domenica 2 novembre 2014

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 103 – Il consulente ci insegna che non siamo al centro del mondo


Nelle lezioni precedenti, vi ho parlato del fatto che i giornali specializzati tendono a parlare ai mondi delle persone più preparate, quelli che all’incirca coincidono con chi è già cliente di un qualche tipo di consulente. Questo emerge anche dai sondaggi, quando cioè si cerca di capire che cosa pensano le persone. E’ facile accorgersi che si tratta di campioni di persone che non sono veramente rappresentative di tutta la popolazione dei risparmiatori. Tant’è vero che molte persone dichiarano di conoscere gli aspetti cruciali del problema della diversificazione, da cui siamo partiti lezioni fa, mentre è evidente dai fatti che tale meccanismo è stato ignorato. Per esempio: il 68% per cento afferma di sapere che cosa sia la diversificazione di portafoglio, e il 62% vi associa qualcosa di positivo (Antonio Criscione, Una pluralità di scelte per vincere le incertezze, Plus24 del Sole24Ore, 2.8.14, p. 7).

Eppure i risparmiatori italiani nel loro complesso non si comportano così, o, per lo meno, non si sono comportati così in passato. L’apprendimento sulla base delle conseguenze non ha funzionato, nel senso che la maggioranza degli italiani non ha imparato a differenziare le destinazioni dei loro risparmi. Le loro scelte sembrerebbero il segno di un alto grado di patriottismo - probabilmente inconsapevole, almeno alla luce di come la maggioranza degli italiani si è comportata in altri ambiti della vita quotidiana. Questo patriottismo involontario, che ha legato la maggioranza dei risparmi al destino del paese, dipende anche dal fatto che le conseguenze delle scelte sono opache, soprattutto perché sono troppe lontane nel tempo dalle nostre azioni. Inoltre le conseguenze dipendono da un intreccio di fattori, e, in molti casi, sono irreversibili: tutto ciò rende difficile una valutazione consapevole in uno scenario nebbioso. Inoltre noi siamo refrattari ad accettare l’incertezza e a prevenirla frazionando i rischi. Preferiamo cadere vittime inconsapevoli di meccanismi noti, e già più volte analizzati, come il “senno di poi” (cfr. Kahneman, 2012, Legrenzi, 2013).
Un esempio recente dell’errore che discende dal giudicare il presente sulla base del passato, o meglio di quello che noi ricordiamo del nostro passato, consiste nella valutazione degli effetti della perdita di valore dell’euro rispetto alle valute dei paesi in cui esportiamo. In un dibattito televisivo recente, ho visto fare un parallelo tra le svalutazioni del passato della lira rispetto al marco, valuta del paese al quale erano (e sono) rivolte, in maggior parte, le nostre esportazioni. Oggi però l’euro copre quasi tutta l’Europa e, quindi, gli effetti della sua svalutazione non corrispondono a quelli della lira nei confronti del marco, ma sono più ridotti. Gli effetti della svalutazione dell’euro sulle economie delle diciotto nazioni che lo usano è diverso perché dipendono dalla diversa percentuale di esportazioni verso i paesi non euro.  Una discesa dell’euro del 10% potrebbe incrementare l’export aggregato dei paesi che usano l’euro del 2,5%, ma il vantaggio sarebbe solo dell’1% per Germania, e del 5% per la Francia. Ecco dove sta l’errore insito nel paragonare l’incremento dell’export dovuto alla discesa dell’euro agli effetti delle svalutazioni di un tempo della lira.  Ancora una volta, il passato che è noto e ben conosciuto non ci aiuta, anzi è fuorviante. Di qui emerge l’opportunità o la necessità di affidarsi a un consulente esperto.
La conoscenza di come stanno veramente le cose, e la conseguente scelta di una strategia di differenziazione, in luogo della concentrazione in ciò che è noto al risparmiatore, non elimina gli errori, si limita a diluirli e a frazionarli. E tuttavia la resistenza ad accettare, nella vita, le strategie di differenziazione, diluzione e, quindi, prevenzione, ci fa capire che, se proprio vogliamo parlare di errori, si tratta di sbagli molto diversi dagli altri. La “vera” conoscenza degli esperti ha effetti collaterali negativi perché implica un’ammissione frustrante: si deve accettare che non si può apprendere quel che speravamo imparare. Insomma, è preclusa la strategia che ci permette di evitare quasi tutti gli altri tipi di errori nel corso della nostra vita quotidiana. Alla luce di questo stato di cose, molte volte, invece di parlare di errori, ho preferito usare il termine “illusioni”, proprio per spiegare che l’educazione finanziaria è diversa da tutte le altre forme di educazione che ci permettono di prevenire gli errori. In analogia a quello che ho visto fare a Daniel Kahneman, adottavo per anni la consuetudine di iniziare molte conferenze mostrando qualche illusione ottica, e cioè fenomeni della visione tali per cui, pur sapendo come stanno in realtà le cose, non si può a fare a meno di vederle in un altro modo. Volevo spiegare che quello che, in termini aggregati, è un errore (e cioè un agire contrario al principio cardine della diversificazione), non è riconducibile a sbagli dei singoli individui, bensì a loro illusioni, difficilmente modificabili.
E tuttavia, col tempo, e con la familiarità con chi opera in tale ambito, consulenti e clienti, mi sono accorto che non si tratta nemmeno di vere e proprie illusioni. Parlerei piuttosto d’incantesimi. Mentre un’illusione ottica resta sempre tale, semplicemente perché il nostro sistema visivo è costruito in un dato modo, nel campo degli errori nella gestione dei risparmi a un certo punto l’incantesimo si dissolve, la nebbia si dirada, e una persona riesce non solo a vedere come stanno le cose, traguardo relativamente facile, ma anche a comportarsi di conseguenza. Dissolvere questo incantesimo è la missione più delicata dei consulenti perché allude a qualcosa che va oltre la mera gestione dei risparmi, trattandosi di una forma di educazione non solo finanziaria.

Qui c’è, mi sembra, una grande lezione. S’impara, infatti, che la nostra persona, la nostra storia, la nostra comunità, il nostro paese, non è al centro del mondo. Non importa il nostro prezzo d’acquisto di qualcosa, ma il valore futuro che quella cosa avrà per gli altri. La nostra storia individuale è irrilevante: facile a dirsi, ma non a praticarsi. Per fare il nostro bene, in molti campi, bisogna divenire consapevoli che non dobbiamo basarci su quello che è capitato a noi, durante la nostra breve esperienza terrena, bensì su quello che succede in tutto il mondo sui tempi lunghi. E’ bene, per esempio, approfittare della crescita degli altri paesi, e non lasciare attaccati i risparmi ai destini del nostro paese e dell’euro (non dimentichiamo che anche gli immobili sono scambiati in euro, e quindi sono calati nel biennio di un altro 10%, almeno rispetto a investimenti in valute più solide, cfr. i dati sulla crescita nella lezione precedente). Perché preoccuparci se qualcosa è andato storto nei casi in cui non ci sono più rimedi: il nostro passato personale non influenzerà le scelte altrui, né oggi né in futuro. Se si riesce a spezzare l’incantesimo, diventa facile liberarsi da “senni del poi”, rimpianti, rimproveri, paure del futuro, avidità, ansie, credenze illusorie. E questa è una lezione che va ben oltre ai fallimenti nella gestione dei risparmi, e ai modi di porvi rimedio. Questa lezione mostra che il ruolo del consulente finanziario può crescere fino a quello di un “amico”, di una persona saggia con cui ci si confida per molti altri problemi legati al nostro futuro.

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