Donatella Principe |
Si è svolto questa settimana il
primo incontro del dopo vacanze - a Padova - fra case di investimento e addetti
ai lavori. A dare il via alla serie di incontri che porterà, non solo nella
nostra città ma in tutto il Veneto, gestori, economisti e responsabili
commerciali delle più blasonate società di investimento europee e nordamericane
è stata Schroders.
Il meeting si è sviluppato sotto
la regia di Giacomo Camisa e di Donatella Principe, quest’ultima assente da tempo
da questi incontri a causa dei numerosi impegni che svolge per conto della
società, il cui ritorno è stato accolto con calore da parte dei numerosi presenti.
Il titolo del tema ci dà già
un’idea del focus e dei temi trattati: “L’inverno sta arrivando? “. Ovviamente
il riferimento a quello climatico è puramente casuale.
Si è dunque partiti con una
disamina della situazione economica mondiale. In termini di PIL reale Usa, Giappone
e Germania sono tornate a superare il livello del 2007, anno di inizio delle
turbolenze; al di sotto di questo livello rimangono stabilmente posizionati gli
altri maggiori paesi dell’eurozona.
La crescita c’è, dunque, ma a
macchia di leopardo ed è tuttora fragile e, come ben sappiamo, è stata trainata dalle misure espansive americane e
giapponesi ma siamo ormai verso la fine di queste politiche dato che
l’eccezionalità degli interventi non può restare strutturale e il rientro alla
normalità potrebbe ancora creare non poche difficoltà al mantenimento della
timida crescita di queste aree.
Per l’Europa invece, stritolata
dalla carenza di siffatte manovre, la crescita resta sostanzialmente un sogno e
alcuni paesi stanno drammaticamente conoscendo una realtà di deflazione
incombente che rischia di travolgere il benessere della nostra area economica.
Ecco il perché degli interventi della BCE di questi ultimi mesi e l’apertura a
ulteriori ipotetiche misure.
Ma Draghi è stato chiaro. Da sole
non bastano e il perché è piuttosto evidente. Disoccupazione crescente, scarsa
produttività, competitività in caduta libera in paesi importanti quali Francia
e Italia, scarsità di appoggio creditizio alle famiglie e alle imprese (ma è
pur vero che se il credito scarseggia anche i piani di investimento latitano o
se ne stanno ben custoditi nei cassetti degli imprenditori che in questi anni
hanno ridotto la loro attitudine al rischio d’impresa). E’ indispensabile che
vengano attuate le riforme nei paesi maggiormente arretrati sotto il profilo
dell’efficienza che, forse non a caso, sono concentrati soprattutto nella
fascia mediterranea: senza di esse ogni misura sarà vanificata.
In questo quadro economico già di
per sé fragile si innestano le tante crisi politico-militari in atto da tempo
(Iran, Iraq, ecc.) a cui si aggiungono quelle assurte alla cronaca in questi
ultimi mesi (Isis, Ucraina, tensioni cino-nipponiche, ecc.) dall’esito
assolutamente imprevedibile.
La ripresa mondiale di fatto è a
rischio.
Diversa è stata sin qui la
situazione dei mercati finanziari. Il mega-flusso di liquidità che è stato
immesso nei mercati ha trovato terreno fertile per la crescita sia di quelli
obbligazionari (favoriti dal livello di tassi più basso della storia moderna)
che di quelli azionari, a loro volta guidati dal faro dei succosi dividendi
aziendali maturati in un quadro di ricercata efficienza ed abbattimento di
costi. Il prezzo di tutto ciò è stato il fallimento e la chiusura di una
considerevole quantità di imprese operanti al margine.
Dal 2009 le asset class dove è
confluito il denaro degli investitori si sono rivelate positive a dispetto
della crisi creando una forte divaricazione fra economia reale e finanziaria.
Ma ricordiamolo bene. Sono stati gli aiuti e le politiche di sostegno a creare
questa anomala situazione e tutto, prima o poi, deve rientrare nella normalità.
L’inverno dunque potrebbe essere
alle porte: non possiamo attenderci trend duraturi di crescita finanziaria ma,
all’incontrario in un futuro non troppo lontano, una maggiore volatilità e
correzioni dagli attuali livelli. Saranno determinanti, per i tempi e l’ampiezza
della volatilità, le decisioni in materia delle autorità economiche dell’area
comunitaria. I mercati, nel frattempo, stanno scommettendo sull’assecondamento
(seppur tardivo) di manovre espansive della BCE.
I mercati emergenti, che avevano
trainato la crescita all’inizio del nuovo secolo, hanno progressivamente rallentato la loro
marcia che non decolla in quanto “vittime” della crisi occidentale, loro tradizionali
mercati di sbocco. Da soli infatti non hanno l’energia e le risorse sufficienti
per trainare la crescita globale e devono affrontare tutta una serie di riforme
ed aggiustamenti interni al fine di evitare tensioni sociali al loro interno.
Che fare dunque?
Sui mercati obbligazionari
permarranno probabilmente per un bel po’ tassi strutturalmente molto bassi e
dunque bassi rendimenti e crescenti pericoli per perdite in conto capitale
qualora prenda piede una crescita più credibile di quella attuale.
Sui mercati azionari gli spazi si
sono altrettanto ridotti. I dividendi hanno raggiunto livelli ragguardevoli e
senza il carburante delle masse liquide a basso costo degli ultimi anni
difficilmente potranno mantenere i ritmi di crescita visti nell’ultimo lustro.
Le scelte si fanno dunque molto
difficili. Possiamo individuare almeno 3 temi da caldeggiare:
- · selettività dei titoli ma è oltremodo difficile da conseguire per il normale investitore, dunque ampio spazio a deleghe di settore in questo comparto;
- · accurato ed elastico posizionamento sulle duration del reddito fisso, esercizio ancora più ostico per i risparmiatori. Dunque flessibilità ottenibile da prodotti in ciò specializzati;
- · strategie alternative a supporto del contenimento del rischio e qui, aggiungo io, assolutamente pericolose da attuare senza validi supporti tecnici (prodotti ad hoc e capacità di misurazione del rischio).
Giacomo Camisa |
Le mie personali considerazioni.
Possiamo considerare finita
l’epoca della crescita finanziaria a prescindere, d’ora in avanti per
l’ottenimento di rendimenti ancorché modesti si dovrà aumentare la volatilità
del portafoglio, si dovranno misurare adeguatamente gli orizzonti temporali di
investimento, ci si dovrà confrontare con una situazione strutturale di
riduzione della ricchezza disponibile, dell’invecchiamento della popolazione
che rende stretti i margini di manovra e, ultimo ma non meno importante, con
una realtà produttiva in grave difficoltà.
Prima che di prodotti sarà meglio
individuare un valido referente in grado di traghettare con capacità e sapienza
i patrimoni familiari sottoposti a una situazione di benessere in costante
riduzione verso i propri obiettivi vitali, non ultimo quello successorio
convinto, come sono, che la prossima generazione sarà meno abbiente di quella
attuale.
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