Mentre
scrivevo questa lezione, il governatore Draghi ha tagliato i tassi a valori
storici record. Desidero commentare questo episodio dal punto di vista di
quanto illustrato in questa serie di lezioni, che è poi quello dell’analisi
degli errori, e degli effetti di tali errori sulle relazioni tra clienti e
consulenti.
Ricordate quando a
Ferragosto Vi avevo detto che, secondo le scommesse presenti sui mercati, ci si
sarebbe aspettati che l’euro sarebbe sceso da 1,34 almeno sotto 1,32? Ora è
sotto 1,30. Tutto prevedibile allora, tutto ovvio? Le cose non stavano così,
anche se ora sembrerebbe che stessero proprio così. In realtà, solo 6
economisti, su un totale di 57 esperti in materia, aveva previsto che la BCE
avrebbe comunicato un taglio nella riunione di oggi, giovedì 4 settembre. E
tuttavia, già i primi commenti giustificano e approvano, anzi ritengono
plausibile e non sorprendente tale decisione, date le condizioni dell’economia
di molti paesi europei. Questo è un chiaro esempio di “senno di poi”. Prima era
un dilemma, ora non lo è più. E quando un dilemma non è più tale, il fatto che
le cose nel passato siano andate per un certo verso, fa sembrare più
plausibile, in seguito, quel che è successo. Ci convinciamo che le cose
avrebbero dovuto andare come sono andate, proprio perché, poi, sono andate
così. Questo effetto gioca contro gli esperti e i loro consigli, perché rende
meno ovvia la necessità di diversificazione e, quindi, il loro ruolo di
consulenza: la storia, e non solo quella dei mercati finanziari, viene a
posteriori “ripulita” da quelli che, una volta, erano dilemmi.
E tuttavia ripulita solo
nel ricordo, quando si sa quel che è veramente successo. E, quindi, viene così
nascosto in una sorta di nebbia il fatto che il consulente è un esperto
“speciale”, un esperto dell’incertezza e non della certezza, delle falsità più
che delle verità. Così come c’è la “nebbia della guerra”, c’è anche la “nebbia
della consulenza finanziaria”.
Il processo di ricerca e
correzione di errori ha proprio, come prototipo, il detective che risolve
quello che prima era un dilemma, come nell’ultimo poliziesco di Gianrico
Carofiglio, Una mutevole verità
(Einaudi, 2014). Carofiglio racconta come un buon investigatore si trovi nelle
condizioni di costruire, anzi ri-costruire, una storia e, poi, andare in cerca
di ciò che la rende vera e di ciò che la rende falsa:
Ottimo, quando un’indagine prende
un’accelerazione così immediata e rapida. Però il rischio, in questi casi, è di
mettere a fuoco una cosa soltanto, e di tralasciare ogni altro dettaglio, che
magari è importante o addirittura decisivo. E lì c’era qualcosa fuori posto,
che non era riuscito a identificare. Un’incoerenza, un elemento dissonante. La
dote fondamentale dello sbirro è proprio questa, Fenoglio (l’investigatore) lo
aveva sempre pensato. Andare a ricerca delle discontinuità, delle note
dissonanti. (pp. 20-21).
Gli investigatori più riflessivi della letteratura - come il detective creato da Rex Stout, Nero Wolfe, che, chiuso in casa, raccoglie informazioni e pensa - spesso procedono cercando indizi che escludano le ipotesi iniziali, mostrandole false.
Gli investigatori più riflessivi della letteratura - come il detective creato da Rex Stout, Nero Wolfe, che, chiuso in casa, raccoglie informazioni e pensa - spesso procedono cercando indizi che escludano le ipotesi iniziali, mostrandole false.
La falsificazione è un modo
di procedere tipico non solo degli investigatori, ma anche di chi pratica le
scienze sperimentali. Venti anni fa (il 17 settembre 1994), moriva Karl
Raimund Popper. Ecco come lo ricorda Maurizio Ferarris su Repubblica:
Forti di un’esperienza ripetuta per
anni, i tacchini possono formulare una legge secondo cui ogni volta che arriva
il contadino ci sarà del mangime. Ma arriva un Natale in cui la legge è
drammaticamente smentita. Il contadino si mangia “quel” tacchino nella cena
natalizia … se le nostre conoscenze sono generalizzazioni di esperienze, ogni
nostro sapere è chimerico: verrà il giorno in cui la legge che credevamo
incrollabile si rivelerà illusoria, e che le cose stiano così lo dimostra la
morte del tacchino, ma anche la storia delle scienze, che è un susseguirsi di
errori più che di verità.
Nel caso dei risparmiatori
italiani, la storia del tacchino si applica alla fede incrollabile, durata
almeno mezzo secolo, che i prezzi delle case non sarebbero mai scesi. E
tuttavia, nella vita quotidiana, il più delle volte, trovare un errore implica
tempi meno lunghi, e ricerche più semplici, rispetto a quel che devono fare i
detective nei racconti polizieschi, gli scienziati nei laboratori, gli analisti
che seguono le regolarità pluridecennali sui mercati finanziari (regolarità di
cui, sul breve non possiamo fidarci, ricordate la storia di Keynes?), e persino
i proprietari di case.
La soluzione di un
problema, il dissolversi di una chimera, è sempre innescata dall’esame di
possibilità che erano state trascurate o che erano sconosciute: questa è la
lezione di Popper.
Da questa diagnosi sulla natura degli errori, anche nella gestione dei risparmi, scaturiscono le varie forme di terapia:
Da questa diagnosi sulla natura degli errori, anche nella gestione dei risparmi, scaturiscono le varie forme di terapia:
- una pianificazione più precisa
- un maggiore aiuto da parte di indizi e segnali esterni
- un esame preventivo di tutte le possibilità
- procedure più esplicite nell’esecuzione dei compiti
- evitare che l’automatico diventi inconsapevole
- un’attenzione particolare alle incongruenze
Queste regole valgono in fase di progettazione di un’attività, per evitare errori, ma anche in fase di diagnosi, quando scopriamo un’incongruenza, e dobbiamo riesaminare il processo per scovare gli errori.
Il mondo esterno è il
nostro guardiano e il nostro maestro. Se siamo sbadati, sconsiderati,
frettolosi, faciloni o distratti, le conseguenze delle nostre azioni
riveleranno i nostri errori. Questo è vero non solo nelle interazioni
uomo-macchina, ma in tutti i casi in cui impariamo a partire dagli errori
commessi. Come ha osservato Skinner (1981), in un classico articolo che
riprende le idee di Darwin:
La selezione sulla base delle
conseguenze funziona nella selezione naturale, ma rende conto anche del
formarsi e del mantenersi di comportamenti individuali … essa sostituisce le
spiegazioni del tipo causa-effetto … (p. 501).
Questa spiegazione
d’impronta darwiniana funziona molto bene nel caso degli errori analizzati in
dettaglio da Rizzo et al. (1995), di cui ho già parlato. Gli errori non sono
progettati intenzionalmente e riconducibili a un meccanismo causa-effetto ma
sono scoperti a posteriori, alla luce delle loro conseguenze non gradite,
proprio come suggerisce Skinner. Per esempio, nel caso odierno dei tassi, le
conseguenze delle scelte di Draghi hanno “mostrato” che aveva torto chi pensava
e agiva in base all’ipotesi che l’euro non sarebbe sceso sotto 1,30 rispetto al
dollaro già nella prima settimana di settembre.
Queste conseguenze non
gradite sono degli “avvisi” che ci manda il mondo, nei casi in cui non
riusciamo a raggiungere uno scopo a causa d’imprevisti (la decisione di Draghi
non era prevista così presto). Può anche darsi, tuttavia, che il mondo esterno
non c’entri, e che abbiamo smarrito gli scopi per strada, come nel caso della
persona che aveva deciso di prendere le chiavi della macchina, esce
dall’ufficio e, poi, se ne dimentica.
Il grande problema degli
errori nella gestione dei propri risparmi da parte di una persona priva di
consulente è che, spesso, non si accorge di aver commesso errori, o meglio: non
si accorge neppure della possibilità di errore. E questo avviene per almeno tre
motivi: il primo è la semplice ignoranza, e quindi il trascurare alcune
possibilità. Se, per esempio, avete tutti i vostri risparmi legati all’euro –
com’è per più del 90% dei risparmi degli italiani – e ignorate il cambio dell’euro,
tutto il discorso fatto da Ferragosto a oggi è privo di senso.
Io posso rimpiangere, oggi,
di non avere una proporzione inferiore di euro nei miei risparmi (la casa in
cui vivo è ovviamente “euro”), ma chi ha solo una o più case, e dei titoli
dello stato italiano o cose simili, come molti miei amici, non ha né
consapevolezza né rimpianti per quello di cui io oggi mi rammarico (benché
abbia un portafoglio che ha guadagnato per la parte non in euro da Ferragosto a
oggi!).
Il secondo motivo è
l’ovvietà del senno di poi: l’euro si è indebolito, ma si sapeva già che si
“doveva” indebolire, e quindi si può fare a meno, in un colpo solo, di
consulenti esperti e di diversificazione. Sappiamo noi quel che si deve fare!
E infine, terzo motivo, se
anche il risparmiatore “autonomo” non è contento, alla fin fine, di come sono
andate le cose, egli imputa l’insuccesso non a lui, ma al mondo. Lo può spesso
fare, perché il mondo non gli ha mandato segnali chiari in questo senso, non
gli dice dove ha sbagliato. L’assenza d’informazioni di ritorno chiare non
permette una diagnosi dei suoi errori, quella che è facile fare nei casi della
vita quotidiana considerati nella lezione precedente. Ecco perché si tendono a
ripetere gli errori, come vedremo nella prossima lezione, dedicata a un punto
che ritengo cruciale.
Per la verità, dai sondaggi
condotti negli ultimi tempi, sembra che i risparmiatori italiani siano
diventati più consapevoli della necessità di una buona diversificazione dei
risparmi, e si affidino agli esperti, almeno in proporzione maggiore del
passato (ormai circa 1.500 miliardi, cioè la metà circa dei risparmi non
immobiliari, sono affidati a un qualche tipo di esperto: purtroppo ancora poco
rispetto al totale dei risparmi). In molti casi, questo è il risultato di una
consapevolezza tardiva, simile a quella del pollo alla vigilia di Natale,
quando ormai, tirato fuori dal pollaio, si trova in cucina, pronto alla
“festa”.
E tuttavia questo non va
comunque detto ai clienti che abbiamo già: se non c’è nulla da fare, se sono
imbottiti d’immobili e anti-diversificati, serve qualcosa rimproverare loro le
scelte del passato? Lasciamo ai professori fare la parte dei “noiosi” con gli
occhi rivolti all’indietro! Forse, comunque, non è bene dimenticare questa
lezione quando vogliamo arruolare dei non-clienti. A loro sì che possiamo
spiegarlo: è la prima tappa del cammino che li porterà a diventare nostri
clienti.
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