Alla fine di ottobre ho focalizzato la mia
attenzione su alcuni dati che ci danno modo di riflettere sulla situazione
attuale e su ciò che ci attenderà nei prossimi mesi e anni.
L’inflazione
nel nostro paese si è attestata allo 0,1% , il che significa che i prezzi al
consumo sono mediamente gli stessi di un anno fa. Molti connazionali non hanno
né memoria e neppure esperienza di quando un simile fenomeno si è verificato
l’ultima volta. Per dover di cronaca lo indico, ovviamente. Eravamo nel 1959,
ben 55 anni fa … ed eravamo immersi in un clima di grande euforia sulla scorta
della più grande crescita economica per il paese. Tutti erano spinti alla
conquista di un benessere sino ad allora sconosciuto ai più. Era pertanto una
situazione diametralmente opposta rispetto a quella attuale.
I tassi
dei BOT annuali, di contro, sono stati fissati - nel corso dell’ultima asta -
allo 0,301% , il che significa che, tra tassazione e costi di sottoscrizione, l’impiego
del risparmio in questo strumento si traduce in una perdita secca. Poco
migliore si presenta a fine ottobre anche la situazione reddituale dei BTP; la
scadenza del decennale remunera all’investitore un tasso pari al 2,34% lordo.
Secondo un’analisi di Deutsche Bank, infine, i
rendimenti dei bond governativi francesi non sono mai stati tanto esigui dal
1740 (in Francia c’era ancora la monarchia e regnava Luigi XV) mentre per
ritrovare tassi altrettanto bassi in Spagna bisogna tornare ai tempi della rivoluzione
francese.
Questa situazione, così poco invitante per i
risparmiatori italiani, potrebbe però trasformarsi in una favorevole occasione
per una migliore conoscenza dei meccanismi della finanza. Finalmente
molti di loro capiranno che i risparmi non sono mezzi attraverso i quali
diventare ricchi (o più ricchi ancora) ma essi costituiscono le risorse con le
quali proteggere l’attuale benessere e raggiungere specifici obiettivi
finanziari.
In particolar modo queste risorse per lo più sono
destinate a costituire: 1) la fonte complementare di sostentamento in età
avanzata, soprattutto a causa delle varie riforme pensionistiche che si sono
succedute dal 1993 in avanti e particolarmente inasprite dalla cosiddetta
riforma Fornero, 2) una parte significativa del patrimonio da trasferire ai
propri eredi, tangibile aiuto per consentire loro di affrontare con maggiore
serenità il futuro.
Questa
è la situazione comune alla quasi totalità dei risparmiatori di tutto il mondo.
Fanno eccezione quei pochissimi super-esperti che proprio con la finanza si
sono arricchiti accollandosi enormi rischi ma forti di conoscenze tecniche e capacità
assolutamente non comuni; per tutti gli altri il benessere passa unicamente per
il lavoro e/o le attività imprenditoriali.
Ora
la strada, ancorché difficile, per
ottenere risultati gratificanti passa attraverso assunzioni di rischio talmente
elevate che nessun risparmiatore razionale sarebbe disposto ad accettare;
in questa situazione sarebbe opportuno comprendere tutto ciò e
rassegnarsi benevolmente a un diverso e più corretto approccio all’investimento.
La
performance non è il cardine attorno al quale far ruotare acquisti e vendite di
titoli con la convinzione di essere partecipi ad una lotteria per la quale si
hanno in tasca biglietti vincenti, anzi… La performance, soprattutto, non è
fondamentale nella pianificazione finanziaria.
I
risparmiatori possono conservare e migliorare il proprio benessere
“semplicemente” prendendo opportune decisioni - normalmente con l’aiuto di un
bravo consulente - in tema di protezione dai rischi principali, di
pianificazione della previdenza integrativa, di ottimizzazione della fiscalità,
di passaggio generazionale, adeguando il percorso di investimento al proprio
profilo rischio-rendimento e restando coerenti con i vari percorsi individuati
in sede di progettazione.
L’epopea dei bond
dagli alti rendimenti e dai bassi rischi è ormai tramontata e ci dovremo non
solo adeguare ma, soprattutto, rassegnare. Ottenere un rendimento reale
del 6% medio annuo come è accaduto dal 1982 in avanti è stata una piacevole
eccezione e non una regola. Quest’epoca si è chiusa e probabilmente dovremo
trasferire il desiderio di riviverne un’altra simile direttamente ai nostri
pronipoti.
Come
qualcuno ha ironizzato in questi giorni, lo smartphone non funziona infilandoci
un gettone. E’ finita un’epoca che non tornerà più, almeno per noi;
l’importante è comprenderlo in fretta e adeguarsi alla nuova situazione. Ciò
consentirà ad ognuno di affrontare in modo adeguato le nuove sfide che ci
attendono.
Ma
il bello viene adesso. Che cosa ci
attende ora?
Abbiamo
visto che si rende necessario un cambiamento verso la consulenza, verso la
pianificazione, che l’incremento della ricchezza passerà sempre più per il
lavoro e non per la finanza, che ci dovremo accontentare di risultati
accettabili ma non succosi. Ma dove si nascondono le insidie e dove le
opportunità?
In
questa sede non ritorno volutamente su temi quali le trasformazioni in atto nella
società e le varie conseguenza per i risparmiatori, riservandomi di ritornarci
sopra in un futuro non certo lontano, ma focalizzo l’attenzione solamente sugli
scenari prossimi, derivanti dalla compressione dei rendimenti illustrata in
premessa.
Che
i tassi di interesse siano in caduta libera non è certo un fenomeno passato
inosservato e che le cause di ciò siano da ricercare in primis nella crisi che
sta avviluppando il sistema economico - ormai da ben sette anni - e, in
subordine, dalle misure di politica monetaria praticate dalle banche centrali occidentali
per fronteggiarla, che sono informazioni ormai note a chiunque. Ciò che è meno
percepibile è che cosa sia avvenuto nel frattempo e che conseguenze si avranno
sugli investimenti.
La
forte resistenza all’accettazione di rendimenti bassi ha provocato, in questi
anni, un generale e significativo spostamento dei pesi degli asset finanziari.
Per soddisfare la richiesta, da parte dei risparmiatori, di rendimenti più
aderenti alla loro memoria storica gli operatori del settore sono stati indotti
a proporre tutta una serie di prodotti
flessibili e multi-asset il cui
contenuto non è fatto di sole obbligazioni governative (l’asset nel quale sino
al 2008 si concentrava la maggior parte della ricchezza finanziaria dei
risparmiatori) ma pure di bond societari, di qualità buona e meno buona, di
azioni, di valute estere, di partecipazioni immobiliari, indici di volatilità,
materie prime ecc.
Tutti
questi
asset, che vengono assemblati dai gestori per l’ottenimento nel tempo di
risultati più elevati delle semplici obbligazioni governative, incorporano per
loro natura una maggiore volatilità rispetto a queste e ciò significa
che, per periodi più o meno lunghi, in caso di discesa dei mercati di
riferimento, le perdite, ancorché temporanee, sono destinate a colpire in modo
più profondo del passato i portafogli degli investitori che saranno spiazzati,
in quanto ignari di ciò, dalla maggiore
vulnerabilità del loro attuale portafoglio.
Una
seconda trasformazione, seppur di minore entità, si è registrata anche fra la
componente obbligazionaria ed azionaria dei portafogli. Gli investitori maggiormente
sensibili all’effettivo flusso di reddito, mano a mano che i rendimenti
cedolari scivolavano all’ingiù, sono stati indotti al confronto fra dividendi
azionari e cedole da bonds che si è progressivamente spostato a favore dei
primi; in conseguenza di ciò la domanda di azioni è aumentata
costituendo, assieme ad altri fattori, il volano che ha sostenuto un trend
azionario rialzista che definire gratificante sarebbe forse riduttivo.
Ora ci troviamo con
il comparto obbligazionario caratterizzato da rendimenti molto bassi ma con prezzi
molto elevati e i mercati azionari, salvo rare eccezioni, a prezzi superiori di
quelli massimi toccati nel 2008; sappiamo anche che le politiche di appoggio alla
crescita hanno, se non le ore, almeno i mesi contati. Ciò significa che con il ritorno della crescita dovremo affrontare un
calo dei valori sia degli asset obbligazionari che di quelli azionari tanto più
profondo quanto più sarà elevato il tasso di riferimento dei bond.
Pertanto,
quanto più sarà elevato a quell’epoca il grado di rischio incorporato nei
portafogli di investimento più sarà elevata la perdita del loro valore e nella
stragrande maggioranza dei casi i risparmiatori dovranno affrontare queste
indesiderabili avversità senza un’adeguata esperienza e preparazione, in balìa
dell’emotività - che non è certo una buona consigliera - e con l’incapacità di
adottare strategie atte a un rapido ritorno al punto di pareggio del proprio
patrimonio.
Se
questo è dunque lo scenario, l’invito in premessa è quanto mai opportuno:
adottiamo per la gestione delle nostre finanze la pianificazione, rivolgiamoci
a dei bravi consulenti, adottiamo uno stile di investimento di largo respiro e
restiamo fedeli ai programmi che abbiamo deciso di seguire.
L’inverno,
e non parliamo certo di quello meteorologico, sta arrivando e sarà
probabilmente molto rigido. Attrezziamoci per tempo per affrontarlo nel migliore
modo possibile in attesa della primavera che, come sempre, arriverà; la
differenza, rispetto al passato, è che le stagioni non sono più quelle di un
tempo …
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