giovedì 12 gennaio 2012

IL SENSO DEL RISPARMIO


Ci siamo appena lasciati alle spalle un anno orribile come il 2011 (finalmente, dirà qualcuno) e non coltiviamo certo illusioni sul proseguimento delle difficoltà che ci aspettano per l’anno entrante: recessione, crisi dell’euro, debiti sovrani a rischio default, banche in gravi difficoltà finanziarie e chi più ne ha più ne metta. Di fronte a noi si presenta un percorso ben disseminato di ostacoli ma del resto non possiamo certo esimerci dal percorrerlo. Quello che dobbiamo fare è attrezzarci per superarlo nel miglior modo possibile.
Ci sono due piani su cui dovremo concentrare la nostra attenzione: quello strategico e tecnico e quello umorale e psicologico. Le battaglie (dopo millenni di guerre una certa esperienza se l’è ben fatta il genere umano…) si affrontano con maggiori probabilità di successo se si hanno a disposizione armi adeguate, strategie precise e se si affronta il nemico con la giusta carica.
Volendo trasferire tutto ciò nel nostro campo, la finanza, potremmo dire che i mercati vanno affrontati con mezzi adeguati (i patrimoni), con strategie di investimento ben strutturate e con la giusta preparazione mentale.
In merito a quest’ultimo punto, l’atteggiamento mentale, non posso fare a meno di pensare con quale stato d’animo il normale investitore sia giunto sino a qui, coinvolto suo malgrado in una guerra economica che sta squassando l’intera civiltà occidentale e della quale fino a pochi mesi orsono era sostanzialmente ignaro, chiamato a difendere il bene comune del paese ma soprattutto responsabilizzato per la tutela del benessere proprio e di quello della famiglia. E’ pronto questo “guerriero” a scendere in campo e a dare battaglia?
Dal mio osservatorio percepisco che il “guerriero” è afflitto da grave sconforto. Quante delusioni si sono accumulate in questi anni, quante perdite si sono sommate, l’una sull’altra e in fondo al cuore il nostro guerriero si sente abbattuto o, nei casi più gravi, depresso.
Il risparmiatore medio ha riposto una sacra fiducia nei titoli dello stato, sicuri e generosi, mai ha tradito il secondo fornitore di titoli, il sistema bancario, solido come le sue casseforti. Ha coltivato con cura e pazienza l’orto di casa acquistando a mani piene i titoli della borsa italiana riponendo una grande fiducia nell’abilità imprenditoriale dei conterranei capitani d’industria  ma soprattutto nell’infallibilità del proprio fiuto degli affari, notoriamente il più sviluppato dei sensi che madre natura gli ha dato.
Un po’ alla volta si sono insinuati i primi dubbi, ha cominciato ad aprire gli occhi ed è rimasto dapprima timidamente perplesso, poi allibito e infine si è quantomeno irritato. Pochi anni dopo ha provato i brividi dei mutui sub-prime ed infine è arrivato il 2008 con lo shock della Lehman Brothers. A quel punto il disorientamento si è notevolmente aggravato e forti dubbi si sono incuneati  nella sua mente e hanno iniziato a scavare in profondità, come tarli che divorano il legno.
Di cosa stiamo parlando? Della borsa e del trading on line, delle dot.com, delle ipo, dei bond sudamericani, delle obbligazioni e delle azioni di Cirio e Parmalat, degli hedge funds, dei derivati, delle obbligazioni e delle polizze strutturate, degli abs, dei subprime, ecc… . Quanti grossolani errori. Ingenuità dei sottoscrittori? Malizia degli offerenti? Forse l’una più dell’altra, forse entrambe in egual misura.
Infine, l’anno scorso, il tradimento supremo. Quello no, quello non doveva esserci. E’ mai possibile che si metta in dubbio il rimborso dei bot, delle obbligazioni emesse da quelle stesse banche che accudiscono con tanta cura il denaro dei depositanti, che si debba temere che fra un giorno, un mese, un anno - o magari più in là nel tempo - lo stesso denaro che si tiene in tasca possa perdere gran parte del suo valore? Ma la casa, quella resta, perbacco. Resta, certamente sì, ma quanto vale? Vale quanto vorrebbe ricavarne il proprietario o quanto è disposto ad offrire l’acquirente? Ma dove sarà mai finito questo fantomatico acquirente? Dai cartelli che ormai spuntano ovunque sembrerebbe proprio che a nessuno in Italia interessi più possedere case, uffici, negozi e capannoni industriali. Eppure quando acquistava l’ennesima abitazione (denaro sicuro, il mattone non tradisce mai…) il suo agente immobiliare gli continuava a ripetere che la si sarebbe rivenduta in un attimo, uno schiocco di dita. Sì dicevano proprio così.
Memoria corta su certi risultati?  Facciamo una breve carrellata su come sono andate le cose in questi anni nei principali mercati azionari del mondo. Dall’inizio del nuovo millennio la borsa italiana ha lasciato sul campo il 57% del suo valore, quella giapponese il 46%, il Nasdaq (il motore della crescita anni ’90) il 41%, l’indice Usa il 27% e la tanto apprezzata Germania il 5%. Facendo in prospettiva un rapido calcolo una crescita costante del 10% per i prossimi 10 anni della borsa italiana non sarebbe ancora sufficiente per ritornare in pari.
Se è vero che la salita dei mercati azionari è anche un termometro della crescita economica sottostante non possiamo nasconderci che la borsa russa è cresciuta nello stesso periodo del 586%, quella brasiliana del 168% e in oriente India e Cina sono rispettivamente cresciute del 92 e 26% !! Chi l’avrebbe mai detto 10 anni fa ?!?
Ammettiamolo, il mondo è cambiato. Un cambiamento non certo semplice, non in linea con la letteratura economica, non facile da comprendere e di conseguenza da assecondare. Siamo di fronte a mutamenti che stanno sovvertendo le regole del passato ma che - anzi - di regole sembra proprio non averne. E’ come se, acquistato un complesso apparecchio elettronico, scoprissimo che il manuale delle istruzioni fosse scritto solo in cinese e sanscrito antico; si può sempre imparare provando, … però …. Una bella difficoltà navigare in acque agitate come queste.
Quando, verso la fine di gennaio, il nostro risparmiatore si metterà a fare due conti e scoprirà che magari non sono quelli che si aspettava scatterà in lui un profondo senso di rigetto e capisco cosa proverà: gli verrà voglia di gettare tutto all’aria, di liquidare le posizioni finanziarie e con il ricavato acquistare una bella auto nuova, andare in una rinomata agenzia turistica e acquistare un viaggio da favola (un bel giro del mondo, perché no?), riempire l’armadio di bei vestiti nuovi e comode scarpe di pregiata pelle e con quello che rimane fare un bell’investimento nel paradiso artificiale del tasso fisso garantito e vincolato.
Ma poi, caro risparmiatore, passata l’euforia e gettato al vento il tesoretto di famiglia, i nodi non verranno al pettine? In tutti questi anni non hai certo risparmiato per assaporare l’amarezza della rinuncia immediata e i sacrifici che hai fatto erano finalizzati, qualora se ne fosse presentata la necessità, a fronteggiare delle spese improvvise, alla possibile perdita del posto di lavoro, al mantenimento di un figlio in qualche decorosa università, a integrare la magra (ma sotto sotto lo avevi sempre sospettato…) e sospirata pensione che sarebbe arrivata dopo anni di duro lavoro.
Eh sì, l’umore non è proprio quello giusto per un virile combattimento. Allora cerchiamo di pensare positivo, magari quello che segue aiuterà allo scopo.
I mezzi. In questi anni, tra borse cedenti, tassi da fame, costi di investimento, tasse, imposte, balzelli, qualche errore di troppo, qualche trappola disseminata qua e là fra fogli informativi vari , contratti, codicilli e carte di ogni genere, ad essere fortunati che sia rimasto sostanzialmente lo stesso. Pensa a quante fra le tue conoscenze si sono lamentate dei loro risultati e dei loro errori; troppo trading, troppe azioni, troppi bond taroccati, troppa liquidità, troppi mattoni (che poi li chiamiamo così ma in effetti sono solo dei “forati”). Troppi errori, troppe perdite. Ed il benessere che ti ha circondato ti ha fatto apparire superfluo l’atto del risparmio. A che pro sacrificare? I bot sono garantiti, la banca è sicura, le azioni prima o dopo “devono” dare ritorni prestigiosi, la casa si apprezza da sola, una pensione ci sarà sempre, meglio spenderli, che poi, morti noi, morti tutti.
Ora i mezzi sono quelli che sono. Se si è agito con grande responsabilità, tanto meglio; se si è versato del latte, inutile rimpiangerlo. Ma d’ora in avanti , con la crisi (o depressione ??) che incombe, vogliamo tutelare per davvero il nostro patrimonio? Difendere il proprio benessere sarà già un’ardua impresa, incrementarlo una sfida molto coraggiosa. L’augurio è quello di essere fra quelli che possono ancora permettersi di stare tranquilli, quelli che fanno un lavoro ricercato e ben pagato, quelli che il lavoro lo possono determinare da soli, che vantano una clientela solvibile e puntuale, che non devono attendere soldi dallo stato, che sono solidamente inseriti in un mercato in forte e costante espansione.
Mettiamoli dunque in campo, allestiamo le opportune difese, rendiamoli aggressivi al punto giusto, cerchiamo di trovarne di nuovi (un’eredità insperata va bene ed aiuta, giocarsi decine di euro al mese con i biglietti della lotteria ed il superenalotto no…).
Arriviamo al punto più delicato: le strategie.
Mi soffermo brevemente sulla situazione nella quale siamo immersi. Nei prossimi anni le cosiddette economie emergenti si ritaglieranno ulteriori fette della produzione e della ricchezza mondiale, il che significa che noi occidentali saremo destinati  a lottare per mantenere lo status quo, non per aumentare il benessere che già abbiamo (come società, perché individualmente il pollo di Trilussa continuerà a fare scuola). La nostra economia, quella italiana, soffre di malesseri aggiuntivi. Citiamone almeno i principali: 1) una industrializzazione che va regredendo (calano i posti di lavoro che creano la ricchezza), 2) abbiamo una macchina amministrativa pubblica costosissima e farraginosa che ostacola lo sviluppo, 3) abbiamo un livello di istruzione che si sta notevolmente abbassando con gravi conseguenze per la qualità del livello produttivo nazionale, 4) abbiamo un debito pubblico stratosferico che ci costa una significativa fetta di ricchezza anno dopo anno e che si trova ad un livello di guardia (potrebbe degenerare nell’insolvenza);  5) stiamo infine scoprendo un sistema bancario (la benzina del motore) che sta arrancando e non è al momento in grado di sostenere l’economia nazionale.
Rammento che la borsa italiana è allo stesso livello raggiunto nel 1986 (“solo” 26 anni fa !!!), che il BTP decennale è sotto del 14,20% rispetto al suo valore facciale, che il CCT quinquennale è sotto di oltre il 16% rispetto al valore di rimborso. Il “famigerato” spread sconta una svalutazione fra stati (Italia vs. Germania) di oltre il 40% a 10 anni !!!
Questi numeri non fanno certo venire voglia di dedicarsi alla finanza ma di essa (nelle sue molteplici forme) non possiamo farne a meno. Mi ha sempre fatto sorridere l’immagine del pensionato che, privo di finanza, chiede al pizzicagnolo di saldare il conto della spesa con quattro mattoni avanzati o un paio di scarpe che la moglie che non usa più. Meglio soprassedere su cosa gli risponderebbe il pizzicagnolo …
Per anni ci saranno aree che cresceranno a diverse velocità, aziende che inevitabilmente giungeranno al loro tramonto, ne avremo altre che invece prenderanno il volo e nessuno ci verrà a dire come distinguerle. Molti degli odierni paesi-guida cederanno progressivamente potere e ricchezza a nazioni che hanno voglia e mezzi per svilupparsi sempre più (quale migliore carburante per la crescita l’esperienza della fame e la forza della gioventù che vuole emergere?...). Nasceranno nuove tecnologie ed altre scompariranno, nelle società occidentali si andranno sempre più integrando masse crescenti di individui di razza e cultura diverse, paesi di frontiera cederanno le loro prerogative ad altri.
Pensare di gestire tutta questa complessità da soli non è forse un atto di follia ??
Alle strategie collettive ci penseranno altri, capi di governo, imprenditori, forze politiche e sociali e ci coinvolgeranno (hanno già iniziato a farlo…) con riforme di tale portata che faremo fatica a riconoscere la nostra società fra qualche anno. Agli interessi nostri però e a quelli delle nostre famiglie dovremo pensarci noi stessi con l’aiuto di qualche guida esperta alla quale delegare molte decisioni. Molte non significa tutte perché alcune sono così tanto importanti da costituire la base stessa dell’investimento e la cui competenza è interamente in capo al singolo risparmiatore.
LE COMPETENZE DELL’INVESTITORE
La prima di queste competenze è quella di dover focalizzare in modo inequivocabile le ragioni più profonde per le quali siamo disposti ad effettuare dei sacrifici immediati per godere di benefici futuri; in altre parole a cosa sia destinato il nostro risparmio deve essere una decisione ponderata e razionale. Farlo significa focalizzare l’attenzione nostra e quella dei nostri “esperti” su un obiettivo chiaro, certo e misurabile. Senza di essa perdono di significato i sacrifici e si dissipano molte risorse preziose. Se si è deciso di andare a Roma (partendo da Venezia) e si ha a disposizione una certa somma, passare prima per Milano, poi per Genova, Bologna e Firenze per giungere infine alla meta si sarà inutilmente sprecato tempo e denaro.
Ci sono sport che hanno un grandissimo fascino e incantano praticanti e tifosi, altri che temprano  fortemente il carattere, altri che ti insegnano strategie. Una regola del tennis che ogni investitore dovrebbe fare sua è quella del “non perdere mai di vista la palla”. Se vuoi vincere, ossia ribattere i colpi del tuo avversario per poi piazzare i tuoi colpi vincenti, devi costantemente tenere d’occhio la palla; mai distrarsi, mai pensare di anticipare le mosse, seguire la palla. Questo ti insegnano. In finanza è lo stesso. Quando si è costruito un percorso di investimento (si ha una meta) mai e poi mai perdersi in altre cose. Farlo, significa perdere per strada tempo e risorse: beni preziosi. Impariamo a riconoscere queste trappole mentali, normalmente sono quelle che io definisco scorciatoie. L’esempio più classico è quello dell’inseguimento delle mode, delle opportunità improvvise, delle occasioni da non perdere (non vogliamo certo passare per stupidi, no?). E’ così che si sono bruciati fior di quattrini; il titolo sicuro segnalato dall’amico, la scommessa esagerata sulle azioni di quel paese o quell’altro, l‘impazienza del risultato immediato per cui si cavalca mese dopo mese il prodotto vincente. Tempo perso, soldi persi.
Obiettivo chiaro, determinazione ferrea; al risparmiatore bastino questi due principi per fare la propria strategia vincente.
Poi spetta agli “esperti” la messa in pratica di ciò. Come farebbe un imprenditore che ha chiaro in testa cosa produrre e dove piazzare i suoi prodotti. Ai manager aziendali spettano i compiti esecutivi, come decidere le politiche di gestione del personale, i materiali e i macchinari da utilizzare, i canali distributivi, i mezzi finanziari, ecc.
Le strategie più spicciole per il 2012, dunque, quali saranno? Sarà un bel problema per gli “esperti” definirle. Un’economia guidata dalla politica non è il massimo per assumere decisioni tattiche. Per mesi avremo sulle nostre teste non una ma numerose “spade di Damocle”. I debiti pubblici rientreranno? I deficit saranno sotto controllo? Le banche resisteranno alla crisi? Le imprese riusciranno a sostenersi in presenza di credito bancario limitato? Riusciranno i paesi emergenti a sostenere la crescita pur in presenza di una ridotta domanda da parte dei paesi occidentali? E queste sono solo alcune delle questioni sul tappeto. L’una più grave dell’altra.
Nessun “esperto” è oggi in grado di parlare di un domani che non conosce, è già difficile capire dove si è ora. I mercati nei prossimi mesi saranno giudici severissimi. Avere visioni rosee è un costoso lusso che quest’anno non sarà certo di moda. Meglio essere concreti e assecondare i trend (positivi) quando ci saranno e abbandonarli quando prenderanno pieghe diverse.
Diversificare, diversificare molto, diversificare bene. Cosa resta, dunque? Resta la capacità di guardare la realtà e confrontarsi con i propri limiti nel rispetto del progetto di investimento che tu, caro risparmiatore, hai strutturato, senza cedimenti o tentazioni fuorvianti. Sarà uno sforzo non indifferente, ma non sarai solo. Al tuo fianco avrai certamente un “esperto”.  Ah, … dimenticavo … sceglilo bene …

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