Molti
oggi si domandano: siamo forse nel bel mezzo di un punto di svolta? Soprattutto
con i corporate bond? I rendimenti stanno forse risalendo dopo una discesa che
è iniziata alla fine degli anni 80? In precedenza erano saliti per un
quarantennio.
Figura 1. Andamento dei rendimenti dei corporate
dal 1920 a oggi: una discesa fino al 1940, una salita fino al 1990 e poi una
discesa. Forse oggi l’inizio di una risalita? (Fonte: Federal Reserve
rielaborata Bloomberg).
Che cosa determina questi
grandi cambiamenti che avvengono sui tempi lunghi? Ovviamente le condizioni
economiche. Se oggi stiamo uscendo dalla recessione possiamo augurarci una
risalita. Ma il movimento è per ora troppo timido per stabilire con certezza
che siamo di fronte ad un punto di svolta di lungo periodo, come quello del
secolo scorso indicato in Figura 1. Il rettangolo giallo mostra che anche nei
primi anni novanta avevamo avuto un breve cambiamento di trend. Ma poi era
ripresa la discesa di lungo periodo. Insomma è difficile capire, mentre ci
stiamo dentro, il momento o anche il periodo in cui sta per avvenire un punto
di svolta.
Va anche detto che agli
investitori interessano trend più corti, ad esempio la forza del dollaro che,
pur essendo calante sui tempi lunghi, ha avuto due grandi momenti di risalita
negli anni ottanta e alla fine degli anni novanta. Oggi forse anche qui siamo
di fronte a un punto di svolta e, pur non tornando ai massimi del passato, il
valore del dollaro potrebbe risalire fino nella zona indicata dal rettangolo
blu in Figura 2.
Figura 2. Con il segmento di retta rosso è
indicato il calo della forza del dollaro in termini reali su un periodo di
quasi mezzo secolo. La linea bianca indica le forti oscillazioni all’interno di
questo periodo: due salite e due discese. La linea verde indica l’ultima forte
risalita che porterebbe il dollaro nell’area del rettangolo blu se l’attuale
inversione di tendenza fosse l’inizio di un trend consolidato. (Fonte: Federal
Reserve rielaborata Bloomberg).
Se queste “svolte” sono dovute a fattori economici
fondamentali, non dobbiamo tuttavia dimenticare un fattore “mentalista”, solo indirettamente
economico-finanziario, che interessa di più gli investitori, almeno a seguire
le cronache. Si tratta delle aspettative presenti sul mercato, e del noto
meccanismo tale per cui le aspettative si auto-avverano, e quindi vanno
calcolate e cavalcate (il famoso effetto del concorso di bellezza di Keynes, di
cui parlerò nel prossima lezione). In questi casi le aspettative condivise dai
più prevalgono sulle autorevoli previsioni ufficiali della Federal Reserve,
come si vede in Figura 3.
Il meccanismo delle aspettative condivise sui comportamenti altrui è molto
forte e agisce in poco tempo. Esso inoltre permette di imbastire storie
appassionanti, com’è il caso recente della Grecia, dove tutti agiscono sulla
base delle aspettative circa quello che decideranno gli altri. Le cronache
finanziarie devono venire alimentate per poter ogni giorno risultare
avvincenti. Questo premia a maggior ragione i tempi corti, spesso cortissimi, e
obnubila i fenomeni più importanti e i veri spunti di svolta. Obnubila anche le
differenze di previsione che non siano di cortissimo periodo, ma che
interessano un periodo medio-lungo. Sono proprio queste che dovrebbero
interessare di più i risparmiatori e i consulenti. Per esempio, la Figura 3
mostra che al dicembre 2014 la Fed prevedeva dei tassi in salita per giugno di
quest’anno e invece il meccanismo delle aspettative condivise li ha tenuti
molto più bassi. E’ più “adattivo” attenersi alle previsioni estrapolate dalla
Fed, oppure a quelle che realizzano le aspettative? I grafici sono una chiara
risposta al quesito. E’ importante cogliere la differenza tra presunte
“decisioni razionali” e decisioni basate sulle aspettative dei più. A questo
problema dedicheremo la prossima lezione.
Figura 3 Si mostrano quelli che sarebbero stati
i livelli dei tassi oggi secondo le dichiarazioni della Fed di un anno fa
(scritta in giallo) e li si confrontano con i valori che allora erano impliciti
nel mercato e che poi si sono realizzati (scritta in rosso). (Fonte: Federal
Reserve rielaborata Bloomberg).
E, per completare questa
lezione, vediamo in Figura 4 quale dovrebbe essere il livello dei tassi secondo
la Fed alla fine del 2016: le cose andranno veramente così? E’ interessante
notare che non sono le cronache di ogni giorno, con i loro ribaltamenti e le
loro sorprese che si avvicendano in poche ore, quelle che dovrebbero catturare
la nostra attenzione. Bensì l’effetto delle aspettative incrociate di cui
parleremo nella prossima lezione.
Figura 4 Ripetizione della Figura 3 ma
proiettata da oggi al 2016. Come nella figura precedente, diviene così
possibile il confronto tra quelli che oggi sono i tassi futuri impliciti nel
mercato per il 2016 e quelli più alti previsti dalla Fed, sempre per la fine
del 2016. (Fonte: Federal Reserve rielaborata Bloomberg).
Malgrado
tutta l’analisi di questa lezione, i media chiedono agli economisti più spesso
previsioni difficili, e di corto respiro, e non un commento dei trend sui tempi
medi, che sono più rilevanti per gli investitori. La figura 5 è un esempio di
questo meccanismo legato alla narrazione drammatica del dramma greco e riguarda
le previsioni degli economisti sull’esito delle ben note vicende (sondaggio del
30 giugno). Nella prossima lezione torneremo sul tema delle aspettative
incrociate.
La Figura 5 indica un sondaggio del 30 giugno
2015 effettuato con un panel di economisti interpellati da Bloomberg su quello
che succederà alla fine del 2015. Le risposte di gran lunga prevalenti sono che
non ci sarà un impatto greco sulla crescita europea, che la Grecia non uscirà
dall’euro, e che ne farà ancora parte alla fine del 2015. (Fonte:
rielaborazione Bloomberg).
Nessun commento:
Posta un commento