giovedì 9 febbraio 2012

GESTIONI PER RICCHI – GESTIONI PER POVERI



 

Ho recentemente letto un interessante articolo di Antonello Rossi il quale si chiede che fine farà il risparmio gestito; partendo dal presupposto che esso rappresenti oggi una delle poche (se non l’unica) occasione per un investitore privato di potersi rapportare con successo al mercato finanziario sostiene che il mondo del risparmio gestito è sempre più destinato a dividersi in due: da una parte i detentori di grandi patrimoni, dall’altra i piccoli risparmiatori. 


I primi saranno dei clienti-cedola; i secondi dei clienti-polizza. A far la differenza sono i costi di gestione e di raccolta che, con le performance attuali, ma anche con quelle attese da qui a qualche anno, non consentono grandi svolazzi. Mezzo milione di euro in gestione rende, al gestore, tra i 2 mila e i 3.500 euro l’anno. Quanto si può ricavare da 10 mila euro affidati in gestione da un piccolo risparmiatore?
E allora, se per il gestore è poco conveniente occuparsi con dedizione del grande cliente, figuriamoci di quello piccolo. I più ricchi, li definiremo clienti-cedola, investono le loro risorse finanziarie con il concetto della rendita: consegnano il loro denaro al gestore e chiedono un rendimento che sia allineato, centesimo più, centesimo meno, a quello del Btp decennale. I titoli azionari non vengono nemmeno presi in considerazione e si chiede al gestore di scegliere delle obbligazioni in grado di rendere quello che chiedono.

Poi si passa a “riscuotere” una volta ogni tre-quattro mesi. È appunto come se avessero affittato degli immobili (è il chiodo fisso degli italiani…) e il gestore è nella parte scomoda dell’inquilino. Questi clienti sono quelli che vivono con il loro patrimonio e lo devono far fruttare.
Gli altri, i piccoli risparmiatori, quelli che hanno anche 100 mila o 200 mila euro da affidare al gestore non possono avere grandi pretese: 200 mila euro, anche al 5% all’anno, rendono 10 mila euro con cui al giorno d’oggi non si vive di sicuro. Per di più quei 200 mila euro rendono al gestore poco più di 100 euro al mese. Troppo poco per dedicarci tempo: il tempo è denaro. Così il denaro di risparmiatori con somme inferiori ai 500 mila euro finisce in gran parte in polizze che comunque rendono e una volta investiti richiedono poca cura per la gestione.
Rossi ha dunque tracciato un quadro spietato. Può anche essere che sia ciò che attenda i risparmiatori nel nostro paese e anzi, a ben guardare è l’ipotesi più probabile. Guardiamoci attorno e cosa vediamo? Soluzioni pronte per il fai da tè, tanto peggio se l’investitore ci rimette poi anche la camicia. Operatori bancari poco attenti ai clienti ma ben concentrati su ciò che conviene all’istituto che passa loro lo stipendio, promotori finanziari molto spesso condizionati a loro volta dalle società mandanti.
Un quadro buio e desolato ma c’è una fioca luce che potrebbe risplendere ed illuminare l’investitore e pensare che dipende unicamente dallo stesso risparmiatore. La parola magica è consulenza. Siamo agli albori di questo approccio ed il suo sviluppo dipende dalla domanda di qualità che solo l’investitore può innescare. Non è nelle corde degli investitori italiani pagare per un servizio di cui per anni si è potuto fare a meno, ma erano anni in cui le economie tiravano, il benessere aumentava di anno in anno, le aziende e le banche erano solide ed i governi potevano sostenere senza grandi sforzi il welfare; era un‘epoca nella quale la parola rischio era poco più che un vocabolo in disuso.
Ora gli scenari sono assolutamente diversi, l’impoverimento personale è già una realtà (pochi fortunati si sottraggono a questa regola), di quello sociale meglio non parlare. Investire, oggi, è un atto che comporta anche una ineludibile valutazione delle insidie che racchiude, un errore può essere fatale per la gestione e la programmazione del benessere personale e familiare.
Tutto ciò ha un prezzo. Un professionista in grado di individuare soluzioni personalizzate a legittime aspettative di sicurezza e guadagno deve essere logicamente remunerato per la sua opera, complementare a quella della mera scelta di prodotti e strumenti finanziari.
Spostare l’attuale trend di supponenza nei confronti dei risparmiatori e di ineluttabile separazione fra ricchi e meno ricchi è una questione che sta nelle mani degli stessi risparmiatori. E’ una questione di domanda e offerta.
Dal lato dell’offerta posso dire che i professionisti preparati ci sono, non è difficile individuarli (prossimamente tratterò l’argomento della ricerca di un buon consulente finanziario), dal lato della domanda la questione, lo ribadisco, è nelle mani degli stessi risparmiatori. Se il desiderio di qualità e sicurezza sarà reale, questi stimoleranno la crescita del settore e indirizzeranno gli operatori verso questo approccio, se così non sarà, auguro a tutti di essere ricchi, molto ricchi. I problemi ci saranno lo stesso ma sarà un po’ più comodo affrontarli.

Mi è capitato tra le mani un interessante articolo di Alessandro Rossi, pubblicato il 20 Gennaio scorso su Bluerating, incentrato sullo sviluppo del risparmio gestito in Italia.

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