sabato 29 agosto 2015

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 137 – Incertezza e punti di svolta. Il caso Yellen e i tassi


Molti oggi si domandano: siamo forse nel bel mezzo di un punto di svolta? Soprattutto con i corporate bond? I rendimenti stanno forse risalendo dopo una discesa che è iniziata alla fine degli anni 80? In precedenza erano saliti per un quarantennio.

Figura 1. Andamento dei rendimenti dei corporate dal 1920 a oggi: una discesa fino al 1940, una salita fino al 1990 e poi una discesa. Forse oggi l’inizio di una risalita? (Fonte: Federal Reserve rielaborata Bloomberg).

Che cosa determina questi grandi cambiamenti che avvengono sui tempi lunghi? Ovviamente le condizioni economiche. Se oggi stiamo uscendo dalla recessione possiamo augurarci una risalita. Ma il movimento è per ora troppo timido per stabilire con certezza che siamo di fronte ad un punto di svolta di lungo periodo, come quello del secolo scorso indicato in Figura 1. Il rettangolo giallo mostra che anche nei primi anni novanta avevamo avuto un breve cambiamento di trend. Ma poi era ripresa la discesa di lungo periodo. Insomma è difficile capire, mentre ci stiamo dentro, il momento o anche il periodo in cui sta per avvenire un punto di svolta.
Va anche detto che agli investitori interessano trend più corti, ad esempio la forza del dollaro che, pur essendo calante sui tempi lunghi, ha avuto due grandi momenti di risalita negli anni ottanta e alla fine degli anni novanta. Oggi forse anche qui siamo di fronte a un punto di svolta e, pur non tornando ai massimi del passato, il valore del dollaro potrebbe risalire fino nella zona indicata dal rettangolo blu in Figura 2. 

Figura 2. Con il segmento di retta rosso è indicato il calo della forza del dollaro in termini reali su un periodo di quasi mezzo secolo. La linea bianca indica le forti oscillazioni all’interno di questo periodo: due salite e due discese. La linea verde indica l’ultima forte risalita che porterebbe il dollaro nell’area del rettangolo blu se l’attuale inversione di tendenza fosse l’inizio di un trend consolidato. (Fonte: Federal Reserve rielaborata Bloomberg).
Se queste “svolte” sono dovute a fattori economici fondamentali, non dobbiamo tuttavia dimenticare un fattore “mentalista”, solo indirettamente economico-finanziario, che interessa di più gli investitori, almeno a seguire le cronache. Si tratta delle aspettative presenti sul mercato, e del noto meccanismo tale per cui le aspettative si auto-avverano, e quindi vanno calcolate e cavalcate (il famoso effetto del concorso di bellezza di Keynes, di cui parlerò nel prossima lezione). In questi casi le aspettative condivise dai più prevalgono sulle autorevoli previsioni ufficiali della Federal Reserve, come si vede in Figura 3. 
Il meccanismo delle aspettative condivise sui comportamenti altrui è molto forte e agisce in poco tempo. Esso inoltre permette di imbastire storie appassionanti, com’è il caso recente della Grecia, dove tutti agiscono sulla base delle aspettative circa quello che decideranno gli altri. Le cronache finanziarie devono venire alimentate per poter ogni giorno risultare avvincenti. Questo premia a maggior ragione i tempi corti, spesso cortissimi, e obnubila i fenomeni più importanti e i veri spunti di svolta. Obnubila anche le differenze di previsione che non siano di cortissimo periodo, ma che interessano un periodo medio-lungo. Sono proprio queste che dovrebbero interessare di più i risparmiatori e i consulenti. Per esempio, la Figura 3 mostra che al dicembre 2014 la Fed prevedeva dei tassi in salita per giugno di quest’anno e invece il meccanismo delle aspettative condivise li ha tenuti molto più bassi. E’ più “adattivo” attenersi alle previsioni estrapolate dalla Fed, oppure a quelle che realizzano le aspettative? I grafici sono una chiara risposta al quesito. E’ importante cogliere la differenza tra presunte “decisioni razionali” e decisioni basate sulle aspettative dei più. A questo problema dedicheremo la prossima lezione.

Figura 3 Si mostrano quelli che sarebbero stati i livelli dei tassi oggi secondo le dichiarazioni della Fed di un anno fa (scritta in giallo) e li si confrontano con i valori che allora erano impliciti nel mercato e che poi si sono realizzati (scritta in rosso). (Fonte: Federal Reserve rielaborata Bloomberg).
E, per completare questa lezione, vediamo in Figura 4 quale dovrebbe essere il livello dei tassi secondo la Fed alla fine del 2016: le cose andranno veramente così? E’ interessante notare che non sono le cronache di ogni giorno, con i loro ribaltamenti e le loro sorprese che si avvicendano in poche ore, quelle che dovrebbero catturare la nostra attenzione. Bensì l’effetto delle aspettative incrociate di cui parleremo nella prossima lezione. 

Figura 4 Ripetizione della Figura 3 ma proiettata da oggi al 2016. Come nella figura precedente, diviene così possibile il confronto tra quelli che oggi sono i tassi futuri impliciti nel mercato per il 2016 e quelli più alti previsti dalla Fed, sempre per la fine del 2016. (Fonte: Federal Reserve rielaborata Bloomberg).
Malgrado tutta l’analisi di questa lezione, i media chiedono agli economisti più spesso previsioni difficili, e di corto respiro, e non un commento dei trend sui tempi medi, che sono più rilevanti per gli investitori. La figura 5 è un esempio di questo meccanismo legato alla narrazione drammatica del dramma greco e riguarda le previsioni degli economisti sull’esito delle ben note vicende (sondaggio del 30 giugno). Nella prossima lezione torneremo sul tema delle aspettative incrociate. 

La Figura 5 indica un sondaggio del 30 giugno 2015 effettuato con un panel di economisti interpellati da Bloomberg su quello che succederà alla fine del 2015. Le risposte di gran lunga prevalenti sono che non ci sarà un impatto greco sulla crescita europea, che la Grecia non uscirà dall’euro, e che ne farà ancora parte alla fine del 2015. (Fonte: rielaborazione Bloomberg).

Nessun commento:

Posta un commento