Questa
settimana voglio riprendere le tre lezioni precedenti nella vostra prospettiva,
quella cioè di un consulente che ha dei clienti. Ma non abbiamo a che fare, nel
vostro caso, con un tipo di consulente che crea personalmente l’oggetto della
sua consulenza, come un idraulico o un consulente fiscale. E’ un consulente che
distribuisce prodotti altrui, come fate voi. La vostra abilità sta nella
miscela di prodotti proposta a ogni cliente (la diversificazione del
portafoglio) e nella relazione che avete creato con lui, insomma nella vostra
reputazione ai suoi occhi.
Non siete solo
voi a trovarvi in questa condizione. E tuttavia, in luogo di parlare ancora una
volta di voi, vi voglio raccontare una storia che emerge dal mio passato e che
ha a che fare con un’azienda vicentina produttrice di batterie e di avvisatori
acustici.
L’azienda è
nata nel mio stesso anno: il 1942! Ed è cresciuta nel dopoguerra, insieme al
mercato delle automobili. Essa approvvigiona le case produttrici con forniture
di “primo impianto”, in quanto la batteria viene “impiantata” su un’auto nuova.
Una batteria ha quasi sempre una vita più corta di quella dell’auto su cui è
stata montata. Come sanno gli automobilisti, si può scaricare in modi e tempi
imprevisti. E così, a fianco del primo impianto, è nato un mercato di
sostituzione. Naturalmente il primo impianto è un buon sbocco per un’azienda,
il migliore: vendi grandi partite di batterie e vieni pagato di sicuro
dall’acquirente. Il mercato di sostituzione, quello che costringe a passare per
gli elettrauto, è più difficile, insicuro e incerto.
L’ipotesi
condivisa, con cui mi confrontai, era che “le forniture di primo impianto sono
da preferirsi”. Tale regola trovava fondamento nei fatti. Gli elettrauto
talvolta approfittavano delle circostanze. Quando una batteria era morta, e
andava sostituita, il malcapitato automobilista era obbligato a farlo.
E a farlo in
fretta, se voleva proseguire. Quindi era incline, o purtroppo costretto, a
rifornirsi di una nuova batteria senza discutere troppo sul prezzo. Insomma un
mercato difficile da “fidelizzare”. Nello stesso tempo, l’azienda sapeva bene
che il primo impianto, con la diffusione dell’uso dell’auto tra gli italiani,
non avrebbe avuto per sempre gli incrementi del passato. E ciononostante tutte
le esperienze particolari sembravano confermare la regola relativa alla
superiorità del primo impianto. Si trattava di mostrare che la regola,
condivisa da quasi tutti, poteva non funzionare “a certe condizioni”. Ma quali
erano queste condizioni? In passato si erano raccolte solo esperienze negative:
elettrauto scorretti, prezzi al consumatore finale imposti dagli elettrauto,
elettrauto cattivi pagatori. Questi episodi emergevano attraverso reclami vari.
Ci mettemmo a studiare la cosa e scoprimmo che questi fenomeni erano un’esigua
minoranza rispetto alla totalità degli elettrauto. Proprio come avviene per i
consulenti finanziari quando si leggono i giornali specializzati e si scoprono
solo le magagne. E tuttavia sono sempre le criticità che spiccano agli occhi,
che sono segnalate, notate e che finivano per confermare la preferenza per il
primo impianto. Si sarebbe potuto mostrare che questa preferenza era infondata,
ma solo se si fossero create nuove condizioni.
Il primo
quesito era il seguente: le persone talvolta sostituiscono personalmente la
loro batteria, magari in maniera preventiva? E come lo fanno? Andai con il
responsabile del marketing nei supermercati specializzati alla periferia di
Parigi e studiammo la cosa. Scoprimmo così che le persone avevano un’idea del
costo di una batteria, indipendentemente dagli elettrauto. Ovviamente questo
non valeva per la maggioranza degli automobilisti. Questi compravano la
batteria insieme all’auto nuova e “scoprivano” il prezzo solo quando veniva
imposto loro dall’elettrauto in occasione di guasti imprevedibili. La sfiducia
verso il mercato di sostituzione era generata dal fatto che erano soltanto gli
scontenti quelli che facevano reclami alla casa produttrice, quelli cioè a cui
gli elettrauto avevano fatto pagare cara la sostituzione. E tutte queste
lagnanze rinforzavano l’opinione diffusa: la superiorità del primo impianto!
Era
difficile sostituire tale opinione con una regola, ancora più generale, e cioè
che: “a certe condizioni, mercato di sostituzione e primo impianto possono
collaborare e aiutarsi a vicenda”. Bisognava ricreare presso gli elettrauto le
stesse condizioni del primo impianto. Facemmo così una selezione degli
elettrauto, individuando quelli più affidabili che avrebbero accettato un
listino prezzi imposto dalla casa produttrice. Questi elettrauto venivano
ricompensati dall’omaggio di insegne luminose e di altro materiale sul loro
punto di vendita, e da una campagna pubblicitaria volta a costruire la loro
reputazione, oltre che quella dell’azienda produttrice. Divennero insomma una
sorta di fedele e tentacolare protesi sul territorio. Un po’ alla volta, si
creò un circolo virtuoso. Gli elettrauto selezionati divennero fieri di
appartenere a questa sorta di élite. La loro serietà alimentò gradualmente una
doppia reputazione: una presso i consumatori finali, che potevano persino
sostituire la batteria preventivamente, rivolgendosi all’elettrauto di fiducia.
E l’altra reputazione andava a premiare la stessa casa produttrice, che era
“garante” di questa rete, l’appoggio di ultima istanza.
Se ci
pensate un attimo, le banche e le assicurazioni oggi hanno un problema analogo.
Affidare i loro prodotti a reti indipendenti, o persino a consulenti autonomi,
oppure creare una loro rete, garantita dal loro marchio, e formata da
dipendenti?
Il mondo,
almeno agli occhi di uno psicologo, presenta analogie. Perché, dietro le
differenze superficiali, ci sono strutture profonde e immutabili. In questo
caso, come nel 2 - 4 - 6, non si riusciva a vedere la possibilità di una regola
ancora più generale, una regola che inglobasse l’opinione sulla superiorità del
primo impianto (inteso come un caso particolare). Ci riuscimmo creando una rete
di “nostri” elettrauto. Creando cioè quelle stesse condizioni che si credevano,
in passato, esclusive del primo impianto: reputazione (doppia), serietà,
pagamenti e tempistica. Insomma, il primo impianto era diventato un caso
particolare in cui si erano verificate spontaneamente quelle condizioni. Noi le
avevamo individuate e ricreate anche per la rete. Tra l’altro, studiando il
mercato “spontaneo” di sostituzione delle batterie nei grandi magazzini nelle
periferie di Parigi, capimmo anche alcune caratteristiche del mercato di
sostituzione degli avvisatori acustici, l’altra linea di produzione
dell’azienda. Capimmo cioè i motivi che spingevano alcune tipologie di
automobilisti a sostituire il clacson originale fornito dalla casa produttrice.
Collaborammo così con le case automobilistiche nelle scelte dei clacson per il
primo impianto. I clacson, a differenza delle batterie, non si sostituivano
perché cessavano di funzionare, ma perché si preferiva un suono diverso, più
forte, talvolta personalizzato.
Questo
racconto ci rimanda a una morale di più vasto respiro. Perché era stato
difficile creare le condizioni profittevoli del primo impianto anche nel
mercato di sostituzione? Perché si partiva sempre da esempi positivi
particolari, per confermare una credenza anch’essa particolare, e cioè la
superiorità del primo impianto. A differenza del 2 - 4 - 6, dove le triplette
che falsificavano le ipotesi erano lì, disponibili nel mondo matematico delle
triplette, qui si erano dovute inventare e realizzare le condizioni per
falsificare l’ipotesi della superiorità del primo impianto. E non è una
differenza da poco. La regola più generale “a certe condizioni, i due mercati
si equivalgono” non era né visibile né disponibile. Bisognava scoprirla. E
tuttavia, grazie a questa scoperta, quando il mercato del primo impianto si
saturò, ci trovammo più “avanti” dei concorrenti, più forti di loro. E questo
vantaggio divenne ancora più grande quando la maggiore casa produttrice
nazionale, calando l’incremento della domanda di auto, si approvvigionò sempre
di più di batterie costruite da una sua azienda collegata.
In
conclusione, solo costruendo casi negativi si scopre l’infondatezza delle
ipotesi tradizionali quando queste sembrano impossibili da cambiare,
addirittura difficili da scalfire.
Le cose sono
molto più facili quando si parte da una credenza condivisa e poi, un po’ alla
volta, si scopre che questa opinione è vera non “in generale”, ma solo in
particolari condizioni più specifiche. Quando cioè si tratta di raffinare
un’ipotesi molto generale. In questi scenari i casi positivi forniscono molte
informazioni (a differenza del 2 - 4 – 6, dove si possono trovare all’infinito
esempi positivi che confermano la nostra ipotesi, senza mai individuare la
regola più generale).
Molto spesso
le cose, per fortuna, funzionano così. E allora è più facile fare il
consulente. Consideriamo, per esempio, il rapporto tra cosmesi e pubblicità. I
prodotti di cosmesi non hanno successo se non si fa pubblicità. I gusti delle
donne sono mutevoli. Si tratta di alimentare (e assecondare) tale mutevolezza
in modi più efficaci rispetto alla concorrenza. Di quali forme di comunicazione
servirsi? Su quali canali? Per rispondere a queste domande, basta provare
diverse strategie e verificarne gli effetti con un bilancio costi-benefici. In
tal modo, nel corso degli anni Settanta, scoprimmo che una chiave per il
successo era farsi amiche le giornaliste degli ebdomadari e dei mensili
femminili. Non si doveva chiedere nulla in cambio, per non affievolire la loro
autonomia e offendere il rispetto di se stesse. Bastava creare simpatia, per
esempio portandole in vacanza con chi desideravano. Gli effetti sarebbero
venuti col tempo. Un bilancio costi-benefici a lungo termine dimostrò che
questa strategia era profittevole tanto quella, più ovvia, di farsi amici i
parrucchieri che, naturalmente, avevano la fiducia delle loro clienti.
In conclusione
il confronto tra i casi positivi ci fornisce informazioni quando si passa da
una credenza di tipo generale a ipotesi più particolari, aprendosi alla
possibilità di confronti costi-benefici.
Nella prossima
lezione tratterò un altro problema rilevante per la creazione di una buona
relazione reciproca con i nostri clienti, e cioè la correttezza dei rapporti,
collegata al non violare le regole che una comunità condivide.
Come ho fatto
in queste ultime lezioni, vi racconterò un episodio della mia vita, un problema
particolare e, infine, trarrò una morale o, meglio, dei suggerimenti che spero
utili non solo per il vostro lavoro, ma anche per la vostra vita.
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