Sul supplemento PLUS
del Sole 24 Ore di sabato 16 novembre Lucilla Incorvati ricorda che la quota di
mercato dei promotori finanziari sul totale del risparmio delle famiglie è solo
del 7% (e questo 7% regge il 35% del totale dei fondi comuni). Si badi che il
portafoglio medio è passato dai 12 milioni del 2012 ai 13,1 del 2013. Commento
finale: “Ora il vero banco di prova è sganciare la remunerazione dal prodotto”
(p. 19).
Vorrei a questo
proposito fare una riflessione in relazione a questo cosiddetto “banco di
prova”. Perché non è ovvio che i promotori finanziari siano pagati come un
commercialista, un avvocato, un medico o uno psicoanalista? E cioè con una
parcella che si somma alla prestazione effettuata in modo del tutto
indipendente dalla prestazione stessa, nella fattispecie la gestione dei
risparmi? Perché molti promotori vengono, almeno in parte, pagati con una quota
dei prodotti finanziari che mettono nei portafogli dei loro clienti?
Io credo che la
questione sia resa complessa se non altro dal fatto che affidare i propri
risparmi è l’operazione più delicata e intrisa di fiducia che oggi una persona
può fare, anche perché i soldi sono spesso l’ultimo tabù rimasto nella società
contemporanea. Non si deve dare per scontato che una relazione di fiducia così
stretta e invasiva debba avere un prezzo esplicito, come nei casi precedenti.
In effetti, quello che ha molto valore non può sempre avere prezzo, anzi quasi
mai lo ha, almeno in modo esplicito. Se la fiducia ha un prezzo esplicito, si
corre il rischio che la relazione si corrompa e perda valore. Anche al cliente,
insomma, può non piacere monetizzare il rapporto perché così facendo sembra che
si tratti di un gioco a somma zero: la parcella del promotore viene sottratta
ai risparmi a lui affidati. Questo è molto sbagliato sia per quanto concerne la
relazione, sia per quanto concerne la sostanza del rapporto e il suo oggetto:
il costo della gestione è comunque irrilevante rispetto a quanto male gli
italiani, nel complesso, hanno gestito i loro risparmi (come ho mostrato nel
recente testo sui risparmi, Mulino 2013).
Al contrario, l’interesse
del consulente, cioè il ritorno del suo lavoro, deve coincidere con l’interesse
dei clienti, cioè con la loro soddisfazione. Sullo stesso numero di Plus (p.
9), Luigi Guiso solleva dubbi sul fatto che le banche siano state capaci di
gestire bene i risparmi degli italiani. Dato che di certo hanno storicamente
avuto più responsabilità di altri attori, è difficile dubitare delle sue
conclusioni. Ma io credo che il nodo teorico di fondo resti la tensione tra una
relazione fondata sul valore, un valore importante, e una relazione fondata sui
prezzi. A questo proposito desidero raccontarvi una storia successa anni fa.
Essa dimostra che il dare un prezzo a un servizio mai pagato prima crea nuove
possibilità e cambia per sempre una relazione. A Haifa, in Israele, i genitori
indaffarati tendevano a prelevare in ritardo i bambini dagli asili nido,
costringendo il personale ad aspettare. Allora le autorità vararono un
esperimento. In sei asili fu introdotta una multa per i genitori ritardatari,
mentre negli altri asili tutto rimase come prima. Il risultato
dell’introduzione della multa fu sorprendente, almeno agli occhi delle
autorità. Negli asili nei quali era stata introdotta la multa, la percentuale
dei genitori in ritardo quasi raddoppiò. Inoltre, aspetto ancora più
interessante, quando in seguito in quei sei asili la multa fu tolta, il ritardo
nei prelievi non diminuì. In altre
parole l’introduzione della multa aveva corrotto i genitori, legittimando i
comportamenti di quelli ritardatari. La sacralità del prelievo puntuale dei
figli era stata infranta per sempre.
Tutto ciò deve
indurci a essere prudenti nel rendere esplicito il prezzo di qualche cosa che
viene considerato come un valore: nel caso dei risparmi questo passaggio
comporta il pericolo che il cliente impreparato si limiti a rivolgersi al
consulente più economico. Il cliente non sempre è in grado di valutare le
prestazioni, e quindi la tentazione di ancorarsi ai prezzi può essere molto
forte. Alla luce di queste considerazioni prevedo che il risparmio affidato ai
promotori, e sottratto alle banche, supererà ben presto quel ridotto 7% di cui
parla Incorvati. Storicamente le banche e l’investimento immobiliare sono stati
gli avversari da sempre dei risparmi affidati ai promotori. E tuttavia oggi questi
avversari sono in cattive acque.
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