Ho
dedicato alla relazione consulente/cliente le ultime lezioni, cercando di
discutere con Voi (non con Voi come consulenti, che ben lo sapete, ma, soprattutto,
con Voi come reclutatori di clienti potenziali) perché siete indispensabili nel
ruolo di “traghettatori” di risparmi da una generazione all’altra, questione di
cui ho parlato più volte nelle lezioni precedenti. Desidero però insistere
ancora una volta su questo punto.
È notizia di questi giorni
la rilevazione sulla crescita della ricchezza finanziaria mondiale nel 2013.
Essa è cresciuta del 12,4% su base netta (disponibilità, esclusi i debiti).
L’Italia, purtroppo perde posizioni, ed è quattordicesima, con un modesto
incremento annuo del 2,9%. Questo dato è deludente, ma non stupefacente. Gli
italiani hanno perso dal 2007 circa il 60% della capacità di risparmio e, con
un incremento del Pil quasi azzerato, non abbiamo grandi speranze per il 2014 e
il 2015. Di qui trae origine la cruciale responsabilità dei consulenti nei
confronti della prossima generazione. Salvare, se non incrementare, il
risparmio cumulato fino ad oggi diventa sempre più rilevante, proprio perché
non se ne aggiunge molto di nuovo. Non è facile spiegarlo, soprattutto a quelle
persone che non sono già oggi vostri clienti. Non è facile, perché la natura
degli errori che voi scoraggiate e prevenite è “speciale”, così com’è
“speciale” il vostro ruolo.
Uno dei grandi problemi di
chi scrive, rivolgendosi ai consulenti, è il fatto banale che la letteratura è
rivolta ai consulenti e ai loro clienti. Spesso è una letteratura ottima, ben
fatta, documentata. Purtroppo non è mai dedicata al reclutamento dei
non-clienti, che poi sono la maggioranza, almeno in Italia, e vivono in un
limbo di felice ignoranza (cfr. lezioni precedenti!).
Considerate, come uno dei
tanti esempi, la sezione “Professionisti del Risparmio” sul supplemento Plus24
di sabato 9 agosto. Si parla delle reti dei consulenti, di quello che fanno i
loro clienti, e di tanti altri problemi interessanti per le coppie
consulenti/clienti. E tuttavia, dell’universo dei non-clienti non c’è traccia.
Potete forse dare per scontato che i non-clienti sono ignoranti e/o
disinformati? Forse è vero che lo sono. E tuttavia tale approccio al problema
del reclutamento dei non-clienti non permette molti progressi.
Forse che ai non -clienti
non importa dei loro risparmi e, quindi, dei modi di gestirli al meglio? Questo
sarebbe lecito dirlo solo se i non-clienti fossero in grado di analizzare
consapevolmente la natura dei loro insuccessi, e dei loro errori. Purtroppo
questo raramente accade, e allora i non-clienti cercano di mettere i risparmi
in sedi che non mandino questi segnali negativi, che non ci diano feedback
sull’andamento del valore dei risparmi, feedback volti a innescare pericolosi
rimpianti (ricordate l’esempio dell’euro/dollaro?).
Questa è la chiave per
comprendere la scelta delle seconde case come presunta forma di risparmio, o
delle case pensate per i figli, supponendo di conoscere in anticipo il loro
futuro, e giustificando così la “natura doppia” di tali immobili, cioè
l’ambiguità insita nella loro funzione ambivalente di servizio/risparmio. Dato
che le case spesso sono scese di prezzo, e molti lo sanno, ci si consola
dall’eventuale frustrazione dicendo che sono servite per le vacanze, mentre un
tempo si enfatizzava l’aspetto complementare: servivano come forma di risparmio
e, “anche”, per andare in vacanza.
Se andate al mare in un luogo
di villeggiatura, dove i bagnanti sono quasi tutti possessori di seconde case
in quella località (è successo a me, durante questa estate), vi accorgerete
facilmente del fenomeno. È facile farlo emergere, basta innescare il discorso,
e gli sconosciuti amano parlare di se stessi, spesso sinceramente. Scoprirete
così un meccanismo, inconsapevole, tale per cui si cerca di mettere i risparmi
in posti che non ci restituiscano una misura evidente dei nostri errori, anzi
che li nascondano (la prossima generazione forse se ne accorgerà, e forse no,
comunque lei, per fortuna, non avrà probabilmente memoria degli errori della
generazione precedente). E allora è sul tema della natura dell’errore che
dobbiamo ritornare e insistere.
Nelle lezioni scorse
abbiamo visto come la selezione sulla base delle conseguenze sia stata
sviluppata in dettaglio da Rizzo, Ferrante e Bagnara (1995), che prendono in
considerazione gli aspetti cognitivi trascurati da Skinner. E tuttavia la loro
analisi è del tutto estranea ai consueti errori nella gestione dei risparmi. Il
confronto con le tipiche sviste della vita quotidiana illumina, per differenza,
la particolare natura degli errori nella gestione dei risparmi.
Mentre nella vita
quotidiana riusciamo abitualmente a imparare dagli errori, tale apprendimento è
precluso, o, se non altro, appare per lo meno difficile, nel caso della
gestione dei risparmi.
Partirò da un caso recente,
tratto dal supplemento Plus24 de Il Sole24Ore (2.8.2014, p. 13). Nella rubrica
tenuta da Marco Liera viene riportata una lettera di un ortopedico affermato di
Milano, di 55 anni:
Il mio patrimonio è in
gestione da un private banker di un gruppo americano … Forse è tempo che cambi?
Le somme gestite privatamente hanno ottenuto migliori risultati … Per non
parlare di quanto ottenuto da mia moglie architetto, che si fa seguire da una
normalissima promotrice finanziaria sua amica senza blasoni esteri alle spalle
… Come si sceglie un buon consulente … Devo anche pensare alle mie finanze?
Ed ecco la risposta:
Tra le varie domande che
Lei mi fa, le uniche che vale la pena di porsi sono le ultime due: come si
sceglie un buon consulente e se sia il caso di pensare alle proprie finanze …
Le altre domande sono vane.
Nessuno sa con certezza le
prospettive dei mercati che la interessano. Lei fa il medico, un’attività nella
quale c’è una discreta relazione diretta tra competenze professionali da una
parte e ottenimento dei risultati (corretta diagnosi e miglioramenti delle
condizioni di salute). Negli investimenti non è così. Se Lei interpreta il
ruolo del suo consulente come quello che in maniera molto più accurata di lei
sa prevedere quali saranno i mercati dei prossimi mesi/anni, si sta sbagliando.
E forse, ben più consapevolmente, si sta sbagliando anche il suo private banker
nell’auto-attribuirsi questo ruolo. I mercati finanziari sono imprevedibili.
Non esistono conoscenze superiori in grado di preconizzare – con l’accuratezza
che Lei e milioni di altri investitori si aspettano – che cosa faranno le
azioni dei mercati emergenti, l’oro, le materie prime … Nulla le vieta di
gestire da solo i suoi risparmi. Ma se, in un dato orizzonte temporale, ha
ottenuto da solo dei risultati migliori di quelli registrati dal portafoglio
“consigliato”, può darsi benissimo che ciò sia accaduto per motivi del tutto
casuali …
In questa risposta di Marco
Liera c’è, in nuce, anche la soluzione del nostro quesito. La differenza tra
gli errori della quotidianità e quelli nella gestione dei risparmi è abissale.
Sbadataggini, dimenticanze, sbagli, tutti si superano, nella vita quotidiana,
stando più attenti, consapevoli, preparati, secondo le terapie sopra indicate.
All’opposto, nel campo della gestione dei risparmi, l’errore, per così dire,
consiste nel credere che si possano fare errori. Credere cioè, come
l’ortopedico di Milano, che una persona più preparata avrebbe di sicuro evitato
gli investimenti deludenti.
Nel primo caso, quando cioè
abbiamo a che fare con gli sbagli abituali della vita corrente, le conoscenze
formatesi grazie agli insegnamenti dell’esperienza passata eliminano o riducono
gli errori, che sono stati individuati sulla base delle conseguenze non gradite
delle nostre azioni.
Nel secondo caso, quando si
ha a che fare con i risparmi, la conoscenza previene gli errori
ammortizzandoli, e cioè distribuendo i risparmi in forme d’investimenti che
sono “de-correlate” (cioè che variano in modi diversi nel tempo, così da
compensare le oscillazioni in direzioni opposte). Gli errori in questo campo
non sono quelli eliminabili dal meccanismo della selezione tramite le
conseguenze. Ne consegue che la speranza
di prevenire gli eventuali errori nell’ambito delle decisioni d’investimento è,
a sua volta, un errore perché la storia non si ripete. O meglio, la storia non
si ripete su tempi sufficientemente brevi, quelli presi in considerazione dai
più (sui tempi lunghissimi, direi quasi disumani, gli indici di borsa dei paesi
capitalisti più efficienti hanno battuto qualsiasi altra forma d’investimento).
Nei mercati, almeno nell’ambito dei tempi che interessano le persone normali,
regna l’incertezza: la conoscenza si traduce non in prevenzione, bensì in
ammissione d’ignoranza.
E a tale ammissione molti
non arrivano mai, per questo ci vogliono i consulenti! E tuttavia, come far
arrivare a un “buon” consulente un non-cliente? Questa è la domanda cruciale se
volete “salvare” i risparmi della prossima generazione, per lo meno quel che è
rimasto di salvabile (e non è poco). Come dissolvere la “nebbia” della
consulenza, cioè la presunzione di poter fare tutto di testa nostra, senza
fidarsi di nessuno? Come rompere l’incantesimo? Tornerò su queste domande.
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