCHE LE MATERIE PRIME SONO IN MOVIMENTO

 
 
 
La crescita diffusa dell’economia mondiale sta trainando gli indici delle materie prime per un’ovvia maggiore pressione della domanda pur nella piena consapevolezza che si tratta di un settore di mercato in cui è elevata l’operatività in derivati.

Evidenziamo pertanto le performance dei tre principali indici sulle materie prime nella settimana appena conclusasi:
 
 

Da inizio anno il prezzo del petrolio (Wti) è salito di oltre 10 punti percentuali mentre l’oro e l’indice generale delle commodities sono cresciuti rispettivamente del 3,6 e del 3,40%. Se continuasse così anche l’inflazione inizierà a risentirne e gli scenari sarebbero destinati a dei mutamenti. Staremo a vedere.

 
 


 


 

 
 
 
 



 


 
 

 
 

 


 
 

 
 
 
 
 
 


 
 
 


 
 

 

 

 

 

 

 







 

 


 


 



 



 



 



 



 



 





 





 





 





 





 







 

 

 

 

 

 


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