MERCATI AMERICANI AL TOP
Nuovi record in settimana per i due indici USA
del nostro paniere, sia il Nasdaq che lo S&P 500; il primo vola a sfiorare
quota 6.500 ed il secondo che abbatte la barriera dei 2.500 punti ma non sono
gli unici. Nell’emisfero meridionale anche il Bovespa brasiliano abbatte il suo
precedente record e infrange la soglia dei 75.000 punti. A traino di questi
mercati anche l’indice MSCI World, che misura l’insieme dei mercati azionari,
si porta a ridosso dei 1.500 punti ed è nuovo record.
L’accordo con i democratici sul tetto del
debito e il possibile varo della riforma fiscale hanno attratto consenso verso
Trump e le notizie dei disastri provocati dagli uragani, meno devastanti del
previsto, hanno rasserenato gli operatori che, come accade da qualche mese,
hanno girato la testa verso i possibili guadagni piuttosto che nella direzione
delle possibile perdite, e questo è quanto.
Da inizio anno Hong Kong e il Brasile si
attestano a oltre il 25% di rialzo, intorno al 20% stazionano India e Nasdaq e
oltre il 10% di rialzo si consolidano le performance di Piazza Affari e l’indice
S&P 500. In negativo resta la borsa moscovita ma ormai quasi a ridosso
della parità.
In Europa i dati macro sono soddisfacenti, con
una crescita del settore manifatturiero in eurozona (Indice PMI a 57,4 in
agosto) che è tra le maggiori registrate dal 2011 e a conferma del rialzo della
nostra borsa arriva la notizia di una produzione industriale a +4,4% su base
annua.
Di seguito il grafico delle prime due settimane
di settembre. Quella che sembra una nota stonata è il calo della borsa
londinese che arretra del 3% in tale arco temporale.
Una spiegazione c’è. Mentre restano deboli le
probabilità di un rialzo dei tassi da parte della FED nella seduta di questo
mese, la Bank of England, che ha lasciato nel frattempo invariati i tassi (allo
0,50% ndr), ha lasciato aperta la strada a possibili rialzi anche a breve. La
disoccupazione britannica è al 4,3% e l’inflazione è balzata al 2,9%, superiore
al quel 2% che costituiva il target della banca centrale del Regno Unito.
Luci ed ombre, dunque, come sempre ma con la
netta sensazione che in questo momento si vogliano vedere solamente le luci; le
valutazioni rispetto alle medie storiche sono elevate, la volatilità è ancora
insolitamente bassa, la leva è ampiamente utilizzata e il debito globale è
altrettanto elevato. Considerando tutto ciò verrebbe da dire che il margine di
ulteriore guadagno è inferiore al rischio assumibile se qualche cosa non
andasse per il verso giusto ma la realtà operativa per il momento viaggia su
binari diversi.
ECCO I PRIMI EFFETTI SULL’OBBLIGAZIONARIO
I timori di un rialzo dei tassi inglesi, a cui
abbiamo appena fatti riferimento, hanno provocato uno sbilancio fra offerta e
domanda sulle scadenze decennali il cui rendimento è passato in una sola
settimana dall’1 all’1,30%.
Questo rialzo non si è limitato ai soli titoli
del debito britannico ma si è esteso a tutti e cinque i titoli governativi
decennali del nostro osservatorio ed ecco che il BTP dall’1,97% risale al di
sopra del 2% (2,14% per la precisione) e pure gli altri tre titoli tornano in
una sola settimana ai livelli di metà agosto.
Qualcosa si muove e la divergente politica
delle due principali banche centrali mondiali ne è in parte la causa. Se
andiamo a osservare lo spread fra il decennale USA e quello tedesco scopriamo
che si trova a 179 basis points, un livello storicamente molto alto, e le
probabilità che prima o poi si debba restringere vanno aumentando. Per la
cronaca, lo spread fra BTD e bund è a 170,50.
Osserviamo infine la differenza fra i
rendimenti di inizio anno e quelli attuali e - USA a parte - sono attualmente
più elevati in Francia, Germania e Italia mentre il movimento della scorsa
settimana ha riallineato i rendimenti sul decennale inglese.
COSA ACCADE SUL FRONTE VALUTARIO?
Rallenta, almeno per il momento la forza dell’euro,
che molla la presa sul dollaro scendendo sotto il livello di 1,20 dollari per
euro; sul fronte del cambio euro-sterlina l’effetto è più marcato. Con un
prossimo possibile ritocco all’insù dei tassi la sterlina si apprezza nel corso
di una ventina di giorni passando da
0,93 a 0,88, livello che ha mantenuto pressoché stabile per tutto giugno e
luglio scorsi.
L’euro mantiene una certa forza anche nei
confronti della moneta cinese portandosi a 7,82 dai 7,79 nell’arco di una
ventina di giorni mentre continua la forte debolezza dello yen che scende
ulteriormente, soprattutto contro euro, toccando i minimi dell’anno a 132,35 il
che equivale ad un suo indebolimento pari al 14% da metà aprile.
CONCLUDENDO
Ora non resta che attendere le decisioni della
FED, alle prese con un bel dilemma, che è quello di aumentare o mantenere
inalterati i tassi, questione che verrà sciolta nella giornata del 20
settembre. L’inflazione è arrivata in agosto a 1,90% su base annua ed è
superiore alle attese, vicina all’obiettivo del 2%. Con i suoi membri che si
dividono quasi equamente fra falchi e colombe chi prevarrà?
I mercati al momento puntano sul nulla di fatto
ma se non sarà così? Ancora qualche giorno e lo sapremo.
Nessun commento:
Posta un commento