mercoledì 4 febbraio 2015

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 114 – Lo scenario 2015 per i consulenti


Nella lezione iniziale di quest’anno, la n° 111, avevo descritto le difficoltà che derivano dal fatto che i mercati sono profondamente influenzati dalle decisioni dei banchieri centrali e, più in generale, della politica. Se questo rende difficile la vita ai gestori, a coloro cioè che devono costruire i prodotti, mai, in un recente passato, gli scenari sono stati così favorevoli ai consulenti, promotori e banker. Mai come in questo nuovo anno, che è appena iniziato.

Per molti anni il risparmiatore medio italiano letteralmente non “vedeva” possibilità alternative realmente credibili a ciò che gli appariva ovvio e scontato: la casa, la casa che non tradisce mai il risparmio. E’ come se avesse avuto dei paraocchi che rendevano invisibili altre possibilità, oscurate dalle scelte per lungo tempo praticate e date per scontate, intuitivamente considerate più profittevoli e meno rischiose (ricordate la figura della fanciulla che “incorniciava” le nostre scelte?).
Il risparmiatore non ha scelto di indossare i para-occhi, se li è trovati addosso, e non sapeva, purtroppo, neppure di averli (approfondirò questo punto nel libro in corso di stampa presso Cortina: uscirà ad aprile).
Quando abbiamo parlato di una procedura rapida di classificazione dei nuovi clienti, abbiamo detto come questa trappola sia analizzabile nell’ambito della tradizione di ricerca di Kahneman (2012), dove le intuizioni iniziali devono venir rielaborate e superate grazie ai “pensieri lenti”. In Kahneman il pensiero lento ci aiuta a superare le intuizioni fuorvianti nella soluzione di problemi e nel prendere decisioni. Nel campo delle conoscenze sociali tacite, quelle che interessano la relazione tra un cliente e un consulente, un modo di procedere lento e ponderato ci mette in grado di evitare sia la trappola della prima impressione, sia quella dell’inerzia di modi di pensare consolidati (come, ad esempio, quello della superiorità della casa come forma d’investimento).
Queste due trappole sono collegate. La credenza nella superiorità eterna della casa come deposito dei risparmi è attribuibile ai giudizi falsati dall’effetto “specchietto retrovisore”: quello che è capitato per molti anni deve continuare a ripetersi. E invece ci sono i punti di svolta, e il 2007 è stato proprio uno di questi: non un’oscillazione temporanea, ma un cambiamento strutturale nella società italiana (sempre meno figli e, per la prima volta, con redditi mediamente più bassi rispetto alla generazione precedente).  L’altra trappola rilevante per chi fa il consulente, dovuta alla forza trascinante delle “intuizioni”, consiste nel formarsi troppo presto una prima impressione degli altri. Purtroppo sono talvolta impressioni che poi si trasformano e si consolidano in credenze condivise, sfociando nel processo d’attribuzione a una persona di un certo tipo di personalità. Sono sicuro che voi, cari lettori, non cadete in questa trappola!
La classificazione rapida delle persone è una trappola micidiale perché, una volta incasellata la persona incontrata all’interno di una categoria, è poi assai difficile correggere o modificare tale classificazione. L’inerzia dipende da molti fattori: da un lato andremo a cercare e isoleremo solo le informazioni che confermano le nostre ipotesi o categorie, come avveniva per la credenza della superiorità della casa. D’altro lato saremo vittime di profezie che si auto-avverano: il nostro rapporto con l’altro tenderà a diventare proprio come l’abbiamo inizialmente pensato. E’ un corto circuito difficile da spezzare, e i consulenti bravi imparano a non esserne vittime. La forza di tale meccanismo dipende anche dal fatto che, nel corso della vita quotidiana, noi spesso vogliamo credere che le cose funzionino così.
Gaetano Kanizsa (1953) ha ideato un famoso esperimento. Ha chiesto a persone diverse di fare uno scarabocchio su un foglio bianco (il cosiddetto test du gribouillage di Meurisse). Poi Kanizsa ha presentato loro lo stesso profilo di personalità, redatto con sapiente genericità. La descrizione ambigua si ottiene affermando e negando, seppure in modi diversi, oppure descrivendo tratti comuni a tutti:
“Il soggetto tende a un particolare equilibrio … sono tuttavia presenti sentimenti di invidia e spunti di gelosia; buon conoscitore degli altri … tale comprensione gli fa spesso difetto proprio nei riguardi delle persone a lui più vicine; tendenza primeggiare; forte spinta verso la socievolezza; è fondamentalmente timido … ma è dotato di perseveranza; la sua intelligenza è buona … ma è ostacolata dallo scarso rendimento mnemonico …”.
I risultati mostrano che le persone più diverse si riconoscono in questa diagnosi identica per tutti i partecipanti all’esperimento di Kanizsa. Forte è il desiderio di credere che:
Lo psicologo, con mezzi semplici come la lettura di uno scarabocchio o l’interpretazione di una serie di macchie, sembra risolvere il mistero di una personalità umana. Egli rappresenta colui che compie il miracolo in “forma scientifica”, nell’unica forma cioè il cui il miracolo può venire accettato (Kanizsa, 1953).
Kanizsa, in questo suo lavoro pionieristico (replicato mezzo secolo dopo da Paolo Zordan, 2003), era stato anche presago nell’incipit dell’articolo:
Tutti gli uomini, si sa, sono convinti di essere, più o meno, buoni psicologi, in grado cioè di giudicare i propri simili in base all’aspetto, al comportamento abituale, all’espressione dei loro sentimenti e delle loro emozioni … Si può anche dire che in complesso il comportamento e le reazioni dei propri simili costituiscono per la maggior parte degli uomini piuttosto conferme che non smentite ai propri giudizi ed alle proprie previsioni.
Poi Kanizsa aggiunge:
Certo, a ognuno è avvenuto di essersi sbagliato nel giudicare la personalità altrui … comunque è incontestabile che i sentimenti degli altri ci sono in qualche modo accessibili …
Spesso, quando ci accorgiamo di esserci sbagliati, ricorriamo alla retorica del “nascondimento” per spiegare come, dietro le apparenze esterne, sia emersa la “vera” personalità altrui, in seguito a una prima impressione illusoria. Questo scarto non impedisce agli scrittori l’operazione consistente nel rendere plausibile la possibilità di individuare una personalità permanente, per quanto nascosta. Ecco un esempio tratto dal Gattopardo di Tomasi di Lampedusa (1958, p. 46):
Entrò don Ciccio Ferrara, il contabile. Era un ometto asciutto che nascondeva l’anima illusa e rapace di un liberale dietro occhiali rassicuranti e cravattini immacolati.
In sole tre righe, Tomasi di Lampedusa descrive sia le apparenze esterne sia la quintessenza nascosta di una persona. La ricerca di Kanizsa è storicamente rilevante perché anticipa i meccanismi che, nel mezzo secolo successivo, sarebbero stati chiamati “tendenza alla conferma” e “profezie auto-avverantisi”.
La trappola della prima impressione è pericolosa e subdola. E’ subdola perché agisce in modo silente, e, in seguito, ci spinge a prestare attenzione solo alle informazioni congruenti con le nostre attese, quelle innescate dai primi incontri. Ci concentriamo su ciò che ci interessa, vincolati dalle prime impressioni che si coagulano poi in un modello mentale difficile da modificare.

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