BORSE : PAUSA DI RIFLESSIONE?
Lasciate alle spalle le preoccupazioni per le
decisioni della Fed, in settimana si sono confermate le incertezze sulla
prosecuzione del trend
rialzista in atto. Non certo - al momento - preoccupati
dalle vicende politiche ma piuttosto dal fatto che l’andamento dell’economia
americana sia entrata in una fase di rallentamento gli operatori hanno
accentuato le loro perplessità. Da un mese a questa parte i rialzi sono stati
piuttosto modesti e hanno riguardato prevalentemente le borse asiatiche, Tokyo
e Shangai in testa, mentre i segni negativi hanno contraddistinto ben sette
indici, alcuni in evidente flessione, come la borsa moscovita e quella
brasiliana.
In settimana il pessimismo ha prevalso per
l’ennesima volta sul mercato brasiliano, su quello russo e - in Europa – a Londra
e a Milano che hanno segnato il passo. L’andamento della borsa londinese è sato
ovviamente influenzato dall’avvio delle trattative per la Brexit mentre, per la
borsa milanese, sono pesate le vicende legate alle popolari venete, in bilico
fra salvataggio e fallimento, vicenda che si concluderà con tutta probabilità
nel verso che il governo ha tracciato il che sta a significare altri soldi
pubblici da immettere nel comparto finanziario.
Ma non ci sono stati solo atteggiamenti
negativi, tutt’altro. La borsa di Francoforte ha fatto segnare in settimana un
nuovo record storico; a farle buona compagnia quella americana con l’indice
S&P 500 che a sua volta ritocca per l’ennesima volta i suoi massimi. In
buona intonazione anche le piazze di Tokyo e Shangai, entrambe in positivo
dell’1% ca.
Stiamo per giungere al giro di boa annuale e
nei prossimi giorni probabilmente si potrà meglio percepire se i flussi di
liquidità continueranno a sostenere il mercato dell’equity o se qualche
operatore, soddisfatto dei risultati sin qui acquisti, vorrà iniziare a
prendere beneficio riducendo le proprie esposizioni.
Lanciamo dunque uno sguardo sull’andamento dei
principali indici azionari da inizio anno:
Marginali invece sono state le variazioni nei
rapporti di cambio fra le valute, come si può osservare nel grafico successivo:
Sostanzialmente fermo il cambio fra euro e
dollaro, come pure fra euro e sterlina. In leggero apprezzamento il cambio fra
l’euro e le due principali monete asiatiche, lo yen giapponese e lo yuan
cinese. Se proprio si vuole cercare il pelo nell’uovo possiamo invitare a una
certa attenzione sui rapporti di cambio fra euro e sterlina potenzialmente influenzati
dalle trattative sull’uscita dall’Europa. Ipotesi di lavoro accettabile ma
ancora tutta da verificare.
Prosegue invece, sul mercato obbligazionario,
l’onda di acquisti sui titoli governativi che hanno raggiunto un livello di
remunerazione estremamente modesto. Il decennale americano remunera gli
investitori il 2,14%, il livello minimo da inizio anno, come pure accade alla
Francia. Solo tre centesimi separano i titoli britannici dalla stessa sorte
mentre il bund tedesco si mantiene il 20% al di sopra dei minimi dell’anno
(eravamo a fine febbraio); ai sottoscrittori oggi spetta un modestissimo 0,25%
annuo.
E il nostro btp? A inizio annuo remunerava
l’1,82% ma questo livello modestissimo è durato solo una settimana, dopo di che
si è impennato sino al 2,54% di metà marzo per poi ridiscendere gradualmente
sino ad ora. Alla fine della settimana scorsa i rendimenti del decennale
italiano erano fissati all’1,91%, una manciata di centesimi dal suo minimo
annuale e lo spread suggella questa situazione portandosi a 166,5 bp scolorendo
nella nostra memoria i record da brivido del 2011. Resta da vedere se le
politiche economiche e la crescita che piano piano sta prendendo piede saranno
sufficienti quantomeno per consolidare questi livelli.
Nei due grafici successivi i rendimenti in
chiusura di settimana e il confronto fra quelli di inizio anno e quelli
odierni.
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