Nella
lezione iniziale di quest’anno, la n° 111, avevo descritto le difficoltà che
derivano dal fatto che i mercati sono profondamente influenzati dalle decisioni
dei banchieri centrali e, più in generale, della politica. Se questo rende
difficile la vita ai gestori, a coloro cioè che devono costruire i prodotti,
mai, in un recente passato, gli scenari sono stati così favorevoli ai
consulenti, promotori e banker. Mai come in questo nuovo anno, che è appena
iniziato.
Per molti anni il
risparmiatore medio italiano letteralmente non “vedeva” possibilità alternative
realmente credibili a ciò che gli appariva ovvio e scontato: la casa, la casa
che non tradisce mai il risparmio. E’ come se avesse avuto dei paraocchi che
rendevano invisibili altre possibilità, oscurate dalle scelte per lungo tempo
praticate e date per scontate, intuitivamente considerate più profittevoli e
meno rischiose (ricordate la figura della fanciulla che “incorniciava” le
nostre scelte?).
Il risparmiatore non ha
scelto di indossare i para-occhi, se li è trovati addosso, e non sapeva,
purtroppo, neppure di averli (approfondirò questo punto nel libro in corso di
stampa presso Cortina: uscirà ad aprile).
Quando abbiamo parlato di
una procedura rapida di classificazione dei nuovi clienti, abbiamo detto come
questa trappola sia analizzabile nell’ambito della tradizione di ricerca di
Kahneman (2012), dove le intuizioni iniziali devono venir rielaborate e
superate grazie ai “pensieri lenti”. In Kahneman il pensiero lento ci aiuta a
superare le intuizioni fuorvianti nella soluzione di problemi e nel prendere
decisioni. Nel campo delle conoscenze sociali tacite, quelle che interessano la
relazione tra un cliente e un consulente, un modo di procedere lento e
ponderato ci mette in grado di evitare sia la trappola della prima impressione,
sia quella dell’inerzia di modi di pensare consolidati (come, ad esempio,
quello della superiorità della casa come forma d’investimento).
Queste due trappole sono
collegate. La credenza nella superiorità eterna della casa come deposito dei
risparmi è attribuibile ai giudizi falsati dall’effetto “specchietto
retrovisore”: quello che è capitato per molti anni deve continuare a ripetersi.
E invece ci sono i punti di svolta, e il 2007 è stato proprio uno di questi:
non un’oscillazione temporanea, ma un cambiamento strutturale nella società
italiana (sempre meno figli e, per la prima volta, con redditi mediamente più
bassi rispetto alla generazione precedente). L’altra trappola rilevante
per chi fa il consulente, dovuta alla forza trascinante delle “intuizioni”,
consiste nel formarsi troppo presto una prima impressione degli altri.
Purtroppo sono talvolta impressioni che poi si trasformano e si consolidano in
credenze condivise, sfociando nel processo d’attribuzione a una persona di un
certo tipo di personalità. Sono sicuro che voi, cari lettori, non cadete in
questa trappola!
La classificazione rapida
delle persone è una trappola micidiale perché, una volta incasellata la persona
incontrata all’interno di una categoria, è poi assai difficile correggere o
modificare tale classificazione. L’inerzia dipende da molti fattori: da un lato
andremo a cercare e isoleremo solo le informazioni che confermano le nostre
ipotesi o categorie, come avveniva per la credenza della superiorità della casa.
D’altro lato saremo vittime di profezie che si auto-avverano: il nostro
rapporto con l’altro tenderà a diventare proprio come l’abbiamo inizialmente
pensato. E’ un corto circuito difficile da spezzare, e i consulenti bravi
imparano a non esserne vittime. La forza di tale meccanismo dipende anche dal
fatto che, nel corso della vita quotidiana, noi spesso vogliamo credere che le
cose funzionino così.
Gaetano Kanizsa (1953) ha
ideato un famoso esperimento. Ha chiesto a persone diverse di fare uno scarabocchio
su un foglio bianco (il cosiddetto test du gribouillage di Meurisse). Poi
Kanizsa ha presentato loro lo stesso profilo di personalità, redatto con
sapiente genericità. La descrizione ambigua si ottiene affermando e negando,
seppure in modi diversi, oppure descrivendo tratti comuni a tutti:
“Il soggetto
tende a un particolare equilibrio … sono tuttavia presenti sentimenti di
invidia e spunti di gelosia; buon conoscitore degli altri … tale comprensione
gli fa spesso difetto proprio nei riguardi delle persone a lui più vicine;
tendenza primeggiare; forte spinta verso la socievolezza; è fondamentalmente
timido … ma è dotato di perseveranza; la sua intelligenza è buona … ma è
ostacolata dallo scarso rendimento mnemonico …”.
I risultati mostrano che le
persone più diverse si riconoscono in questa diagnosi identica per tutti i
partecipanti all’esperimento di Kanizsa. Forte è il desiderio di credere che:
Lo psicologo,
con mezzi semplici come la lettura di uno scarabocchio o l’interpretazione di
una serie di macchie, sembra risolvere il mistero di una personalità umana.
Egli rappresenta colui che compie il miracolo in “forma scientifica”,
nell’unica forma cioè il cui il miracolo può venire accettato (Kanizsa, 1953).
Kanizsa, in questo suo
lavoro pionieristico (replicato mezzo secolo dopo da Paolo Zordan, 2003), era
stato anche presago nell’incipit dell’articolo:
Tutti gli
uomini, si sa, sono convinti di essere, più o meno, buoni psicologi, in grado
cioè di giudicare i propri simili in base all’aspetto, al comportamento
abituale, all’espressione dei loro sentimenti e delle loro emozioni … Si può
anche dire che in complesso il comportamento e le reazioni dei propri simili
costituiscono per la maggior parte degli uomini piuttosto conferme che non
smentite ai propri giudizi ed alle proprie previsioni.
Poi Kanizsa aggiunge:
Certo, a
ognuno è avvenuto di essersi sbagliato nel giudicare la personalità altrui …
comunque è incontestabile che i sentimenti degli altri ci sono in qualche modo
accessibili …
Spesso, quando ci accorgiamo
di esserci sbagliati, ricorriamo alla retorica del “nascondimento” per spiegare
come, dietro le apparenze esterne, sia emersa la “vera” personalità altrui, in
seguito a una prima impressione illusoria. Questo scarto non impedisce agli
scrittori l’operazione consistente nel rendere plausibile la possibilità di
individuare una personalità permanente, per quanto nascosta. Ecco un esempio
tratto dal Gattopardo di Tomasi di Lampedusa (1958, p. 46):
Entrò don
Ciccio Ferrara, il contabile. Era un ometto asciutto che nascondeva l’anima
illusa e rapace di un liberale dietro occhiali rassicuranti e cravattini
immacolati.
In sole tre righe, Tomasi
di Lampedusa descrive sia le apparenze esterne sia la quintessenza nascosta di
una persona. La ricerca di Kanizsa è storicamente rilevante perché anticipa i
meccanismi che, nel mezzo secolo successivo, sarebbero stati chiamati “tendenza
alla conferma” e “profezie auto-avverantisi”.
La trappola della prima
impressione è pericolosa e subdola. E’ subdola perché agisce in modo silente,
e, in seguito, ci spinge a prestare attenzione solo alle informazioni
congruenti con le nostre attese, quelle innescate dai primi incontri. Ci
concentriamo su ciò che ci interessa, vincolati dalle prime impressioni che si
coagulano poi in un modello mentale difficile da modificare.
Nessun commento:
Posta un commento