sabato 16 giugno 2012

INCONTRANDO I GESTORI DI INVESCO

I gestori rispondono alle domande dei promotori

Invesco porta nella nostra regione tre gestori di successo, Lewis Aubrey-Johnson, Maggie Lee e Mark Ahnrud che hanno presentato i comparti di loro pertinenza illustrandone le caratteristiche salienti soffermandosi  sulle aspettative da riporre in essi da parte di coloro che li detengono in portafoglio o che intendono inserirli.
Per una questione di neutralità eviterò di scendere nella facile trappola della “pubblicità” e mi limiterò a sottolineare i passaggi più importanti delle loro relazioni.

Lewis Aubrey-Johnson

Partiamo da Lewis Aubrey-Johnson che si occupa di obbligazionario, in particolare di corporate bonds. Ciò che penso debba essere divulgato, piuttosto che le tecniche applicabili a trarre buoni profitti dall’investimento in quest’asset, sono le premesse di cui i risparmiatori italiani non sembrano avere ancor percepito l’importanza.
I tassi bassi sono una realtà, non un’opzione e lo resteranno a lungo e ciò comporta un serio problema. Investire in quello che appare privo di rischio (cerchiamo di metabolizzare che il risk free non esiste più !!) porta non solo a non guadagnare ma addirittura a perdere di valore per effetto di una pur minima inflazione.
Per ovviare si può tentare con la duration modificata ma sale sensibilmente il rischio e i rendimenti comunque non premierebbero l’investitore.  Alternativa a scelte di questo tipo passare dalla detenzione di titoli governativi di qualità a titoli a maggiore spread ma aumenta il rischio di credito.
Se si parte dal presupposto che l’Euro sarà la moneta comunitaria anche in futuro si può pensare di inserire in portafoglio titoli bancari scommettendo sul miglioramento dei loro fondamentali  ma rammentiamo che allo stato attuale l‘intero sistema bancario sconta la fine di un’epoca florida per questi asset (intrisa di errori via via accumulati nel passato esplosi in tutta la loro virulenza nell’autunno del 2008) e che, al contrario, un peggioramento della situazione provocherebbe seri danni ai detentori di questi titoli.
La soluzione del team di gestione è stata quella di mixare con razionalità ogni tipologia di titoli corporate evitando rischi eccessivi, giocando su alcune lunghe scadenze e mantenendo dosi di liquidità in coerenza con scenari di mercato difficili.

Mark Ahnrud

Passiamo ora a Mark Ahnrud che ha presentato un fondo bilanciato caratterizzato da buoni risultati costanti nel tempo. Come hanno fatto ad ottenerli? I gestori hanno ricercato asset e titoli che diano extra-rendimenti nel tempo (nel breve il gioco non funziona …).
Cardine della loro strategia è il trattamento del rischio come pluri-dimensionale. L’obiettivo è quello di costruire portafogli praticamente ottimali che considerino l’indice di Sharpe e il rischio di concentrazione. Azioni, obbligazioni e materie prime reagiscono in modo diverso alla congiuntura economica. E’ su questo aspetto (mancanza di correlazione) che si costruiscono portafogli ottimizzati.
L’allocazione strategica è calcolata attraverso stime di volatilità e correlazione controllata e verificata su base mensile. Il posizionamento attivo consente alle ponderazioni degli asset di allontanarsi dall’asset allocation strategica di lungo termine e sfruttare movimenti tattici di più breve termine.
A differenza dei portafogli bilanciati tradizionali sui quali si cerca di controllare prevalentemente il rischio degli asset azionari questo metodo si prefigge di limitare il rischio di ribasso ponderando le varie asset class in modo tale che ciascuna di esse contribuisca al rischio del portafoglio per una quota sostanzialmente paritaria nel corso del tempo.

Maggie Lee

E ora veniamo al cosiddetto “piatto forte”, la relazione di Maggie Lee, gestore di Hong Kong specializzato sulle aree asiatiche. Piatto forte perché in quelle aree lo sviluppo marcia a velocità decisamente più importanti di quelle occidentali ma in questi mesi sono arrivati segnali di rallentamento e dunque, per noi occidentali che investiamo in quelle economie così distanti da noi, un’opinione dall’interno ed autorevole non può che essere la benvenuta.
Maggie conferma che la crescita per il 2012 dell’area asiatica (Ex-Japan) subirà effettivamente un rallentamento anche a seguito del ben più marcato mercato occidentale non in grado di assorbire le stesse quantità di merce del più recente passato.
Primo fattore importante: l’inflazione, che lo scorso anno era salita in quasi tutti i paesi asiatici sta rientrando su livelli meno preoccupanti e questa è già una buona notizia.
La Cina si sta orientando verso un maggiore livello di consumi domestici ma soprattutto è disponibile ad incrementare gli investimenti in infrastrutture che rappresentano un buon volano per l’economia.
In situazione analoga stanno i paesi del sud-est asiatico che hanno predisposto sforzi notevoli nella medesima direzione, perfettamente consapevoli che senza infrastrutture la crescita non sarebbe destinata a durare.
In controtendenza la posizione dell’India sulla cui crescita stanno pesando negativamente un deficit fiscale crescente, un deficit prolungato delle partite correnti e riserve in calo ormai da molti mesi. Con questi handicap è ragionevole pensare che la crescita del sub-continente indiano non solo non possa mantenere i ritmi degli ultimi anni ma possa, almeno temporaneamente, registrare una fase di inversione della crescita.
Ad ogni buon conto la fase di turbolenza dell’area occidentale suggerisce il mantenimento di una buona dose di prudenza e sconsiglia sovraesposizioni in questi asset. Restano economie in buone condizioni, ben incentivate sotto il profilo fiscale ma è fondamentale in questa fase così delicata di mercato effettuare una buona selezione di portafoglio cosa che i gestori di Invesco si propongono ovviamente di fare.
Ultimo aspetto, che non è certamente sfuggito a chi frequenta almeno in veste di turista quelle aree, è quello della dilatazione dei consumi che non si ferma alla sola spesa di beni prodotti in loco e facenti parte delle locali diverse culture ma siamo ormai in presenza di una classe media sempre più in grado di spendere e desiderosa di mettere nella borsa della spesa tutti quelle merci “cult” della nostra realtà occidentale (dalla Coca Cola agli hamburger di McDonald’s ai jeans delle marche più svariate).
La scorsa estate feci tappa in una nota capitale orientale e vidi boutique dei più prestigiosi marchi di moda prese letteralmente d’assalto dalla mid-class cinese, giapponese, coreana ecc.  Ma la spesa dei beni di lusso non si circoscrive ai foulard, le borse o le cinture. Si spendono dei bei soldi per orologi di marca, gioielli, auto sportive dai costi quasi proibitivi.
E’ in corso  un processo non lineare, intriso di problemi che prima o poi arriveranno al pettine ma sulla cui reversibilità non spenderei un Euro (o mille lire se … ). Attenzione e cautela comunque; si tratta di orientamenti destinati a buoni ritorni medi nel tempo ma caratterizzati da grandi volatilità a breve termine.


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