Uno
dei fattori che spiega la tendenza a procrastinare il passaggio generazionale è
la paura, la paura cioè che il nostro patrimonio, nelle mani dei nostri figli o
comunque di persone più giovani di noi, possa essere gestito male.
Questa paura nei confronti
delle persone più giovani un tempo aveva un fondamento razionale perché la vita
ci faceva diventare saggi e ci insegnava ad avere le “paure giuste” che
trasmettevamo alle nuove generazioni. Quali sono le paure giuste? Quelle che
corrispondono ai pericoli effettivi, non a quelli immaginari di cui finisce che
ci preoccupiamo, trascurando quelli che invece dovrebbero veramente
interessarci. In fondo a questa lezione tratterò questo tema. Prima desidero
indicare alcuni effetti recenti della paura rispetto ai mercati finanziari.
Molti hanno considerato il
2017 come un anno pericoloso per l’incertezza derivante dalle elezioni
politiche che si sarebbero tenute in vari paesi. Scherzando su questi temi
diversi mesi fa il vignettista Altan diceva che solo la politica italiana non
spaventava, alludendo al nostro scarso peso geopolitico.
La politica italiana non spaventa le borse!
E invece le vicende politiche degli altri paesi europei hanno spaventato gli investitori. Le vicende politiche sembrano interferire con la presunta “razionalità” dei mercati.
I risultato netto è che,
nel complesso, si è usciti dai mercati europei nel corso del 2016, in modo massiccio.
Si è usciti cioè quando si sarebbe dovuti entrare e, nella media, si compra
oggi a prezzi molto più cari quei titoli che erano stati snobbati nel 2016. Un
effetto della paura per qualcosa che, alla luce dei fatti, non era poi così
pericoloso. Questo forse è un riflesso antico, l’eredità del secolo scorso
prima della globalizzazione, dove le vicende politiche dei singoli paesi
europei hanno portato a morte e desolazione. Se guardiamo il presente con gli
occhi del passato son paure comprensibili e spiegabili. Ma oggi le cose non
stanno più così. Poi gioca un altro fattore così ben illustrato da Carlo
Benetti nella lezione n° 250. Si tratta della tendenza a valutare le
conseguenze di tutte le informazioni che ci arrivano in termini di effetti sui
mercati. E così il bombardamento di notizia “politiche”, invece di aiutare, ha
l’effetto di farci iper-reagire, accentuando le paure, enfatizzando il
contingente, nascondendo le tendenza di lungo periodo.
Fatto sta che, a causa di
questi fattori sinergici, l’uscita dai mercati azionari europei nel corso del
2016 è stata massiccia. Solo oggi, all’inizio del maggio 2017, le cose sono
cambiate.
La figura mostra i flussi in entrata e uscita dai
mercati europei dal maggio 2016 al maggio 2017. Fonte: Bloomberg modificata.
Parte del pessimismo e delle paure delle persone si spiega per contrasto con le previsioni degli esperti che sono sempre “sopra le righe”. Si guardi, per esempio, come funzionano le correzioni delle previsioni fatte a inizio anno dell’incremento del prodotto lordo mondiale, a partire dal 2011. (Si noti, tra l’altro, che la paura degli italiani ha avuto come effetto la tendenza di concentrare il 95% dei patrimoni in Italia – questione di cui si è già parlato, concentrandosi cioè nel paese che è cresciuto molto meno della media mondiale).
Previsioni di crescita e dati reali del PIL mondiale
dal 2011.Fonte: Economist modificata.
Un barometro della paura,
indiretto ma efficace, è l’indice di copertura contro il rischio di cali: nel
corso della fine del 2016 è sceso, ma poi recentemente è risalito per
raggiungere gli stessi valori dell’Ottobre 2016.
Barometro della paura: valore dell’assicurazione
contro le discese. Fonte: Bloomberg modificata.
Lo scollegamento tra le vicende politiche incerte, e considerate potenzialmente pericolose, e l’andamento dei mercati trova molti esempi. Per noi europei, un caso preclaro è quello della Turchia, dove assistiamo a una scissione tra andamento della borsa locale e incertezza geopolitica del paese.
Turchia cruccio politico ma "delizia" degli
investitori. Fonte: Economist modificata.
Più in generale i mercati
dei paesi emergenti, incerti e instabili nelle loro vicende politiche e quindi
paurosi”, sono ancora “a sconto” rispetto ai mercati emergenti e alle borse
mondiali nel loro complesso.
I mercati emergenti, per quanto saliti nel corso del
2016, ad aprile 2017 sono ancora convenienti rispetto agli altri mercati
considerati nel complesso. Fonte: Bloomberg modificata.
La paura ha fatto sì che molti portafogli degli italiani ruotino intorno al reddito fisso mentre la redditività indurrebbe a fare il contrario: ancora una volta questo è effetto della paura.
Il confronto tra i rendimenti ha creato la seguente
divergenza: a partire dal 2000, lo S&P 500 è diventato sempre più
conveniente rispetto ai Treasury decennali. Fonte: Bloomberg modificato.
E veniamo, alla luce di
questa disamina sugli effetti della paura, al tema del passaggio generazionale.
Questo è il campo in cui la paura gioca proprio brutti scherzi.
Paradossalmente, oggi, le
paure dei bambini sono meno irrazionali di quelle dei grandi. Se, da oggi in
avanti, le persone anziane affidassero ai loro nipoti, bambini o ragazzi, i
loro portafogli, e se gli "eredi" fossero assistiti da un buon consulente,
il patrimonio di famiglia ne trarrebbe in media giovamento. Come mai i ragazzi
hanno paure meno scollate dai pericoli mentre da sempre, in passato, la
saggezza degli anziani era pedagogica?
In questo pezzo pubblicato
dal Sole-24 Ore sul Domenicale cerco di dare la mia risposta:
Migliaia di anni fa, gli
uomini vivevano in ambienti semplici e ripetitivi, ma molto pericolosi. Il
problema era sopravvivere, cibarsi, proteggersi, almeno fino al momento in cui
era terminato l’allevamento dei figli. Poi c’era una nuova generazione, e la
vita continuava.
Nella preistoria, si usciva
di casa - dalle caverne o dalle abitazioni su palafitte, relativamente
sicure – e poteva succedere di tutto. In un attimo, da predatori quali si
cercava di essere, poteva capitare di ritrovarsi prede. La paura era allora
un’emozione cruciale, o meglio "adattiva". Ci permetteva di fissare in memoria gli
scenari rischiosi in cui si era riusciti a salvarsi da pericoli mortali, magari
per un pelo. Contribuiva alla sicurezza anche l’autorità dei “grandi” che ci
insegnavano a evitare i pericoli. Originariamente l’istruzione e
l’addestramento servivano ad alzare le probabilità di sopravvivenza in ambienti
ostili. Per esempio, i grandi della nostra tribù dicevano: “Non giocare con
l’acqua se il sole è alto nel cielo!”. I bambini disobbedienti avrebbero corso
rischi andando al fiume nelle ore più calde, quando gli animali si dissetavano
e i coccodrilli stavano in agguato sperando in una bella colazione. I nostri
antenati temevano per lo più le situazioni oggettivamente pericolose e, grazie
a queste paure, non andavano a ficcarsi nei guai. Una cultura che fosse stata
priva di questa emozione basilare sarebbe stata destinata all’estinzione. Come
aveva osservato Darwin, alla fine dell’Ottocento, non sono i più forti e i più
coraggiosi a sopravvivere, ma chi si adatta meglio ad ambienti in rapido
mutamento.
Poi, nei tempi moderni,
tutto si è complicato. Per esempio: la paura di dormire soli. Una volta era un
timore sensato perché i genitori ci proteggevano dai pericoli. Oggi le stanze
da letto dei bambini sono sicure tanto quelle dei grandi e, un po’ alla volta,
lo impariamo, se non abbiamo genitori troppo apprensivi.
Le emozioni non si
eliminano mai con le spiegazioni a parole, ma con gli esempi e il prevalere di
altre emozioni, più forti. Nel caso delle paure, la fiducia negli altri e in se
stessi è essenziale. Un altro esempio: il timore del buio. Un tempo questo tipo
di timore evitava ai bambini di incappare in quei pericoli che corrono, oggi,
le persone non più giovani. Negli Stati Uniti, dove si misurano le frequenze di
tutti gli incidenti, un anziano, per solito, non ha paura di muoversi al buio
quando cerca di non disturbare i familiari accendendo la luce. Scende dalle
scale, inciampa e cade: per i vecchi questa è la causa più frequente
d’incidenti, oltre a scivolare durante la doccia. Due scenari casalinghi che
per solito non fanno paura, ma che sono in realtà molto pericolosi.
La separazione ingannevole
delle paure soggettive dai pericoli oggettivi colpisce oggi più spesso i grandi
che non i bambini. Per esempio, le persone mature temono violenze, omicidi,
furti: la televisione li mette continuamente in allarme. In realtà nel
2015 gli omicidi sono stati 479, il numero più basso da un secolo a questa
parte. Quando ero piccolo, all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso,
erano più di tre volte. Anche i furti nelle abitazioni sono diminuiti nel 2016
rispetto al 2015. Paradossalmente, l’Italia, è, in media, un paese sicuro e, al
contempo, molto corrotto. La corruzione incute timore a pochi, anche se fa
molti più danni dei ladri “tradizionali”.
Un altro esempio sono i
viaggi: gli aerei sono più sicuri delle auto, ma le paure dei grandi vanno in
senso opposto. E in auto tendiamo ad aver paura degli altri, anche se la
maggior parte degli incidenti è dovuta alle distrazioni di chi guida,
soprattutto se è alle prese con un telefonino.
In conclusione, i bambini
hanno paure più giustificate e comprensibili perché collegate a quelle
situazioni che, soprattutto in passato, erano pericolose. La paura di ammalarsi
è benefica perché stiamo attenti a evitare di esporci a malattie: sono solo i
grandi ad aver paura dei vaccini e a causare guai. Poi ci sono situazioni e
circostanze in cui non agisce la paura in senso proprio: i bambini non temono i
compiti scolastici, semplicemente non hanno talvolta voglia di farli. Devono
però imparare a procrastinare i desideri: qualcosa che adesso è spiacevole si
trasforma in risultati benefici sui tempi lunghi. Purtroppo bisogna saper
aspettare più a lungo che in passato. Ci si deve impegnare per anni per gli
obiettivi più importanti della vita, ed è bene cercare di divertirsi anche
lungo la strada, senza aspettar ricompense molto lontane nel tempo.
Molti timori ormai vengono
non da quello o da chi ci circonda, ma dalla cultura in cui siamo immersi. Le
famiglie "normali" sono statisticamente rare, ma sono quelle che la
pubblicità mostra come “famiglie buone”. Qui bisogna imparare a ragionare con
la propria testa, a fabbricarci le paure sulla base delle nostre esperienze,
rispettandole, perché in loro c’è la nostra vita, quel che abbiamo imparato sul
mondo a nostre spese.
E’ importante imparare il
confine, non sempre chiaro, tra paure "normali", razionali e
adattive, e paure "invadenti", slegate da una esperienza
specifica.
Anche nel caso delle paure
connesse al passaggio generazionale, va usata con perizia una ricetta che vale
per tutta la psicologia. Essa si compendia in due parole: rispetto e sospetto.
Il rispetto deve valere per tutto ciò che osserviamo, dentro e fuori di noi:
rispettare quindi le paure. Se non proviamo rispetto per i fenomeni, tenderemo
a interpretarli con le nostre categorie, per esempio proiettando le nostre
paure. Però sospetto per analizzarne le conseguenze irrazionali o che, comunque
vanno a nostro detrimento.
Tornerò nella prossima
lezione su altri aspetti del passaggio generazionale.
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