In queste ultime lezioni
della serie dedicata agli errori, vorrei concentrarmi su due fonti d’errore,
forse le principali in relazione agli stili di pensiero e alle emozioni che
possono danneggiare i nostri risparmi:
·
l’errore di non
considerare i pericoli sui tempi lunghi, e di alimentare le nostre paure solo
in base a quello che succede sui tempi brevi;
·
l’errore
consistente nel non assumere la prospettiva altrui. Questo errore è la madre di
tutti gli errori. Se, al contrario, ci si mette dai punti di vista degli altri,
diventa anche più facile analizzare i dettagli delle questioni, invece di
“farci una nostra idea”, e di non cambiarla più. Questa è una dote molto
importante per il buon consulente, una buona pratica in cui può agevolmente
allenarsi, facendo attenzione a non essere centrato su se stesso, e a vedere le
cose con la testa del suo cliente.
Discuterò il primo tipo di errore,
quello legato ai tempi, analizzando un caso tragico che si è verificato nella
notte del 20 ottobre 2014. Si tratta di un incidente aereo. L’aereo del CEO di
Total, decollando da Mosca, a mezzanotte, si è scontrato con uno spazzaneve
presente sulla pista.
Ora, se domandate alle persone di
che cosa hanno paura, quando devono viaggiare in aereo, la maggioranza dei
“paurosi” dichiara di aver paura di cadere. Risposta comprensibile, perché un
mezzo più pesante dell’aria può, per l’appunto, cadere. Eppure, se considerate
la durata di un viaggio aereo, i dati statistici vi dicono che gli aerei stanno
in aria per ore. E ciononostante il momento più pericoloso coincide con il
breve periodo in cui si muovono a terra, quando atterrano e decollano.
In relazione a questo periodo di
permanenza a terra, è intuitivo pensare alla possibilità di uno scontro tra due
mezzi, come se fossero due automobili. In effetti, l’incidente con più morti
avvenne nel 1977 alle Canarie, a Tenerife, quando due aerei si scontrarono, e
morirono 583 persone. E tuttavia, gli scontri a terra più frequenti,
nell’ultimo mezzo secolo, hanno coinvolto non aerei o mezzi meccanici lasciati
sulla pista, come a Mosca, bensì animali. Degli 85 incidenti avvenuti a terra
con aerei civili, in questi cinquant’anni, 55 hanno avuto a che fare con
animali, anche escludendo il caso più frequente, che è quello di volatili che
si ficcano nei motori. Gli aerei si sono scontrati con animali terrestri:
mucche, buoi, cervi, maiali, orsi, e persino zebre, iene e giraffe
(aerothman@bloomberg.net).
Tutti questi dati emergono da
statistiche condotte sui tempi lunghi. Quest’analisi non ha nulla a che fare
con le emozioni “sui tempi brevi”. Se un aereo ballonzola, o perde quota per un
vuoto d’aria, in quel momento abbiamo paura, anche se sappiamo – in un altro
cassetto mentale, che non ha nulla che fare con il primo cassetto – che un
aereo è più sicuro. Questa separatezza ha un senso da un punto di vista
evolutivo, e cioè in funzione dell’adattamento a quegli ambienti ostili in cui
abbiamo vissuto per centinaia di migliaia di anni, e che ora soltanto riusciamo
a ricostruire in dettaglio. Separare i pensieri e le programmazioni a lungo
termine dalle emozioni provate istantaneamente era molto funzionale in ambienti
ostili e ricchi di pericolo imprevisti perché permetteva di concentrare tutte
le risorse cognitive ed emotive sul problema dove era stata diretta
l’attenzione in quel preciso momento. Ancor oggi questo meccanismo è
efficiente. Ed è adattevole in certi scenari, per esempio quando abbiamo un
incidente, o un malore, o quando i pompieri devono affrontare un incendio, come
ha dimostrato nel bel saggio “Sources of Power” lo studioso Gary
Klein. Però funziona molto male in contesti in cui dovremmo usare solo la
pianificazione a lungo termine, e astenerci dalle emozioni, le quali
inevitabilmente subentrano in modo automatico se innescate dagli scenari che ci
preoccupano molto o ci fanno paura.
In occasione della settimana
borsistica che è terminata il 18 ottobre 14 - in cui si sono susseguiti sulle
borse statunitense e europee forti ribassi con un successivo rimbalzo nel
venerdì conclusivo, rimbalzo poi continuato - le cronache riportano la
dichiarazione di David Wolf, un gestore del fondo statunitense Fidelity. “Mio
padre è entrato in panico e ansia” – racconta Wolf, e ricorda: “Eppure mio
padre è un professore di finanza in pensione”. Quello che Wolf vuol dire è che
suo padre ha conosciuto per decenni la volatilità dei mercati. Inoltre il padre
sa che sui tempi lunghi l’investimento azionario è per lo più imbattibile, e ha
non solo insegnato tutto ciò da professore, ma lo ha anche praticato da pensionato.
La conoscenza di questi fenomeni
noti agli addetti ai lavori non toglie che le emozioni abbiano una “vita a
parte”, e che agiscano in un cassetto mentale separato, nel senso che
funzionano indipendentemente da ciò che diventa vero solo sui tempi lunghi.
Questa “vita a parte” è ancora più accentuata quando si diventa anziani e, se
Wolf conoscesse la psicologia, si sarebbe stupito di meno del comportamento
ansioso del padre.
E tuttavia Wolf ha ragione di
preoccuparsi, perché le persone anziane temono eccessivamente la volatilità di
breve termine, e questo le conduce spesso ad avere portafogli sbagliati
rispetto alle loro prospettive a lungo termine. Soprattutto nel nostro paese,
dove non fa paura mettere i risparmi in titoli di stato, immobili e conti correnti,
legando così fatalmente i propri destini a quelli di un paese dal futuro non
proprio brillante (la capitalizzazione della borsa italiana è l’unica, tra le
principali al mondo, che non è cresciuta nell’ultimo decennio, cfr. il Sole del
22 ottobre 2014).
Eppure ci vuole molto tatto per
convincere di questo i clienti, in particolar modo quelli meno giovani.
Il problema della separatezza dei
cassetti mentali ci fa tornare al punto da cui siamo partiti, e cioè la
capacità di un buon consulente di mettersi nei panni altrui. Nella prossima
lezione analizzerò questo problema dal punto di vista dei clienti anziani, che
non sono poi così rari.
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