Torno
al tema della lezione precedente: le “false certezze” e le paure “giuste”.
Proprio le persone sicure di sé e delle proprie “false certezze” sono spesso le
stesse persone che fanno le più clamorose sciocchezze. Poi non ammettono di
averle fatte, e finiscono per peggiorare le cose (cfr. il mio “Non occorre essere stupidi per fare
sciocchezze”, Mulino, 2011). Al contempo, il senso del controllo degli
eventi, e la fiducia in se stessi, sono un buon ingrediente per affrontare la
vita in modo ottimistico, a patto che non si esageri.
Nel caso delle paure
associate alla gestione del risparmio, la questione di fondo consiste nel
dubitare anche di se stessi e nel domandarsi se siamo in condizioni di gestire
con il metodo “fai-da-te” i nostri risparmi. Abbiamo visto che molti italiani
hanno ritenuto di essere preparati, con esiti nel complesso non molto
brillanti. Ed è curioso che non avevano paura di sbagliare proprio nel campo in
cui avrebbero dovuto avere paura, come ho cercato di mostrare nei miei “6
esercizi facili” (Cortina, 2015). Solo un professionista, o una persona
che ha studiato e pensato, sa maneggiare la teoria di Markowitz, basata su sei
componenti, ciascuno dei quali è difficile, se non contro-intuitivo. In
sostanza, la teoria funziona sulla base di un’ammissione di incertezza, una
sorta di dubbio sistematico. Avere dubbi e cercare di darsi torto è il segreto
del pensiero critico. La paura di sbagliare, in questo senso può aiutare.
Il mistero è come mai non
si abbia paura di sbagliare in certi ambiti decisionali, proprio dove sarebbe
bene andare cauti (ma il mistero lo risolvo nel mio recente libro!).
Vi faccio un esempio
d’attualità, un esperimento molto semplice.
Nell’ultimo mese sono stati
venduti all’asta dei pezzi di arte contemporanea. In ordine: un quadro di Pablo
Picasso (Les Femmes d’Alger, version O”), al prezzo di $ 179,4 milioni;
un quadro
di Vincent Van Gogh (L’Allée des Alyscamps), al prezzo di $ 66,3 milioni;
e, infine una statua di
Alberto Giacometti (L’Homme au Doigt) per $ 141,3 milioni.
Gli amici da me interrogati
hanno dato un ordine diverso semplicemente perché a un inesperto di arte contemporanea
i nomi di van Gogh e Picasso sono più noti (provate anche voi con i vostri
amici). Questo è l’effetto del ben noto meccanismo del “riconoscimento per
familiarità”, quello, per intenderci, che in tutto il mondo fa prevalere presso
i risparmiatori gli investimenti in qualcosa che è noto (“availability bias”).
E quel che ci è familiare, il più delle volte, è qualcosa “di casa”: di qui il
ben noto “home bias” nella scelta degli investimenti, in Italia fortissimo,
almeno in passato.
Nello stesso tempo, una
stragrande maggioranza di italiani, dieci anni fa, aveva dichiarato,
rispondendo a un sondaggio condotto con un campione rappresentativo di
risparmiatori, che i valori delle case sarebbero certamente saliti (cfr. il mio
testo del 1996). Come mai, in questo campo, gli italiani credevano
d’intendersene e in quell’altro no? Semplicemente sulla base della loro
esperienza personale, e della fuorviante tendenza a dare un eccessivo peso a
quella che è la nostra “esperienza personale”. Pessima guida, quest’ultima, per
la gestione dei risparmi perché favorisce sistematicamente ciò che ci è noto,
noto sulla base della nostra storia, proprio come nel caso dei giudizi sui
valori dei quadri. E tuttavia le persone che danno un giudizio sui quadri
si affrettano ad aggiungere che non se ne intendono. Tirate da voi la morale di
questo esempio (e magari usatelo con i vostri clienti, per lo meno con quelli
più superbi!). E tutto ciò ci riporta alla paura: le persone tendono ad avere
paura di ciò che è sconosciuto, non familiare, e non vedono i pericoli che
hanno sotto gli occhi!
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