Abbiamo visto che in Italia i
patrimoni cospicui sono relativamente concentrati in nicchie della popolazione,
per la verità non più di quanto non avvenga nella maggioranza degli altri paesi
avanzati, quelli che hanno conosciuto per primi la rivoluzione industriale. A
differenza degli altri paesi, però, gli italiani sono longevi, sani, e i
giovani creano per ora e in media poca nuova ricchezza. Inoltre, la maggioranza
dei patrimoni è cresciuta in un clima culturale che è stato permeato più che
altrove dai primi due paradossi. Gli italiani “anziani” sono quindi molto
prudenti, perché hanno trascorso tutta la loro vita di risparmiatori e
investitori all’ombra delle conseguenze di tali paradossi: prudenza, sicurezza,
terrore delle perdite, assenza di mentalità “probabilistica”.
Se voi siete un consulente di un
cliente che ha questo profilo, e se siete un bon consulente, costruirete un
portafoglio adatto al vostro cliente, e, inevitabilmente, questo cliente si
troverà in portafoglio molto “risk-off”, cioè poche azioni, molto reddito
fisso, e un reddito fisso per lo più a breve termine, oltre a polizze
assicurative. Questo va bene, perché quello è il profilo del vostro cliente, e
voi sapete come tende a ragionare e, soprattutto, come si emoziona: per lo più,
è molto avverso alle perdite. Ovviamente va bene solo se ritenete che il vostro
cliente abbia quel tipo di profilo, con tutte le conseguenze del caso.
Non sarebbe così, se consideraste la
sopravvivenza del suo patrimonio, il suo futuro dopo il passaggio generazionale.
Il suo patrimonio tra poco passerà in nuove mani, molte diverse dalle
precedenti. In poche parole, povere e crude, il problema del passaggio
generazionale consiste nel cercare di evitare, che il passaggio del patrimonio
coincida con la morte della persona anziana che lo detiene prevenendo le
difficoltà emergenti da tale coincidenza.
Per realizzare questo obiettivo, è
bene, in pratica, avviare con il cliente un processo fatto di varie sequenze,
non necessariamente da praticare con l’ordine con cui noi le esporremo.
Come fare il passaggio generazionale
Per attuare il passaggio
generazionale bisogna iniziare con una tappa preliminare, già descritta nel
capitolo sulla “assicurazione comportamentale” in Economia della mente
(Legrenzi e Massarenti, Raffaello Cortina Editore, 2016). Qui ci stiamo
rivolgendo in primo luogo ai consulenti. Nulla vieta però che un singolo
risparmiatore, come nel caso dell’assicurazione comportamentale, legga questo
mio libro, rifletta sulle mie considerazioni e le loro conseguenze per eseguire
infine i passaggi qui indicati, prendendo le misure del caso.
Ebbene, il punto di partenza, come
nel caso della finanza comportamentale consiste nel domandarsi: “Quanto io
valgo?” o anche: “Quanto vale questo cliente”. Riflettendo su tali domande, si
può andare al di là della risposta spontanea e consueta che si può riassumere
così: “In termini economici, il valore corrisponde al prezzo che otterrei se
liquidassi in questo istante i miei risparmi (o i risparmi del mio cliente)”.
In realtà, il valore di una persona supera ampiamente l’ammontare dei suoi
risparmi, come tutti peraltro intuitivamente già sanno, almeno se si fermano a
riflettere. La risposta corretta non viene però subito in mente perché i
singoli elementi che vanno a comporre il valore complessivo di una persona non
sono omogenei.
La prima tappa: il valore totale -
Come recita il principio 13 dell’assicurazione comportamentale (Economia
nella mente, p. 110):
Il risparmio finanziario ha un
prezzo; gli immobili hanno un prezzo mescolato con un valore; il capitale umano
ha solo valore, per cui tende a essere trascurato e sottovalutato.
Questo
principio non è un’affermazione solo teorica, ma una constatazione che ha una
verifica empirica sotto forma di non-assicurazione del capitale umano, dato che
non risulta evidente. Le scelte, o meglio le non-scelte, degli italiani fanno
sì che si viva nel paese più sotto-assicurato, come emerge sia dalle
statistiche sia in occasione dei frequenti disastri naturali. Anche il valore
delle persone è sotto-assicurato. Se ci interrogassimo a fondo circa il valore
complessivo della persona, risulterebbe evidente la
necessità di assicurare il capitale umano e gli immobili al suo servizio. Si
potrebbero in tal modo “liberare” i circa duemila miliardi di risparmi che
restano congelati per affrontare il “non si sa mai”. Questa somma congelata, in
vista di possibili eventualità negative, mostra che gli italiani sono prudenti,
ma che indirizzano male la loro prudenza. Invece di assicurarsi e di “liberare”
questa somma tenuta liquida o semi-liquida, con rendimenti oggi pressoché
nulli, e di investirla dopo aver assicurato il “valore” (capitale umano,
immobiliare e quant’altro), molti italiani scelgono di procrastinare questa
decisione o, addirittura, non la prendono neppure in considerazione. La
tendenza a procrastinare è analoga a quella che fa rimandare il passaggio
generazionale, anche se in questo secondo caso entrano in campo altre variabili
diverse, che ora esamineremo.
Il cerchio degli
affetti – Una volta che si è presa coscienza del perimetro del nostro valore
totale, e che si è intervenuti trasformando in assicurazione la maggior parte
dei risparmi tenuti bloccati per il “non si sa mai”, ci si deve interrogare
sulla natura “vera” del nostro cerchio degli affetti. Il cerchio degli affetti,
in estrema sintesi, è fatto di cerchi concentrici in cui si collocano “le cose
a cui noi teniamo, a cui vogliamo bene”. Al centro del cerchio, in prima
evidenza, c’è un “IO”, il proprietario dei risparmi. Attorno si distribuiscono,
da più vicine a più lontane, le entità, persone o cose, di cui sentiremmo di
più la mancanza in caso di perdita. Quanto più sono lontane dal cerchio, tanto
meno “ci teniamo”.
Una volta
ricostruito, con calma e ponderazione, pensando al passato ma anche al futuro,
il cerchio degli affetti, si deve passare dall’IO al NOI. Spostare cioè l’IO,
dalla posizione di esclusivo e totale previlegio, coincidente con l’attore che
ha cumulato con la sua operosità i risparmi, al NOI, alle persone cioè che sono
“care” a quell’IO.
Passiamo così a un nuovo cerchio, che è stato modificato e integrato, collocando lungo i vari cerchi concentrici, che si dipanano dal centro, tutti i nostri affetti.
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