mercoledì 17 settembre 2014

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 98 – I due numi tutelari: Keynes e Kahneman


Approssimandomi alla mia centesima lezione, vorrei porgere omaggio ai due numi tutelari di chi oggi fa questa preziosa professione di consulente, in Italia più indispensabile che altrove, in assenza di crescita economica. Un’assenza cui dovremo abituarci, almeno secondo un recente studio di Moody’s.


In questo scenario di stagna-recessione e di disinflazione, per alleggerire il debito, ed evitare che il suo fardello passi alle prossime generazioni, servirebbero due miracoli. Secondo Moody’s, ci vorrebbe, per diversi anni, o una crescita economica del 3%, oppure un avanzo primario del 4%, o un mix dei due. L’Italia, o meglio la sua classe politica, non è ancora pronta per auto-imporsi e imporre sacrifici compatibili con un avanzo primario del 4%. Non siamo la Gran Bretagna. Tengo sulla scrivania una vignetta d’annata. Essa ha il titolo: ”In Britannia ancor più frugalità”. Sotto, con un fumetto, la vignetta attribuisce ironicamente al nuovo (allora) ministro economico britannico questa battuta: “Abbiamo già superato le difficoltà che devono ancora venire”. Con questo spirito battagliero il suo governo ha, da allora, sistemato i conti del paese. In Italia poi – segnala Moody’s, abbiamo un’altra grande difficoltà. Siamo tra i paesi più vecchi del mondo, con più del 7% della popolazione sopra i 65 anni. Tutte le ricerche e i dati mostrano come la crescita economica stia rallentando, man mano che la popolazione diventa più vecchia. E siccome lo sta diventando anche il resto d’Europa, anche se meno velocemente dell’Italia, sarà sempre più difficile crescere con export o aumentare la domanda interna. E’ questo un quadro che non appare positivo, per usare un eufemismo (cfr. Morya Longo, Sole 24Ore, 10 agosto 2014, p. 5). All’interno di questo quadro, non si è presa sufficiente coscienza della rilevanza sociale del ruolo dei consulenti, ruolo cruciale nel traghettare la ricchezza italiana da una generazione alla prossima.

E’ probabile che la prossima generazione sarà la prima, dal dopoguerra, che sarà meno benestante della precedente. Il risparmio cumulato in passato diventerà sempre più essenziale, e la cruciale missione di conservarlo sarà compiuta anche dai consulenti. Speriamo che i risparmiatori italiani si affidino loro. Non è solo un problema dei singoli clienti (attuali). La protezione e buona gestione dei risparmi emergeranno sempre più come un problema sociale rilevante, all’interno di uno scenario come quello sopra tratteggiato.
Veniamo ai due numi tutelari. Di uno, John Maynard Keynes, ha già parlato il mio collega Carlo Benetti nella prima lezione d’agosto. E ne ha ricordato l’aspetto più peculiare e interessante.

Keynes non è stato solo un grande teorico della crescita economica ma anche, e per lungo tempo, “un diavolo d’investitore”. La teoria degli investimenti cambierà proprio grazie alle sue esperienze d’investitore, come ricorda molto bene Carlo Benetti (Alpha e Beta del 4 agosto). Keynes scoprì che le serie storiche “lunghe” del passato non sono una buona base per prevedere il futuro immediato o prossimo, punto su cui ritornerò tra poco. Partendo da questa scoperta “in negativo”, Keynes decise di ricorrere a una strategia che anticipava l’odierna tecnica long/short. Essa consiste, sbrigativamente, nel puntare sulle proprie idee d’investimento ma, contemporaneamente, nel “darsi torto”, facendo scommesse in senso contrario, rendendo così il portafoglio nel complesso più sicuro. Gli insuccessi nei tentativi di prevedere l’andamento delle valute, di cui parlerò tra poco, avevano convinto Keynes che i mercati si muovono sulla base delle attese e previsioni dei più, secondo il meccanismo del “concorso di bellezza” che produrrà miriadi di ricerche (è quel gioco tale per cui non dovete scegliere la candidata più bella del concorso, ma quella che probabilmente la maggioranza giudicherà più bella). Nel concorso di bellezza è insita una grande lezione: non è importante il nostro punto di vista, ma quello degli altri, quello dei più. Sono le aspettative altrui, per lo meno quelle relative alle scelte maggioritarie, che muoveranno i mercati. Noi dobbiamo cercare di seguire l’onda, meglio anticiparla, anche di poco, controllando i movimenti dei più importanti attori economico-finanziari.

Carlo Benetti ricorda un altro punto che vorrei sviluppare, dato che è rilevante nelle relazioni tra clienti inesperti e consulenti esperti.

All’inizio delle sue attività d’investitore (con i risparmi personali e quelli degli amici), Keynes pensò di sfruttare uno stato di cose conseguente alla prima guerra mondiale, e cioè l’oscillazione dei cambi, dopo che erano stati fissi fino al 1914. Keynes ragionò da buon economista, quale lui era, e pensò che la vittoria avrebbe “causato” la forza della sterlina e del dollaro, su cui andò lungo, e la debolezza del marco, su cui andò corto. All’inizio la presunta “causa” agì nel senso previsto, e determinò la differenza nei cambi immaginata da Keynes (che arrivò a guadagnare fino a un milione di dollari a valori attuali). Poi però, nell’aprile del 1920, la Germania si stabilizzò, e il marco riacquistò la fiducia dei mercati. La presunta ”causa” non operò più, e Keynes perse i guadagni suoi e, soprattutto, quelli dei suoi amici, cosa che gli spiacque assai. In compenso si rese conto della profonda differenza tra le scienze naturali e i modelli economici. In pratica, questo episodio gli fece capire un punto molto importante. E cioè che, sui cambi, era meglio operare esaminando le correlazioni “recenti”, cioè del recente passato, tra le valute, tralasciando la presunta influenza a lungo termine delle cause implicite nei ragionamenti macro-economici. Anche oggi le persone inesperte seguono sui media gli sviluppi macro di natura economica e politica. Pensano così di fare scelte sui cambi guidate da questi sviluppi (e questo è uno dei tanti motivi per cui un buon consulente, più esperto e scettico, è assai utile).

La sostituzione del concetto di “causa” con quello di “correlazione” è cruciale, anche se l’inesperto confonde questi due concetti, come ho mostrato a lungo nel mio “Perché gestiamo male i nostri risparmi”. Solo il concetto di correlazione ci permette da un lato di impostare operazioni a breve, e, dall’altro, legittima la cruciale nozione di “ritorno sui tempi lunghi verso le medie storiche” (un concetto che è la negazione di quello di “causalità” perché nulla causa il ritorno verso la media storica se non il disallineamento precedente).

Consideriamo un esempio recente, di questa estate. Siamo a Ferragosto e il grafico che mostra lo spread tra il bund quinquennale e l’equivalente titolo del tesoro statunitense, da un lato, e il valore del cambio euro-dollaro, dall’altro, si sta allargando continuamente da 120 giorni. La correlazione ha raggiunto il 14 agosto “meno 0.82”, mentre era “meno 0.65” in maggio (in parole povere, questo valore indica che euro/dollaro e spread si muovono in direzioni opposte, ma non che il secondo valore causi il valore del primo, o viceversa). Se questa correlazione – suppongono gli analisti – procederà così nell’immediato futuro, l’euro si indebolirà progressivamente da 1,34 (16.08.14) fino a sotto 1,32 (sarà interessante vedere che cosa sarà successo in settembre, quando questa lezione andrà sul sito Swiss!). Alla luce dell’andamento a forbice di questi due valori (spread e forza dell’euro), gli operatori scommettono in prevalenza su un calo dell’euro, com’è indirettamente dimostrato dai 129mila contratti di metà agosto. In gergo tecnico, questa variabile viene chiamata “net longs”. Si tratta della differenza tra i “meno” che scommettono al rialzo e i “più” che scommettono al ribasso: una differenza che non è mai stata così alta dall’agosto 2012. E’ interessante riflettere sul fatto che i contratti “net longs” innescano un meccanismo di “concorso di bellezza”. Pura psicologia delle attese reciproche.

Keynes, in conclusione, colse la differenza tra segni e cause e, da allora, non operò più tenendo conto di elementi macro-economici. Intuì, al contrario, la forza dell’effetto “concorso di bellezza”, da lui battezzato così e formalizzato nel 1936 (di questo meccanismo ho parlato più volte).

Per terminare questa storia sulle correlazioni, va aggiunto che fu Alfred Jones, un giornalista economico, a riprendere queste idee, e, nel 1949, a inaugurare ufficialmente la stagione dei fondi hedge. Pochi anni dopo, Harry Markowitz, con la sua tesi di dottorato, introdusse la teoria del portafoglio (ancor oggi adottata: Markowitz, per la prima volta, perfezionò in termini formali il concetto di diversificazione). A questo punto la sistematizzazione dei cardini dell’operatività dei consulenti era terminata. Per converso, iniziava la lunga marcia per convincere i risparmiatori della validità di queste nozioni anti-intuitive. La strada che hanno davanti i consulenti italiani è ancora lunga!

L’altro nume tutelare della consulenza finanziaria è senza dubbio Daniel Kahneman, che possiamo considerare il principale studioso che, sviluppando la finanza comportamentale con esperimenti di laboratorio, diede seguito, alla fine del secolo scorso, alle intuizioni pionieristiche di Keynes.

Daniel Kahneman è stato il primo, e il solo psicologo sperimentale, a vincere il premio Nobel per l’economia (2002). Il premio è l’esito di una lunga storia di avvicinamento da parte delle scienze cognitive all’economia (di cui ho già parlato in “Perché gestiamo male i nostri risparmi”, 2013). Senza raccontare di nuovo questa storia, possiamo limitarci a dire che le ricerche di Kahneman, e della sua scuola di pensiero, spiegano come mai la maggioranza delle persone non riesca a comportarsi secondo i canoni della razionalità economica. E’ rilevante capire perché ci allontaniamo dalle varie forme di razionalità se vogliamo analizzare la natura dei nostri errori, come porvi rimedio, o perché, viceversa, non sia possibile porvi rimedio.

Comincerò a parlare di errori nella prossima lezione, e proseguirò per altri quattro giovedì.

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