domenica 27 maggio 2012

IL PUNTO DELLA SITUAZIONE - Incontro con Andrew Harmstone di Morgan Stanley


In settimana ho avuto l’opportunità di partecipare ad un incontro con Andrew Harmstone  (Managing Director di Morgan Stanley) sulla situazione politica e finanziaria delle economie occidentali.
Cercherò di fare un sunto delle sue opinioni.
Punto cruciale dell’attuale situazione è la mancanza di concertazione (e di conseguenza di sostegno)  fra i governi dell’Eurozona in tema di politiche e strategie volte alla crescita e anche negli Stati Uniti si sta palesando una forte divergenza politica fra lo sfidante repubblicano ed il presidente uscente. Da qui una sostanziale impossibilità di accordi e coesione sino alla scadenza elettorale autunnale.
La differenza fra l’attuazione di politiche fiscali ben coordinate ed una situazione di sostanziale impasse sta in una ipotetica forbice che va da un  aumento del Pil nell’Eurozona dello 0,6% - per il 2013 – ed una caduta del -1,4% nel secondo caso.
In pochissimo tempo la Spagna ha modificato unilateralmente il target di deficit portandolo dal 4,4 al 5,8% disattendendo gli accordi presi in sede comunitaria, Monti posticipa di un anno il raggiungimento del pareggio di bilancio, Hollande si focalizza sulla mancanza di misure pro crescita mentre in Olanda il governo inciampa sulle misure di austerity e la Grecia rivoluziona gli assetti politici provocando l’impossibilità di formazione di un qualsivoglia governo. L’elettorato si esprime aumentando sensibilmente l’appoggio ai partiti e movimenti  che intendono rimettere in discussione le politiche di austerity.
Tutto ciò provoca una caduta dei mercati azionari europei, che pur avevano dato segni incoraggianti di crescita fino alla metà di marzo, ben evidente se confrontata con l’andamento degli indici globali.
Le iniezioni di liquidità della BCE, utilizzate in grandissima parte dalle banche per acquistare titoli governativi (che così facendo hanno altresì sostenuto il rinnovo dei titoli in scadenza tanto temuto dalle autorità centrali), non hanno avuto alcun effetto sostanziale sul sistema delle imprese. In questa situazione il peggioramento della crisi comporterebbe un ennesimo crollo del  valore dei bond e, pertanto, si deve rilevare che l’accresciuto volume di questi asset negli attivi delle banche ha aumentato il rischio sistemico.
Tutto ciò rende molto fragile l’attuale situazione e sottende ad un ulteriore necessità di intervento a sostegno del sistema Europa ma le risorse disponibili sono limitate o, per meglio dire, sono abbondanti se finalizzate ad un solo obiettivo ma, nel caso in cui si dovessero aprire più fronti (fatto assolutamente possibile), la loro limitatezza emergerebbe con grande evidenza.
Dall’altra parte dell’oceano si affacciano difficoltà sotto il profilo fiscale. Il Congressional Budget Office stima che gli attuali accordi provocheranno un incremento della pressione fiscale intorno al 3,7% e il Budget Control Act obbligherà ad ulteriori tagli della spesa. Gli operatori si attendono che questi due fattori si annullino a vicenda ed essendo anno di elezioni i mercati potrebbero subire qualche contraccolpo di qui ai prossimi mesi, soprattutto se la crescita dovesse rallentare.
Effetto Cina.  Dopo essere stata una colonna portante della crescita globale durante e dopo la crisi del 2008 la Cina si appresta a subire un rallentamento della crescita (Pil rivisto al ribasso nel 2012 dall’8 al 7,5%), una riduzione aggregata degli utili e già negli ultimi sei mesi l’indicatore HSBC Flash PMI evidenzia un calo dell’attività industriale. Tutto ciò, unitamente ai dati sull’inflazione domestica, lascia pochi margini a politiche monetarie espansive.
Un ulteriore punto nodale esterno all’occidente ma di grande influenza per l’economia è quello del petrolio su cui grava la minaccia nucleare iraniana che potrebbe spingere all’insù il prezzo del greggio e soffocare di conseguenza la crescita economica.
E’ un quadro che lascia poche speranze all’ottimismo per il corrente anno, dunque, ma qualora dovessimo focalizzare maggiormente la nostra attenzione (questo è il pensiero di Harmstone) su uno di questi segmenti, quello dell’armonizzazione delle politiche fiscali e delle politiche monetarie coordinate sarebbe per noi investitori europei quello prevalente.
Ovviamente, oltre alla volontà dei governanti, per intervenire con efficacia su questi aspetti ci vuole il consenso elettorale e dunque spetta ai cittadini comprendere appieno la difficoltà dell’intero sistema nel rimettersi in moto ed è interesse di ciascun appartenente alla comunità europea fare squadra per riagguantare il benessere di cui abbiamo beneficiato nei decenni precedenti.
Alle olimpiadi degli investimenti dunque o si va sul podio o si perde e si passa la mano ad altri, più saggi, più determinati o più bravi ma che, ahimè, vivono e spendono in aree del mondo diverse.

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