giovedì 5 giugno 2014

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 87 – Come e quando un consulente deve far cambiare punto di vista al cliente?


Nella lezione precedente ho presentato le implicazioni di un rompi-capo aritmetico nella relazione tra un consulente e un cliente. In sostanza ci siamo domandati: un consulente deve far cambiare punto di vista a un cliente o deve assecondarlo? Che fare quando il bene del portafoglio non collima con le credenze del cliente? Che cosa previlegiare, come costruire la fiducia? Per cercare di rispondere a queste domande, riprenderò oggi la natura del rompi-capo matematico discusso nella lezione precedente.

Il giochetto del 2 - 4 - 6 può sembrare un rompi-capo da settimana enigmistica.


E, in effetti, lo è. Uno di quei tanti trucchi per cui una soluzione sembra molto difficile, almeno inizialmente, da trovare. E tuttavia, alla fine, una volta scoperta, appare ovvia al punto da sentirsi quasi “imbrogliati”. Come mai non ci eravamo accorti subito della soluzione? In fondo il rompi-capo è basato su un trucco semplice: stabilire che bisogna trovare una regola di tipo molto generale, tipo “tre numeri qualsiasi che salgono”, e poi presentare, come esempio iniziale, la tripletta 2 - 4 - 6. Si deve cioè partire da un esempio che segue la regola, ma che è molto specifico. Il problema è presentato in modo tale da indurre le persone a utilizzare le informazioni date inizialmente. E così si cerca di sfruttare quel che suggerisce l’esempio suggerito. E invece quell’informazione ci porta fuori strada. Non importa che i numeri siano pari, che salgano per due, o per intervalli uguali. La regola è semplicemente: “tre numeri pari ascendenti”.
C’è una sola regola che è ancor più generale. Essa è: “Tre numeri qualsiasi”, cioè una qualsiasi tripletta di numeri. Il trucco consiste nel riuscire, per così dire, a “ribaltare” quanto viene suggerito con l’esempio iniziale. Ovviamente non tutte le persone riescono a farlo con la stessa prontezza. Alcune si accorgono del “trucco”. E lo smascherano in relativamente poco tempo. Altre fanno fatica a capire la soluzione anche dopo che è stata individuata.
Per anni ho usato questo esempio quando si parlava di cambiamenti in un’azienda, o per introdurre il concetto d’innovazione in un’aula di formazione. Un caso “puro”, asettico in quanto matematico, e quindi uguale per tutti. E tuttavia simile, nello spirito, a tanti altri rompi-capo, come per esempio questo:

Prova a immaginare un gioco in cui si deve lanciare una palla in modo che rimbalzi e torni indietro senza toccare nulla.

Qui funziona lo stesso meccanismo del 2 - 4 – 6. In questo caso si tratta del suggerimento implicito nella parola “gioco”. In tutti i giochi conosciuti, le palle tornano indietro perché rimbalzano contro qualcosa: un palo della porta nel calcio, il pavimento nel basket, la racchetta dell’avversario nel tennis, il muro nello squash, le pareti del campo nel biliardo, in hockey su ghiaccio, e così via. La persona, di primo acchito, pensa a un gioco di questo tipo, e non gli viene in mente nulla. Tutti i giochi sembrano esser fatti così!

E invece c’è un solo modo per lanciare una palla e fare in modo che torni indietro senza toccare nulla. Basta lanciarla con tutte le nostre forze verso il cielo: a un certo punto la forza di gravità ce la farà tornare indietro. La soluzione del quesito non viene in mente subito, proprio per l’abitudine al consueto concetto di gioco in cui è sempre presente il “rimbalzo”.

Qui c’è tutta un ventaglio di situazioni in cui entra in campo un ritornello tante volte ascoltato. Dentro le organizzazioni, nelle famiglie, nelle aziende: “Ma abbiamo fatto sempre le cose così …”. Molte volte le cose sono sempre state fatte così perché non c’era altro modo di farle. Ma tante altre volte si è vittime della pigrizia mentale, dell’inerzia, dell’assenza di curiosità, delle tradizioni che non vanno messe in discussione.

Persino quello che si vede a occhio nudo può venire interpretato in un certo modo perché tutti l’hanno sempre visto così. Considerate, per esempio, la corsa dei cavalli. Non si riesce a vedere bene, a occhio nudo, il movimento alternato delle gambe quando i cavalli sono al galoppo. I cavalli al galoppo sono sempre stati raffigurati, in tutti i quadri e i disegni del mondo classico e moderno, con le zampe anteriori che si protendono in avanti e quelle posteriori all’indietro. Poi, nel 1878, l’inglese Eadweard Muybridge pubblicò una serie di foto. Allestì una serie di macchine fotografiche in modo tale da scattare molte immagini in sequenza, in meno di mezzo secondo. Solo così si poteva fare con la tecnologia dell’epoca. E scoprì che c’è una fase del galoppo in cui le gambe si raccolgono in centro e il cavallo sta sospeso nell’aria. Nessuno l’aveva sospettato. Sembrava più plausibile credere quello che era sempre stato dipinto sui quadri. Nei quadri i cavalli riproducevano il movimento di un uomo che corre: una gamba in avanti e l’altra dietro. Muybridge era stato preceduto nel 1873 dal fotografo francese Juliet Janssen che aveva documentato le fasi del transito di Venere davanti al Sole, non così chiare a occhio nudo, grazie a un “revolver fotografico” di sua invenzione. E tuttavia Muybridge è famoso grazie anche alle sequenze dei dettagli dei movimenti dei nudi femminili di giovani che si lavano o che scendono le scale. Queste ultime immagini ispirarono il quadro del 1912 di Marcel Duchamp “Nude descendant un escalier” (per le immagini, cfr., in rete, “la scomposizione del movimento”).

Ma torniamo alla storia del 2 - 4 - 6. Era un esercizio semplice, da fare in classe, quando volevo parlare di innovazione come capacità di individuare una regola più generale a cui ricondurre un fenomeno particolare. Molti grandi “salti” nella storia della scienza hanno obbedito a un principio di tal fatta. Per esempio, così sono state generalizzate e ricondotte alla legge di gravitazione universale di Newton osservazioni e teorie diverse (Copernico, Galileo). La legge di gravitazione universale spiega sia perché una matita cade a terra sia i moti degli astri nel sistema solare. Ogni oggetto attrae un altro in funzione della massa. Anche la matita attrae la terra. Ma l’attrazione della matita non è intuitiva perché la sua massa è così piccola rispetto a quella della terra. Quindi sembra agire solo l’attrazione della terra nel far cadere la matita e si è pensato per migliaia di anni che i corpi cadono per terra e non che si attraggono reciprocamente. Oppure illustravo la legge di Bernoulli, che riconduce a un principio più generale i fenomeni apparentemente più diversi: la forma delle ali degli aerei, l’abbassarsi dell’acqua mentre passa lungo i piloni dei ponti, e lo scoperchiarsi delle case durante gli uragani.

Oppure facevo altri esempi, meno aulici, tipici della storia della psicologia dei consumi. Il principio generale basato sulla facilità logistica di trasporto e di magazzinaggio: cerca di rendere trasportabile quello che vendi per la persona a cui lo vendi. E così, la Nutella, in mezzo secolo, non è più stata tagliata sul punto di vendita, ma messa in vasetti grandi e piccoli, in vaschette coperte da stagnola, e così via. Lo stesso vale per il tè freddo pre-confezionato o la storia delle confezioni di saponi, shampoo e così via. O ancora, un altro principio generale della cosmesi:  induci a dedicare al trucco la metà superiore del viso. Infatti è più facile far mettere più decorazioni intorno agli occhi che alla bocca (e quindi più prodotti). Tutti principi generali che, una volta individuati, hanno permesso molte applicazioni  particolari. Insomma, mi accontentavo di “sfruttare” il 2 - 4 - 6 per mostrare, per analogia a partire da un rompi-capo aritmetico, un meccanismo mentale di portata più generale.

Un meccanismo che conduce a grandi intuizioni, ma spiega anche tante forme di stupidità, di inerzia, di cecità: “abbiamo sempre fatto così … “.

Però, a forza di usare questo esempio nelle classi, soprattutto quando facevo formazione nelle aziende, mi accorsi che quando il 2 - 4 - 6 era presentato a trenta o quaranta persone, di cui metà arrivava da una parte dell’azienda e l’altra metà da un’altra parte, si creava facilmente una sorta di competizione tra i due gruppi. La corsa alla soluzione si faceva affannosa e ciascuna delle due parti presentava sempre più esempi. Spesso questa fretta non giovava. Ma si poteva constatare un altro fenomeno. Se voi non presentavate il gioco come un indovinello da settimana enigmistica, ma come una narrazione dotata di senso dove si contrapponevano varie ipotesi, potevate far entrare in gioco opinioni di maggioranza e minoranza. Ed è quello che facemmo con Butera Mugny, ed altri studiosi facenti capo alla scuola di Ginevra.

Quando, agli inizi degli anni Novanta, fui ospite di quella bellissima università, cercammo di trasformare il rompicapo matematico in una storia sensata, inserita in uno scenario plausibile e quotidiano, per cercare di rispondere alle domande da cui siamo partiti.

Ma questo finirò di raccontarvelo nella prossima settimana.


Voglio solo chiudere con una nota di cronaca, in attesa dell’esito delle elezioni europee che voi conoscerete quando leggerete questa nota. Avete visto che l’euro si è indebolito? (1,36 sul dollaro alla fine della settimana). Non è chiaro se Draghi sarà prima o poi indotto a fare qualcosa di simile al quantitative easing statunitense. Come sempre i mercati cercano di anticipare gli eventi. O, meglio, sui mercati è in corso un confronto tra due ipotesi diverse e l’una, negli ultimi tempi, sembra prevalere sull’altra. Domanda: che cosa confermerà un’ipotesi e che cosa la falsificherà? Alla prossima!

Nessun commento:

Posta un commento