La fine
dell’illusione delle certezze: il decennio 2007-2017
Il risparmio degli italiani
è cresciuto, in gran parte, grazie all’operosità delle stesse generazioni che
detengono oggi il risparmio. In altre parole, pochi di questi beni sono stati
ereditati, a differenza dei paesi che sono stati i pionieri della rivoluzione
industriale, in primis la Gran Bretagna. Si tratta per lo più di persone
divenute ormai anziane. Persone che hanno lavorato ai tempi in cui l’Italia non
era ferma nella sua crescita economica, così com’è avvenuto in modo sempre più
grave e prolungato nel corso di questo nuovo secolo. Molti di questi
risparmiatori hanno attraversato, senza rendersene ben conto, quello che è
stato un graduale punto di svolta e, nello stesso tempo, un punto di non
ritorno nel senso che le cose sono definitivamente cambiate e non sono più
tornate sul cammino precedente.
Seppure un po’ confusamente
e gradualmente, queste due rotture, svolta e non ritorno, un po’ alla volta,
sono apparse evidenti, aprendo il campo a disorientamento, rassegnazione e
sconcerto. Le paure del passato sono “fuori luogo” e dovrebbero venir
gradualmente sostituite da nuove preoccupazioni come quella del passaggio
generazionale. E tuttavia, come vedremo in una prossima lezione, non è facile
“dis-imparare” le paure e i timori che si riferiscono a scenari del passato,
ormai superati.
Uno scenario superato
perché abbiamo attraversato un punto di svolta oggettivo, innescato
dall’andamento complessivo delle variabili collegate al risparmio e agli
investimenti. Ma anche un cambiamento soggettivo, lo sfaldarsi progressivo
delle certezze del passato. Sono cominciate a mancare le basi per quella
“illusione della certezza” di cui ci parla a lungo l’ex-governatore della banca
d’Inghilterra Mervyn King nel suo libro uscito nel 2016 e tradotto in italiano
nel 2017 con il titolo La fine dell’alchimia:
Affrontare un’incertezza non
quantificabile, su cui non abbiamo alcun controllo, mette in crisi il nostro
ordine mentale. E’ qui che nasce la nostra tentazione di credere ciecamente
agli esperti che spacciano certezze e di fidarsi delle estrapolazioni del
passato. Se i prezzi delle case aumentano ogni anno da tanto tempo, sembra
naturale pensare che continueranno a farlo. Queste convinzioni spesso
alimentano un ulteriore aumento dei prezzi, finché non sopraggiunge un evento
esterno …
Nonostante i ripetuti insuccessi dei
modelli di previsione economica, l’idea che esista (e che si tratti solo di
trovarlo) un “modello” dell’economia in grado di sfornare previsioni esatte è
dura a morire. Quando sono stato chiamato a testimoniare alla Commissione
Tesoro della Camera dei Comuni, ho dovuto rispondere più volte con un: “Non lo
so, non ho una sfera di cristallo”. Molti parlamentari hanno reagito con
sdegno: si vede che nella loro mente il mio lavoro consisteva nello scrutare una
palla di vetro e dire che cosa stava per accadere. Non c’è stato verso di far
capire loro che il futuro non lo possiamo prevedere, né io né nessun altro.
In tutte le epoche, i medici
improvvisati che vendono farmaci miracolosi e gli astrologi che vendono
profezie sono sempre stati richiestissimi. Oggi a queste categorie si sono
aggiunti gli economisti che vendono previsioni: segno di un comprensibile
quanto irrazionale desiderio di certezza. Perché si è così restii a capire che
il futuro è fuori dal nostro controllo? … Quando pensiamo alla nostra
vita personale, accettiamo che la dea bendata abbia un peso, ma quando si parla
di denaro siamo ancora aggrappati alla ”illusione della certezza”. (Mervyn King, La fine dell’alchimia, Il
saggiatore, pp. 120-129).
Oggi, grazie alle ricerche recenti di studiosi come Kahneman, Tversky, Gilbert e tanti altri, si sa che, in questo passo di King, sono mescolate varie cose. In effetti, a differenza di quello che afferma King, anche nella nostra vita personale, agisce spesso, e con forza, l’illusione della certezza.
Nel racconto autobiografico
di King, c’è, in primo luogo, la sorpresa nei confronti di quegli economisti
che pontificano e che fanno previsioni, magari in buona fede. D’altra parte la
stessa regina di Inghilterra è stata un buon esempio di eccesso di fiducia
malriposta. In visita alla London School of Economics, dove lo stesso King
insegna, chiese nel 2009 al direttore, con un po’ di stupore: “Ma se si
trattava di una crisi così importante come mai non ci avete avvisato
prima?!?”.
C’è, nel racconto di King,
anche un’altra cosa. Non sola la fiducia eccessiva (quella che in inglese si
chiama trust) nella presunta capacità di previsione degli economisti da parte
dei non addetti ai lavori, come nel caso della regina di Inghilterra. C’è anche
l’eccesso di fiducia degli stessi economisti nelle loro conoscenze (eccesso di
fiducia quella che in inglese si chiama over-confidence, la fiducia in se
stessi, per distinguerla da trust: la fiducia da parte de - e per gli altri).
Infine, su un piano più
generale, queste due forme di fiducia producono quella che è stata chiamata l’
“illusione della fine della storia”, il credere cioè che le cose continueranno
ad andare così come sono andate fino ad oggi, proprio perché in tal modo sono
andate fino ad oggi. Nel passo di King questo effetto si riferisce
all’andamento del prezzo degli immobili, ma un ormai celebre articolo di Daniel
Gilbert, pubblicato su Science nel 2013, ha mostrato che questa illusione si
applica a molte nostre opinioni e credenze: le riteniamo immutabili per poi
cambiare di gusti di fronte a una realtà mutata o a un nostro cambio di
preferenze.
Questi tre meccanismi
mentali sono stati isolati e misurati indipendente l’uno dall’altro, ma nella
vita pratica si fondono creando un blocco che non si può frantumare, un blocco
cementato dalle emozioni, un blocco che talvolta non è neppure bene frantumare
perché, in dosi moderate, è il sale della vita, il motore della nostra
esistenza, l’illusione che ci da la forza di andare avanti.
Mervyn King è stato un
operativo, avendo occupato la carica di governatore, e questi dettagli delle
cause dei fenomeni studiati dalle scienze cognitive non li sa, ma nella sua
esperienza pratica di governatore ne ha visti gli effetti, così ben descritti
nel suo saggio.
L’illusione della certezza,
nel caso del risparmiatore-tipo italiano, è consistita nel ritenere che i
presupposti delle sue scelte personali di investimento avrebbero resistito per
un futuro molto lungo e avrebbero permesso di costruire una solida “casa dei
risparmi”. Nel passato tale convinzione era stata, con il passare degli anni,
“rafforzata” dalla sua “tranquilla” vita di risparmiatore, al punto che proprio
questi pilastri avrebbero dovuto reggere indefinitamente l’incremento e la
solidità di quanto cumulato.
I pilastri su cui poggiava
tale convinzione si riducevano, in sintesi, alla certezza della bontà
dell’investimento immobiliare e delle varie forme di reddito fisso, oltre che
ai depositi bancari, che pur garantivano un tempo discreti rendimenti.
L’incremento di valore degli immobili e i rendimenti delle varie forme di
reddito fisso erano più che soddisfacenti, soprattutto se non si teneva conto
dell’inflazione, che era stata anche molto alta. Dato che conosciamo bene la
forza di quella che Keynes ha chiamato “illusione monetaria” (si trascura
l’inflazione e ci si serve solo dei prezzi nominali come punto di riferimento
per la stima dei valori), la soddisfazione e la tranquillità sono state
garantite per decenni.
Intorno al 2007, tuttavia,
per gli italiani cambiò tutto, più che per molti cittadini di altri paesi. Gli
immobili hanno cominciato a scendere di valore e, alla fine del 2017, un
decennio dopo, non si sono ancora ripresi, a differenza di quello che è
successo in altri paesi. Ecco alcuni esempi tratti, a metà del 2017,
dall’indicatore pubblicato dal settimanale economico Economist:
Italia: 2007 - 2017 =
discesa media del 26% a prezzi reali
Spagna: 2007 - 2017 =
discesa media del 35% a prezzi reali
Francia: 2007 -2017 =
discesa media del 6% a prezzi reali
Germania: 2007 - 2017 =
salita media del 32% a prezzi reali
Come si vede, in Europa,
solo la Spagna, ha subito una discesa dei prezzi delle case più accentuata che
in Italia, essendo stata la crisi analoga ma più profonda. Ovviamente, a
livello globale, non si tratta di un fenomeno nuovo: in altri tempi e in altri
luoghi gli immobili sono scesi per periodi più lunghi (per esempio in Giappone
non hanno ancora raggiunto i prezzi dei primi anni novanta del secolo scorso).
Ora però, alla fine del 2017, la Spagna sta crescendo molto più rapidamente
dell’Italia, dove si prevede che ci vorranno molti e molti anni per tornare ai
prezzi reali toccati dagli immobili nel 2007. Basti dire che nel 2017,
caratterizzato da prestazioni borsistiche a doppia cifra da parte del listino
azionario italiano, i fondi chiusi immobiliari quotati hanno perso nel
complesso più del 10%. Al contrario, dove c’è stato sviluppo economico, come in
Canada, Australia e Nuova Zelanda, la musica è stata diversa. L’incremento è
stato superiore a quello della Germania (rispettivamente: 50% per il Canada,
36% per i due paesi australi).
Il punto di non ritorno,
come si è detto, è iniziato un decennio fa. E tuttavia, come spesso succede, la
maggioranza delle persone e dei media ne ha preso coscienza con molta lentezza.
Come capita sempre in occasione dei grandi punti di svolta, all’inizio i più
ritenevano che si trattasse di una variazione temporanea, ciclica, e che le
cose sarebbero presto tornate come prima. E invece si trattava di un profondo
cambio di tendenza nel senso che i punti di svolta si sono gradualmente
rivelati come dei punti di non-ritorno.
A questa lentezza hanno
concorso i cosiddetti paradossi del risparmio. Il primo paradosso è basato
sulla dicotomia certezza/incertezza. Esso mette in evidenza il profondo
contrasto psicologico tra la tranquillità del futuro che uno vuole assicurarsi
con i risparmi e la convenienza a tradurre i risparmi in investimenti ben
diversificati, cioè con una modalità che porta a perdite temporanee, anche se
compensate dai guadagni: accettare temporanea incertezza per avere solida
certezza, ma senza cadere nell’illusione della certezza.
Sappiamo però che le
perdite fanno più male dei guadagni di ugual valore. Di conseguenza pochi hanno
la saggezza e la forza d’animo per reggere i contraccolpi psicologici di
decrementi di valore temporanei, e anche per loro quasi mai scompare del tutto
l’asimmetria perdite-guadagni. Solo che imparano a sopportarla e a non badarci
troppo. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, la delega a un consulente si
rivela molto utile per attutire gli effetti psicologici di tale asimmetria
senza che il nostro patrimonio ne abbia a soffrirne.
Dal punto di vista del
primo paradosso, la strategia tradizionale, prima del 2007, aveva sempre dato
soddisfazioni. Anzi era pressoché perfetta: le case non sembravano mai scendere
di prezzo. Semplicemente perché per lungo tempo non se ne conosceva il prezzo.
Il prezzo è certo solo al momento dell’acquisto e a quello della vendita, e tra
questi due momenti intercorre, per il risparmiatore medio, un periodo per
solito molto lungo. E, sui tempi lunghi le case erano sempre salite di prezzo,
anche a prezzi reali, non solo nominali, e talvolta con forti incrementi che
hanno caratterizzato brevi ma incoraggianti periodi continuando così ad
alimentare speranze. Non più dal 2007.
Per quanto riguarda l’altro
pilastro, gli investimenti a reddito fisso, obbligazioni e titoli del tesoro,
entrava in campo il secondo paradosso del risparmio. Il secondo paradosso si
fonda proprio sul fatto che l’andamento dei nostri risparmi ci sta a cuore. La
conseguente continua attenzione al loro andamento ne danneggia l’incremento. In
altre parole, se controlliamo spesso il loro valore complessivo (immobili
esclusi), noteremo le piccole oscillazioni temporanee e ci preoccuperemo di
cali temporanei, sebbene piccoli sui tempi lunghi. Immaginate di guardare una
montagna da molto lontano: vedete solo le cime più alte e le valli più profonde
tra le cime. Poi, via via che vi avvicinate, vedete il profilo sempre più
frastagliato, tutto un andare su e giù, salite, interruzioni picchi e discese.
Il monte non cambia, siete voi che lo guardate da più vicino o da più lontano.
Di conseguenza, con tutto il loro saliscendi, gli investimenti nelle borse
mondiali non sono fatti per noi, e ci rifugiamo nel reddito fisso che ci
tranquillizza per due aspetti: conosciamo per certo il rendimento anno per
anno, e sappiamo che torneremo in possesso con certezza del nostro
capitale.
Questa metafora della
montagna è quella utile per capire la necessità di impostare per tempo il
passaggio generazionale. Questo implica vedere le cose da un punto più alto per
un futuro più lungo. Il passaggio generazionale è, come vedremo, molto di più
di una trasmigrazione di patrimoni.
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