domenica 22 dicembre 2013

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 63 – Le emozioni riguardano solo le persone?



  Avrete notato che da alcuni mesi il supplemento PLUS24, che esce ogni sabato assieme al quotidiano IlSole24Ore, pubblica una rubrica intitolata SENTIMENT, cioè sentimento nel senso di stato d’animo, umore. Parlare di stato d’animo dei mercati è una vecchia usanza anglosassone, dove è consueto dire che il mercato è allegro, triste, speranzoso, ottimista. 
  Per esempio il PLUS di sabato 7 dicembre parla di “sufficiente ottimismo” e del fatto che un solo indicatore, tra i sette presi in considerazione, mostra un livello di paura (p. 27).
Quando, per semplicità, io traccio il mio triangolo consulente-cliente-portafoglio, lo faccio per illustrare le attività di un promotore. Tali attività ovviamente hanno a che fare con le emozioni:

  • hanno a che fare con le emozioni nel rapporto tra il consulente e cliente, nel senso che il ruolo del consulente non è solo gestire il portafoglio ma anche le emozioni del cliente;
  • hanno a che fare con le emozioni quando il cliente, se è solo, viene preso dalle emozioni e fa scelte sconsiderate, non dettate dalla razionalità che, in molti casi, è contro-intuitiva;
  • infine, come ho accennato in apertura, anche il mercato nel suo complesso può comportarsi in modo emotivo, di qui la rubrica settimanale di PLUS e tante altre misure del “sentiment” del mercato.

  Per molti decenni, di fronte agli errori dei singoli investitori, e alle anomalie dei dati aggregati, si è pensato che le persone fossero razionali (nel senso economico) ma che, di fronte a determinate situazioni, si emozionassero. Le emozioni le obnubilavano e le portavano fuori strada. In questa teoria c’è del vero, ma non solo nei casi limite, quando perdiamo la testa e non ci controlliamo più (avete presente quando vi arrabbiate veramente?). Ma non è una teoria che spiega in generale il ruolo delle nostre emozioni, tanto meno nelle decisioni di investimento che in genere, anche presso i neofiti, sono ponderate e non impulsive, dettate cioè da un sentimento o un’emozione passeggera. 
  A parte il fatto che, se le emozioni ci facessero sempre del male, portandoci lontano dalla retta via, l’evoluzione della specie umana le avrebbe eliminate, nulla ci vieterebbe di supporre che le emozioni fanno bene il loro lavoro tranne quando abbiamo a che fare con decisioni di investimento. 
  Questo pregiudizio è diffuso. Ed è tanto forte che Hersh Shefrin, l’autore nel 1999 del primo manuale che copre tutta la finanza comportamentale, scelse questo titolo: Al di là dell’avidità e della paura: capire la finanza comportamentale e la psicologia degli investimenti. Se uno psicologo fosse maligno, potrebbe pensare che questo pregiudizio salva la finanza classica, invece di spedirla nel mondo degli angeli, esseri per l’appunto privi di emozioni. Ma le emozioni di Shefrin riguardano il singolo investitore e non il mercato nel suo complesso, come nel caso della rubrica di PLUS. 
  E’ possibile che il mercato nel suo complesso provi emozioni oppure questa è solo una scorciatoia per dire che l’umore degli investitori, nel suo complesso, è di un certo tipo? Quando diciamo che una folla è impazzita non intendiamo dire che i singoli membri di una folla sono pazzi ma alludiamo al fenomeno di contagio che influenza gli individui che fanno parte della folla. In quanto individui singoli, avrebbero caratteristiche diverse dalla folla. Per rispondere a tali quesiti, tratterò, nella prossima lezione, la teoria ingenua delle emozioni, e cioè il modo con cui i non addetti ai lavori pensano che funzionino le emozioni.

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